Osservatorio Politico – Il consenso alla cittadinanza per i figli di immigrati rivela un Paese inaspettato

Una questione paradossalmente  discussa non molto spesso nella politica italiana è relativa alle opinioni dei cittadini sulle specifiche politiche che il governo dovrebbe adottare. Spesso l’agenda e le scelte sono determinate da una negoziazione tra i programmi dei partiti e le posizioni dei principali gruppi d’interesse nonché gli attori sociali interessati dai vari provvedimenti.

È tuttavia sempre interessante indagare le posizioni dei cittadini su vari temi: spesso si scoprono inaspettati livelli di consenso o dissenso per particolari politiche; e per gli stessi partiti possono emergere finestre di opportunità inattese. Non é raro che i partiti stessi decidano di sfruttare nuovi temi, sapendo che godono di ampio sostegno tra i cittadini.

La questione è di particolare attualità per due motivi. Da un lato la presenza di un governo tecnico sostenuto da tutti i partiti restringe lo spazio per politiche fortemente innovative su temi che dividono l’elettorato. Dall’altro tuttavia è interessante mettersi alla ricerca di temi “unificanti”: politiche su cui esiste un ampio accordo tra i cittadini; magari tradizionalmente non considerate dai partiti, ma che potrebbero entrare in un’agenda politica condivisa. E’ il caso (non casualmente) della recente scelta del Presidente della Repubblica di sollevare con forza il tema della cittadinanza ai figli di immigrati nati nel nostro Paese. Un tema quasi mai toccato dalle forze politiche, e che proprio per questo abbiamo voluto inserire nella nostra indagine.

I dati mostrano come il Presidente della Repubblica si sia mosso in linea con un orientamento diffuso tra gli italiani. Secondo la nostra indagine infatti il 71% degli intervistati si dichiara “molto” o “abbastanza d’accordo” con l’affermazione che “I figli di immigrati, se nascono in Italia, dovrebbero ottenere automaticamente la cittadinanza italiana”. Questa affermazione fa parte di una “batteria” di domande che abbiamo sottoposto agli intervistati. A parte questa nuova questione, le altre domande erano state già sottoposte nell’indagine di aprile: le abbiamo ripetute proprio per cercare di misurare la volatilità delle opinioni dei cittadini su questi temi.

I risultati mostrano una complessiva notevole stabilità della struttura di opinioni del campione tra le due indagini. Tenuto conto che il margine di errore statistico di ciascuna percentuale è di circa +/- 2,5 punti, la maggior parte dei temi registrano livelli di consenso invariati. Questo ci permette di concentrarci su quella che appare come una struttura stabile di opinioni nelle due rilevazioni.

Il tema della cittadinanza agli immigrati dà l’occasione per approfondire una caratteristica che sembra indicare un Paese in parte inaspettato, e che era già emersa nell’indagine precedente. Non solo il consenso alla cittadinanza ai figli di immigrati è alto, ma è ancora più alto il consenso al voto amministrativo agli immigrati: lo era già nell’aprile 2011 (76%); sale ulteriormente all’81% a dicembre. Di conseguenza appare il ritratto di un Paese decisamente disponibile all’idea di strutturare dei percorsi inclusivi per l’integrazione dell’immigrazione in Italia. Ciò appare in parte stridente con la visibilità sui media delle posizioni anti-immigrati, soprattutto veicolate dalla Lega Nord; tuttavia una parte della base di consenso per la perdurante forza elettorale di questo partito è visibile dal consenso verso forme di federalismo fiscale, espresso da una larga maggioranza degli intervistati.

Temi con un consenso meno largo (ma ancora maggioritario) sono invece alcuni temi etici “classici”: regolamentazione delle coppie di fatto, estensione di questa regolamentazione alle coppie gay; aborto. Su tutti questi temi le posizioni “progressiste” sono maggioritarie: una quota intorno al 60% è a favore delle coppie di fatto; una quota solo leggermente inferiore (tra il 54 e il 60% nelle due indagine) è favorevole ad estendere questa possibilità alle coppie gay. Una maggioranza simile è contraria a rendere più difficile l’aborto: è “solo” il 43% circa degli intervistati a voler rivedere l’attuale regolamentazione. Si tratta di temi che tuttavia, per la maggioranza meno larga che li caratterizza, si prestano potenzialmente meno a un’agenda condivisa.

Caratteristica che li accomuna a un ultimo gruppo di temi economici, che corrispondono essenzialmente a un’agenda di tipo liberista, e che sono caratterizzati (fatto non nuovo per l’Italia) da un consenso essenzialmente minoritario. Tra questi vi è la proposta di maggiore libertà per le imprese di assumere e licenziare: tema su cui vi è consenso da parte di circa il 40% degli intervistati. Percentuale che scende sensibilmente riguardo all’opportunità di tagliare i servizi sociali per abbassare le tasse (28% circa di consensi), e ancor più rispetto al finanziamento pubblico alla scuola privata, il cui consenso nelle due indagini oscilla tra il 28% e il 24%.

In sintesi, il dato in parte sorprendente è relativo all’alto livello di consenso per una politica inclusiva di integrazione degli immigrati. Visto il prestigioso endorsement del Presidente della Repubblica, esiste forse la possibilità che il tema possa entrare nell’agenda del governo Monti, anche alla luce dell’ampio consenso di cui gode tra tutti i cittadini (compresi quelli di centrodestra). Tuttavia, come è inevitabile, tra le opinioni dei cittadini e gli effettivi percorsi legislativi ci sono ancora molte valutazioni politiche intermedie da parte dei partiti, che verosimilmente renderanno non semplice l’iter di simili provvedimenti.