Regionali in Sicilia, la geografia del voto: Grillo sfonda nelle città

di Vincenzo Emanuele

Entrare nel dettaglio dell’analisi del voto alle regionali in Sicilia è utile per verificare o eventualmente smentire alcune interpretazioni sul risultato elettorale, e in particolare sulla performance del Movimento 5 Stelle, che hanno cominciato a circolare fra giornalisti e analisti politici.

Per approfondire la disamina del voto abbiamo disaggregato i risultati della competizione maggioritaria a livello provinciale, dividendo poi tra comune capoluogo e resto dei comuni della provincia (Tabella 1). Questo tipo di suddivisione ci consente di ottenere un discreto livello di dettaglio e di visualizzare efficacemente il rendimento dei vari candidati a livello territoriale.

Un primo dato interessante è quello relativo alla partecipazione al voto, scesa complessivamente al 47,4%. Si è votato di più nella Sicilia orientale, ed in particolare a Messina e Catania, le uniche province in grado di superare il 50% dei votanti. Il record negativo spetta ad Agrigento, Enna e Caltanissetta, e in quest’ultima città l’astensione risulta ancor più strana dal momento che ben due candidati erano originari di questa provincia (Cancelleri e Crocetta). Complessivamente nei capoluoghi l’affluenza è stata lievemente più bassa che negli altri comuni (46,8 contro 47,7), ma questo dato è frutto di una forte differenziazione interna all’Isola. Mentre le tre città maggiori (Palermo, Catania e Messina), infatti, votano sensibilmente meno delle rispettive province (4 punti di differenza a Palermo, 5 a Catania, 3 a Messina), nel resto della regione i capoluoghi registrano un’affluenza in alcuni casi molto più alta (12,5 punti ad Enna, 7,5 a Caltanissetta, 6,4 ad Agrigento). Come spiegare queste differenze? Potremmo interpretare questo dato ipotizzando che nelle province più piccole dell’entroterra siculo come Enna e Caltanissetta la “perifericità” degli elettori è assai elevata, e dunque il fatto di abitare nel comune capoluogo o in provincia conta moltissimo. Viceversa, in aree più “centrali” quali le tre grandi province di Palermo, Catania e Messina questo elemento si attenua ed anzi riemerge la tradizionale tendenza dei piccoli comuni a mostrare livelli di partecipazione maggiori.

Passando ai risultati elettorali possiamo evidenziare che nel complesso la geografia elettorale della Sicilia presenta una discreta omogeneità, con alcune significative eccezioni. Abbiamo calcolato il livello sistemico di “nazionalizzazione” del voto, servendoci dello standardized Party System Nationalization Score di Bochsler [2010], un indice che calcola l’omogeneità della distribuzione del voto ai vari partiti/candidati e restituisce un valore compreso tra 0 (massima disomogeneità: un partito/candidato ottiene tutti i suoi voti in una sola provincia) e 1 (massima omogeneità: un partito/candidato ottiene la stessa porzione di voti in ogni provincia). Abbiamo così elaborato l’indice per la competizione maggioritaria a partire dalle performance dei singoli  candidati Presidente nelle 18 unità territoriali (i 9 capoluoghi e le 9 aggregazioni provinciali di comuni non capoluogo) in cui abbiamo disaggregato il voto. La Sicilia ha un valore piuttosto alto di sPSNS, pari a 0,890, più che giustificabile alla luce del fatto che si tratta in fin dei conti di una regione (l’indice è stato pensato per misurare l’omogeneità di stati nazionali, per quanto la Sicilia per popolazione supera o eguaglia molti stati dell’Europa occidentale) e della competizione presidenziale, che presenta senz’altro una minore variabilità territoriale rispetto a quella proporzionale fra le liste.

Tab. 1 Partecipazione alle elezioni e voto ai candidati nelle 9 province siciliane alle regionali 2012.

 I candidati con la distribuzione più eterogenea sono Giovanna Marano (0,830) e Giancarlo Cancelleri (0,842). Entrambi mostrano un chiaro profilo urbano, e, se questo dato non è una novità per la sinistra radicale, lo è certamente per il Movimento 5 Stelle, il cui elettorato è “neonato” e perciò possiamo dire che fino ad oggi non se ne conoscevano le caratteristiche. A fronte di un 18,2% di media il candidato grillino ottiene il 23,1% nei 9 capoluoghi, ben sette punti in più rispetto ai restanti comuni dell’Isola. Raccoglie il maggior numero di consensi nel comune di Caltanissetta, città d’origine di Cancelleri, in cui risulta il candidato più votato con il 37,4%. Il suo risultato peggiore è invece quello dei comuni non capoluogo della provincia di Messina (10%). La sua propensione urban-oriented, solitamente tipica delle forze politiche di sinistra, è evidente dalla lettura dei dati nella Tabella 1: 17 punti di differenza tra città capoluogo e comuni minori a Caltanissetta, 16 ad Enna, 10 ad Agrigento, 9 a Palermo, Siracusa e Ragusa, 7 a Catania e 6 a Messina. Solo a Trapani la differenza è minima (1,1 punti), ma lì il dato è sporcato dal fatto che tra i comuni non capoluogo ve ne sono alcuni, come Marsala, Mazara del Vallo e Alcamo, densamente popolati ed assimilabili, dal punto di vista sociografico, alla città di Trapani.  La Marano invece, più che evidenziare differenze tra città e provincia, mostra una distribuzione del consenso disomogenea per via della forte sovrarappresentazione nella provincia di Palermo, in cui l’ex leader della Fiom ottiene un terzo dei suoi voti complessivi. In particolare il comune di Palermo (10,8%) si rivela la cassaforte dei voti della candidata della sinistra radicale: da lì provengono infatti oltre un quinto dei suoi voti totali. Il tallone d’Achille della Marano è la provincia di Caltanissetta (3,3%), in cui la sinistra ha trovato la concorrenza sia di Crocetta che, come abbiamo appena visto, del M5S.

Rosario Crocetta presenta la ripartizione del voto più omogenea, con un indice di “nazionalizzazione” che raggiunge lo 0,934. L’alleanza del Pd  con l’Udc, partito tradizionalmente caratterizzato da un radicamento centrato sui piccoli comuni, e la concorrenza di Cancelleri nelle città hanno la conseguenza di connotare in termini provinciali l’elettorato dell’ex sindaco di Gela. Crocetta infatti ottiene circa 4 punti in più nei comuni non capoluogo rispetto alle 9 città principali (31,7 a 27,7%). Il nuovo Presidente della Regione ha vinto in 8 province su 9 ed in generale in 14 unità territoriali sulle 18 in cui abbiamo suddiviso  la Sicilia. Nelle restanti quattro (Catania città e provincia, Palermo e Caltanissetta città), è secondo, dietro Musumeci a Catania e all’inseguimento di Cancelleri a Palermo e Caltanissetta.

Il grande sconfitto di queste regionali, il candidato del Pdl Musumeci, non riesce a sfondare oltre il feudo della provincia di Catania, in cui totalizza il 32,5% a fronte di una media regionale del 25,7%. Per il resto supera il 30% dei voti solo nel comune di Trapani (33,7%) che diventa la città più “azzurra” dell’Isola. Il candidato del centrodestra non riesce ad essere realmente competitivo per la vittoria per via della débacle oltre le attese subita in alcune zone, come Palermo e Messina città, le province di Caltanissetta e Ragusa, in cui giunge solo terzo e la città di Enna, in cui arriva addirittura quarto con appena il 10,5% dei consensi.

Infine piuttosto omogenea è la distribuzione del voto di Gianfranco Miccichè, giunto quarto con il 15,4% dei voti. Il risultato è un vero fallimento per l’ex coordinatore forzista, mai realmente in corsa per la vittoria e alla fine superato anche dal grillino Cancelleri. Deludente in particolare la sua performance a Palermo, sua città d’origine, in cui è solo quarto con una percentuale lievemente inferiore alla media (15,2%). Supera il 20% solo nei comuni della provincia di Messina e in quella di Enna, mentre è praticamente inesistente sia nel comune di Caltanissetta (6,6%) che nella provincia di Ragusa (5,5%), in cui viene superato anche da Mariano Ferro del Popolo dei Forconi (5,9%). Nel capoluogo sud-orientale dell’Isola poi racimola soltanto il 3,2% e 980 voti, la metà circa di quelli della Marano. Come Crocetta e Musumeci, infine, anche Miccichè riceve più voti in provincia che in città (16% contro 14%) con la differenza più marcata nella zona di Enna, in cui il candidato del polo autonomista ottiene quasi 9 punti meno nel capoluogo rispetto ai comuni circostanti.

Vincenzo Emanuele è professore associato in Scienza Politica presso la LUISS Guido Carli di Roma. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze con una tesi sul processo di nazionalizzazione del voto in Europa occidentale e le sue possibili determinanti. La sua tesi ha vinto il Premio 'Enrico Melchionda' conferita alle tesi di dottorato in Scienze Politiche discusse nel triennio 2012-2014 e il Premio 'Celso Ghini' come miglior tesi di dottorato in materia elettorale del biennio 2013-2014. È membro del CISE, di ITANES (Italian National Election Studies) e del Research Network in Political Parties, Party Systems and Elections del CES (Council of European Studies). I suoi interessi di ricerca si concentrano sulle elezioni e i sistemi di partito in prospettiva comparata, con particolare riferimento ai cleavages e ai processi di nazionalizzazione e istituzionalizzazione. Ha pubblicato articoli su European Journal of Political research, Comparative Political Studies, Party Politics, South European Society and Politics, Government and Opposition, Regional and Federal Studies, Journal of Contemporary European Research, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. La sua prima monografia Cleavages, institutions, and competition. Understanding vote nationalization in Western Europe (1965-2015) è edita da Rowman and Littlefield/ECPR Press (2018), mentre la seconda The deinstitutionalization of Western European party systems è edita da Palgrave Macmillan. Sulle elezioni italiane del 2018, ha curato la Special Issue di Italian Political Science ‘Who’s the winner? An analysis of the 2018 Italian general election’. Clicca qui per accedere sito internet personale. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.