Le intenzioni di voto, il M5S supera il Pdl, crollo dell’Idv. Lieve diminuzione dell’astensione

di Vincenzo Emanuele

 Una delle questioni di maggior interesse su cui si concentra il Panel Elettorale del Cise riguarda il cambiamento delle intenzioni di voto degli italiani nel corso dell’anno che porta alle elezioni politiche del 2013. Il vantaggio dell’indagine di tipo Panel è quello di poter testare le medesime domande sulle stesse persone fisiche, rilevando così i cambiamenti di opinione e gli spostamenti degli elettori nel corso del tempo. Il Panel è giunto alla sua seconda ondata e dunque possiamo confrontare le intenzioni di voto ai partiti alle prossime elezioni politiche tra la rilevazione effettuata sei mesi fa, nella Primavera 2012, e quella che si è appena conclusa, entrambe basate sugli stessi 1524 intervistati.

La novità più rilevante degli ultimi sei mesi è stata senz’altro la crescita esponenziale del Movimento 5 Stelle. La creatura di Beppe Grillo è emersa come attore rilevante del sistema partitico italiano già alle amministrative di maggio, ricevendo la definitiva consacrazione elettorale nelle urne siciliane alle regionali del 28 ottobre. E così il Movimento, che già in Primavera era il terzo partito con il 12,6%, negli ultimi sei mesi è cresciuti di oltre 5 punti e oggi, con il 17,9% dei consensi diventa il secondo partito italiano superando il Pdl. Il partito di Berlusconi e Alfano, sempre più in crisi dopo le ripetute débacle elettorali, diviso sul sostegno a Monti e incerto sulla linea politica da tenere in vista delle elezioni (dalla questione delle primarie all’opportunità di smembrare il Pdl, fino al tema delle alleanze) perde altri due punti, precipitando al 17,6%. E il suo ulteriore calo si accompagna ad una contemporanea perdita di consensi per la Lega che scende sotto il 4%, cosicché l’alleanza che ha stravinto le elezioni politiche del 2008 con il 46% dei voti si ritroverebbe oggi con appena il 21,2% (vedi Figura 1).

Fig. 1 Intenzioni di voto ai partiti italiani tra Primavera e Autunno 2012.

Sul fronte opposto si consolida il primato del Partito democratico. Già prima forza politica del paese in primavera, il partito di Bersani vola nelle intenzioni di voto, sfruttando la scia delle regionali siciliane e soprattutto la straordinaria ribalta mediatica ottenuta con le primarie. Il 35,5% del nostro campione di intervistati che risponde alla domanda sulle intenzioni di voto dichiara la propria preferenza per il Pd, che si apprezza così di due punti rispetto al già ragguardevole risultato di 6 mesi fa (33,5%). Se si votasse oggi il Pd si ergerebbe a partito predominante del sistema , con una percentuale di voti doppia rispetto ai due principali concorrenti, il M5S e il Pdl. A sinistra dei democratici rimane invece stabile il consenso di Sinistra e Libertà, poco sopra il livello del 4%, mentre assistiamo ad un vero e proprio tracollo dell’Italia dei Valori. Il partito di Di Pietro, ferito dagli scandali giudiziari che hanno colpito vari esponenti locali, abbandonato da alcuni dirigenti di primo piano e tagliato fuori dalla partita delle primarie e dalla futura coalizione di centrosinistra precipita dal 9,4% al 4,8%, con un calo di quasi 5 punti in sei mesi. Ormai senza alleati e con gli elettori sempre più tentati dalla protesta grillina o dalla prospettiva di governo offerta dall’alleanza Pd-Sel, l’Idv rischia di non entrare in Parlamento alle prossime politiche.

Al centro, infine, il ruolo di principali sponsor del governo Monti non sembra favorire l’Udc e Fli. Il partito di Casini e quello di Fini registrano entrambi una flessione, dimostrandosi così incapaci di catalizzare il consenso in uscita dal Pdl: l’Udc cede mezzo punto, scendendo al 5,7%, mentre Fli che era al 2,8% scende sotto il 2%, soglia sotto la quale non riportiamo il valore dei singoli partiti (ragione per la quale tutti gli altri partiti, tra cui anche Federazione della sinistra, La Destra, Api, Radicali, Partito socialista, vengono inclusi nella categoria “Altri”).

Eppure chi risponde alla domanda sul voto è oggi meno di un italiano su due. Per questa ragione ci sembra corretto presentare anche i dati relativi all’intero elettorato (i nostri 1524 casi), per comprendere quali sono stati i movimenti dei nostri intervistati tra la primavera (Figura 2) e l’autunno (Figura 3), tra voto, astensione e “area grigia” (incerti e non rispondenti).

Fig. 2

Fig. 3

Confrontando le due figure il primo dato che emerge è che nel corso degli ultimi sei mesi è diminuito il numero di coloro che intende astenersi, passato dal 35,2% al 32,2%. Avvicinandosi le elezioni politiche, la diminuzione degli intervistati che dichiarano la volontà di non andare a votare è un dato normale. Ciò che invece colpisce è quanto sia ancora estremamente corposa l’area del non voto, probabile preludio ad un tasso di partecipazione alle prossime elezioni politiche che difficilmente supererà il 70%. Oggi coloro che dichiarano l’intenzione di recarsi alle urne sono meno di due elettori su tre (63,5%), comunque in crescita rispetto al sondaggio primaverile (61,2%). Gli elettori che andranno a votare e che alla domanda sul voto rispondono dando l’indicazione del partito che voteranno sono poi ancora meno, appena il 46,2%, in lievissima crescita (+0,7 punti). Così mentre l’astensione scende di tre punti i rispondenti sul voto sono sostanzialmente stabili rispetto alla primavera. Come mai? La risposta risiede nella crescita della cosiddetta “area grigia” composta da incerti e non rispondenti (oltre a coloro che voterebbero scheda bianca o nulla). Quest’area è una componente consistente dell’elettorato, il 21,6% ed è in crescita di 2,3 punti rispetto a sei mesi fa. Essa è composta sia da coloro che non hanno ancora deciso se andare a votare (4,3%, più 0,7 punti rispetto alla primavera), sia da quanti andranno a votare ma non sanno o non dichiarano per chi lo faranno (17,2%, in crescita di 1,5 punti).

Con l’avvicinarsi delle elezioni, dunque, assistiamo ad un lieve recupero dell’astensione che però non si riversa sui partiti ma entra a far parte dell’area grigia: un bacino di elettori incerti e tuttavia “disponibili”, in attesa di una proposta convincente. Conquistarli sarà l’obiettivo dei partiti durante la campagna elettorale.

Vincenzo Emanuele è professore associato in Scienza Politica presso la LUISS Guido Carli di Roma. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze con una tesi sul processo di nazionalizzazione del voto in Europa occidentale e le sue possibili determinanti. La sua tesi ha vinto il Premio 'Enrico Melchionda' conferita alle tesi di dottorato in Scienze Politiche discusse nel triennio 2012-2014 e il Premio 'Celso Ghini' come miglior tesi di dottorato in materia elettorale del biennio 2013-2014. È membro del CISE, di ITANES (Italian National Election Studies) e del Research Network in Political Parties, Party Systems and Elections del CES (Council of European Studies). I suoi interessi di ricerca si concentrano sulle elezioni e i sistemi di partito in prospettiva comparata, con particolare riferimento ai cleavages e ai processi di nazionalizzazione e istituzionalizzazione. Ha pubblicato articoli su European Journal of Political research, Comparative Political Studies, Party Politics, South European Society and Politics, Government and Opposition, Regional and Federal Studies, Journal of Contemporary European Research, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. La sua prima monografia Cleavages, institutions, and competition. Understanding vote nationalization in Western Europe (1965-2015) è edita da Rowman and Littlefield/ECPR Press (2018), mentre la seconda The deinstitutionalization of Western European party systems è edita da Palgrave Macmillan. Sulle elezioni italiane del 2018, ha curato la Special Issue di Italian Political Science ‘Who’s the winner? An analysis of the 2018 Italian general election’. Clicca qui per accedere sito internet personale. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.