Elezioni in Germania: la Merkel non salva i liberali e si costringe alla grosse Koalition

di Roberto D’Alimonte

Un esito molto simile a quello delle recenti elezioni tedesche è successo anche da noi nel 1994. In quella tornata elettorale al Senato la coalizione di destra non ottenne per un soffio la maggioranza assoluta dei seggi. Per la precisione si fermò al 49,6%. Per Berlusconi però non fu un problema. Un gruppo di volenterosi senatori eletti nelle file del Patto per l’Italia (tra questo il più noto era Giulio Tremonti) si trasferirono armi e bagagli dentro Forza Italia e il Cavaliere ottenne tranquillamente il voto di fiducia. Di simili trasmigrazioni è piena la storia della Seconda Repubblica. Trasmigrazioni bipartisan. Di volta in volta ne hanno beneficiato sia la destra che la sinistra, a seconda degli esiti elettorali spesso precari. In Germania non sarà così. A Angela Merkel mancano solo  5 seggi per governare da sola. Li cercherà facendo una coalizione con i verdi o con i socialdemocratici. La seconda soluzione è più probabile della prima. E sarebbe la terza grande coalizione della recente storia tedesca. La seconda negli ultimi quindici anni. Eppure da noi c’è ancora chi pensa che si possa importare il modello tedesco per assicurare maggiore stabilità e funzionalità dei governi. Come se le grandi coalizioni potessero funzionare da noi come funzionano in Germania.

Come abbiamo già scritto su questo giornale il bipolarismo si è inceppato in Germania a partire dal 2005. L’esito delle elezioni del 2009 lo aveva resuscitato. Ora è di nuovo in crisi. Ma questa volta le cose avrebbero potuto anche andare diversamente. Infatti, il risultato di queste elezioni ha un lato oscuro. Bastava uno 0,2 di voti in più per i liberali della Fdp perché fosse oggi possibile mettere insieme la stessa coalizione e lo stesso governo uscenti. Con quel piccolo 0,2 la Fdp avrebbe superato la soglia di sbarramento del 5% e avrebbe avuto una percentuale di seggi tale da consentire alla Merkel di arrivare con loro alla maggioranza assoluta. Altre volte nel passato la Cdu aveva aiutato i liberali invitando una parte dei propri elettori a votare i candidati della Cdu nei collegi e le liste della Fdp nella arena proporzionale. Perché questa volta il partito della Merkel, pur sapendo che i liberali rischiavano di restare fuori dal Bundestag, ha fatto esplicitamente una campagna elettorale contro il voto diviso?

Tab. 1 – Come sarebbe cambiata la composizione del Bundestag se la Cdu avesse rinuciato a qualcuno dei suoi voti per fare superare la soglia ai Fdp.

Certo, il voto diviso avrebbe avuto un costo per la Cdu sia in termini di voti e ancor più in termini di seggi. Il 5% di seggi eventualmente ottenuto dalla Fdp sarebbe stato sottratto a tutti i partiti e in particolare ai maggiori. Con i liberali sopra la soglia di sbarramento la Cdu non avrebbe oggi il 49,4% dei seggi, ma in cambio potrebbe fare il governo con loro, come si vede nella tabella in pagina. Anche se la Fdp fosse arrivata al 7% a spese della Cdu sarebbe stato possibile per le due formazioni fare un governo insieme. Insomma, il beneficio derivante da un aiuto ai liberali sembra maggiore del costo. Nel passato il calcolo è sempre stato valutato in questo modo. Non questa volta. Perché? L’unica spiegazione razionale è che la Merkel non volesse rifare il governo con i liberali e preferisse la ripetizione della grande coalizione che aveva già sperimentato nel 2005. Con il vantaggio aggiuntivo rispetto ad allora di avere un peso molto maggiore. A quell’epoca infatti Cdu-Csu e Spd erano quasi alla pari: 36,8% di seggi per i primi, 36,2% per i secondi. Oggi i pesi sono ben diversi e la cosa era chiara già dai sondaggi. D’altronde, ci sono molti buoni motivi a sostegno di questa scelta.

Se questa erano le reali intenzioni della Merkel ci è mancato poco che il progetto andasse in fumo. La ‘colpa’ sarebbe stata della soglia di sbarramento. Questo è l’elemento chiave del sistema elettorale tedesco. Quando ci sono molti partiti che restano sotto la soglia il sistema produce una distorsione tra voti e seggi che è tanto più forte quanto più alta è la percentuale di voti dispersi. In queste elezioni la percentuale di voti sotto la soglia è stata la più alta degli ultimi 50 anni. Sono stati per l’esattezza il 15,8%. In precedenza la cifra più alta si era registrata nel 1990 con l’ 8%. Di questo fenomeno hanno beneficiato tutti i partiti che hanno superato il 5%. E’ questo il principale motivo per cui la Cdu-Csu ha avuto il 49,4% dei seggi con il 41,5% dei voti, e la Spd si ritrova con il 30,5% dei seggi con il 25,7% di voti. Con un po’ più di disproporzionalità la Cdu-Csu avrebbe ottenuto quei 5 seggi che le mancano per arrivare alla maggioranza assoluta. Forse alla Merkel non avrebbe fatto piacere.

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 25 settembre

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.