L’anti-europeismo (non) sfonda: il voto in Olanda, Irlanda e Regno Unito

di Laura Sudulich

Giovedì 22 Maggio Olanda e Regno Unito sono stati i primi paesi a votare per eleggere i delegati nazionali per il prossimo Parlamento Europeo. L’Irlanda ha invece votato venerdì 23 Maggio. Nel Regno Unito sono stati eletti 73 rappresentanti, con un sistema elettorale a liste chiuse su base regionale. L’Olanda manda a Strasburgo 26 nuovi delegati (uno in più rispetto alle elezioni del 2009) eletti con sistema a lista aperta in un unico collegio elettorale per tutto il paese. Infine, l’Irlanda ha votato per gli 11 delegati nazionali (uno in meno rispetto al 2009) con un sistema proporzionale con voto alternativo (PR-STV)[1] che permette di assegnare tante preferenze quanti candidati in lizza in ogni circoscrizione. Lo stesso sistema elettorale é in uso in Irlanda del Nord, dove sono eletti 3 dei 73 rappresentanti del Regno Unito. La possibilità di votare, in ordine di gradimento, ogni candidato sulla scheda elettorale e il meccanismo di trasferimento delle preferenze innesca un sistema di conteggio molto lento, che si protrae per diversi giorni dopo la chiusura delle urne.

Laura Sudulich è Research Fellow presso l’ Université Libre de Bruxelles (ULB). Ha conseguito il dottorato in Scienza Politica nel 2010 presso il Trinity College di Dublino, Irlanda. È stata lecturer all’Università di Amsterdam e Max Weber Fellow presso l’Istituto Universitario Europeo. Si occupa principalmente di campagne elettorali, nuove tecnologie, opinione pubblica e studi elettorali comparati.

In Olanda ha votato il 37% degli aventi diritto, nel Regno Unito il 36%, mentre l’Irlanda fa parte dello sparuto gruppo di paesi nei quali la maggioranza degli elettori ha scelto di esercitare il diritto di voto (51,6%). I dati sull’affluenza sono importanti per un’interpretazione attenta dei risultati. Olanda e Regno Unito rappresentano due arene cruciali per valutare la forza dei partiti euroscettici dell’area di estrema destra. In Olanda il partito populista PVV (Partij voor de Vrijheid) dell’eurofobo Geert Wilders ha guadagnato larghi consensi negli ultimi anni sulla base di una piattaforma nazionalista che intende limitare il numero di immigrati in Olanda e difendere la cultura nazionale dalla contaminazione multiculturale. Nel Regno Unito l’UKIP di Nigel Farage rappresenta una posizione simile a quella di Wilders, sebbene la retorica di Farage tenda a concentrarsi sugli effetti economici dell’immigrazione piuttosto che su quelli culturali. Questi due partiti sono giudicati da molti osservatori quali forze dello stesso movimento anti-europeista, anti-immigrazione, che ha raggiunto un risultato importante in Francia. A testimonianza del fatto che il movimento euroscettico sia frammentato e manchi di una componente transnazionale, le sorti elettorali di Geert Wilders e Nigel Farage sono state alquanto diverse.

Il voto in Olanda

Cominciamo dall’Olanda: il PVV ha registrato una flessione del 3.5% rispetto alle elezioni europee del 2009 (-2% rispetto alle elezioni nazionali del Settembre 2012) mandando comunque 4 rappresentanti al prossimo Parlamento Europeo, cosi come era accaduto nel 2009. Per quanto riguarda i partiti membri della coalizione di governo, in carica dal 5 Novembre 2012, sia i laburisti (PvDA) che i liberali (VVD) del primo ministro Mark Rutte non registrano perdite in termini di seggi, aggiudicandosi 3 rappresentanti a testa. I cristiano-democratici si aggiudicano 5 seggi (nessuna differenza rispetto al 2009 in termini di seggi, ma un calo del 5% in termini di voti) e i progressisti di centro di D66 guadagnano un seggio mandando a Strasburgo 4 delegati. A sinistra i Verdi ed il partito Socialista vincono 2 seggi ciascuno (i Verdi registrano un calo del 2% mentre i socialisti guadagnano il 2.5%). I rimanenti 3 seggi vanno al Partito Animalista (1) e all’Unione Cristiana (2). Come illustrato nella Tabella 1, poco cambia rispetto alle precedente tornata elettorale europea: il vincitore vero e’ l’astensionismo che ha tenuto a casa tre quarti dei votanti. I commentatori olandesi parlano di una campagna elettorale di bassissima intensità che ha fallito nel richiamare l’attenzione dei cittadini.

Tabella 1 – Risultati delle elezioni 2014 per il Parlamento Europeo – Paesi Bassi
Partito Gruppo PE

Voti (%)

Seggi

Voti (diff. sul 2009)

Seggi (diff. sul 2009)

Appello Cristiano Democratico (CDA)

EPP

15,0

5

– 4.8

+0

Democratici 66 (D66)

ALDE

15,4

4

+4,0

+1

Partito per la Libertà (PVV)

13,3

4

-3.5

+0

Partito Laburista (PvdA)

S&D

9,4

3

-2.6

+0

Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD)

ALDE

12

3

+0.6

+0

Sinistra Verde (GL)

G-EFA

6,9

2

-1.9

-1

Partito Socialista (SP)

GUE-NGL

9,6

2

+2.5

+0

Unione Cristiana-Partito Politico Riformato (CU-SGP)

ECR/EFD?

6,8

2

+0.9

+0

Partito per gli Animali (PvdD)

4,2

1

+0.6

+1

Totale

100

26

+1

Affluenza al voto (%)

37,0

+0,3

Soglia di sbarramento per ottenere seggi (%)

nessuna

Abbreviazioni dei gruppi al Parlamento Europeo: EPP=European People’s Party; S&D=Progressive Alliance of Socialists and Democrats; ALDE=Alliance of Liberals and Democrats for Europe; G-EFA=The Greens–European Free Alliance; ECR=European Conservatives and Reformists; GUE-NGL=European United Left–Nordic Green Left; EFD=Europe of Freedom and Democracy;NI=Non-Inscrits.

Il voto nel Regno Unito

Una simile apatia ha caratterizzato il voto nel Regno Unito, ma lì le urne hanno riservato diverse sorprese, come illustrato nella Tabella 2. La coalizione di governo formata da conservatori e liberal-democratici è stata fortemente scossa dalla perdita di ben 17 seggi (-10 i lib-dem, -7 i conservatori). Il responso delle urne è stato particolarmente severo per i liberal-democratici che vedono la loro percentuale di voti dimezzata. I laburisti si sono assicurati 7 seggi in più rispetto al 2009 registrando un netto guadagno in termini di voti (+10%). Nigel Farage ed il suo UKIP emergono come i vincitori dell’appuntamento elettorale di giovedì scorso: Farage ha commentato i risultati parlando di un terremoto che scuote la politica britannica e proietta il suo partito al centro del dibattito non solo nazionale ma anche europeo. L’UKIP si aggiudica più di 4 milioni di voti (27%) attestandosi come il primo partito nel Regno Unito e mandando 24 rappresentanti euroscettici a Strasburgo.

Un dato cruciale di queste elezioni europee riguarda il ben noto scetticismo britannico nei confronti dell’Unione Europea, che appare non solo confermato, ma chiaramente rafforzato. Più del 50% dei votanti si è espresso in favore di partiti che chiedono meno Europa e promettono un referendum per decidere se il Regno Unito debba rimanere nell’Unione o uscirne. Farage chiede che un referendum sul futuro della Gran Bretagna in Europa sia indetto prima delle elezioni politiche del 2015. Il primo ministro conservatore David Cameron ha promesso un in/out referendum nel 2017,[2] sempre che sia riconfermato alla guida del governo nelle elezioni del prossimo anno, cosa che al momento appare alquanto improbabile.

Tabella 2 – Risultati delle elezioni 2014 per il Parlamento Europeo – Regno Unito
Partito Gruppo PE

Voti (%)

Seggi

Voti (diff. sul 2009)

Seggi (diff. sul 2009)

UK Independence Party (UKIP)

EFD

27.4

24

+11,0

+11

Partito laburista

S&D

25.4

20

+9,7

+7

Partito conservatore

ECR

23.9

19

-3,8

-7

Partito Verde di Inghilterra e Galles

G-EFA

7.8

3

-0,8

+1

Partito Nazionale Scozzese (SNP)

G-EFA

2.4

2

+0,3

+0

Liberal-democratici

ALDE

6.8

1

-6,9

-10

Partito del Galles (Plaid Cymru)

G-EFA

0.7

1

-0,1

+0

British National Party (BNP)

1.1

0

-5,1

-2

Totale

100

25

Affluenza al voto (%)

36,0

+1,7

Soglia di sbarramento per ottenere seggi (%)

nessuna

Nota: sono esclusi i risultati dell’Irlanda del Nord, ancora in fase di scrutinio.
Abbreviazioni dei gruppi al Parlamento Europeo: EPP=European People’s Party; S&D=Progressive Alliance of Socialists and Democrats; ALDE=Alliance of Liberals and Democrats for Europe; G-EFA=The Greens–European Free Alliance; ECR=European Conservatives and Reformists; GUE-NGL=European United Left–Nordic Green Left; EFD=Europe of Freedom and Democracy;NI=Non-Inscrits.

Il voto in Irlanda

Per quanto riguarda l’Irlanda, la tornata elettorale di Venerdì scorso – che chiamava gli elettori alle urne anche per eleggere un gran numero di consiglieri locali – ha provocato le dimissioni di Emor Gilmore, leader del partito laburista e vicepresidente del Consiglio (Tánaiste). I laburisti irlandesi fanno parte della coalizione di governo, in carica da marzo 2011, assieme al partito di maggioranza relativa, il centrista Fine Gael. Quest’ultimo ha registrato un calo del 7% mentre i laburisti hanno perso quasi il 9% e non sono riusciti ad assicurarsi nessun seggio. Il partito che registra la crescita più consistente è Sinn Féin (+8% rispetto al 2009). Gerry Adams, leader di Sinn Féin nella Repubblica d’Irlanda, è stato tra i firmatari del cosiddetto “Good Friday Agreement” (accordo del venerdì santo) del 1998, l’accordo che ha portato alla fine delle ostilità tra repubblicani ed unionisti in Irlanda del Nord dopo decenni di conflitti. Per quanto Adams sia recentemente stato interrogato dalla polizia nord-irlandese in relazione ad un omicidio perpetrato da membri dell’Irish Republican Army (IRA) più di quarant’anni fa, la campagna elettorale di Sinn Féin sembra non aver risentito delle ombre del passato. Al contrario, Sinn Féin registra un picco di popolarità e si afferma quale forza indiscussa nel panorama politico irlandese. L’altro dato significativo che emerge dalla tornata elettorale della scorsa settimana è il risultato di Fianna Fáil, che sebbene perda voti rispetto alle elezioni europee del 2009, fa un balzo in avanti rispetto alle politiche del Febbraio 2011. Fianna Fáil, che nasce come partito repubblicano[…], è storicamente il partito di maggior successo in Irlanda, ha guidato ininterrottamente coalizioni di governo dal 1997 al 2011. A seguito della forte crisi economica che ha investito il paese nel 2009, i consensi di Fianna Fáil erano crollati alle elezioni del 2011[3] (-24%) ma il partito sembra essere riuscito a riconquistare consensi sia nelle elezioni amministrative (dove col 25,3% torna ad essere il primo partito) sia nelle elezioni europee. La presenza e il successo di un gran numero di candidati indipendenti – tipiche del sistema politico irlandese[4] – si riconfermano tali, con un candidato indipendente eletto nella circoscrizione di Dublino e due nella circoscrizione Midlands-North-West.

Tabella 3 – Risultati delle elezioni 2014 per il Parlamento Europeo – Irlanda
Nota: risultati provvisori
Partito Gruppo PE

Voti (%)

Seggi

Voti (diff. sul 2009)

Seggi (diff. sul 2009)

Famiglia degli irlandesi (Fine Gael)

EPP

22,3

4

-6,8

0

Soldati del destino – Partito repubblicano (Fianna Fáil)

ALDE

22,3

1

-2,2

-2

Partito Laburista

S&D

5,3

-8,6

-3

Noi stessi – Partito indipendentista (Sinn Féin)

GUE-NGL

19,5

3

+8,3

+3

Candidati indipendenti

Altri

3

+2

Totale

100

11

Affluenza al voto (%)

51,6

-7,0

Abbreviazioni dei gruppi al Parlamento Europeo: EPP=European People’s Party; S&D=Progressive Alliance of Socialists and Democrats; ALDE=Alliance of Liberals and Democrats for Europe; G-EFA=The Greens–European Free Alliance; ECR=European Conservatives and Reformists; GUE-NGL=European United Left–Nordic Green Left; EFD=Europe of Freedom and Democracy;NI=Non-Inscrits.

In conclusione

I risultati di Irlanda, Regno Unito e Olanda raccontano tre storie diverse: in Olanda i partiti di governo non hanno registrato perdite di rilievo rispetto alle europee del 2009; in Irlanda e nel Regno Unito, al contrario, le coalizioni governative sono state severamente punite dal responso delle urne. Geert Wilders non e’ riuscito a mobilitare i propri sostenitori ed esprimere un forte no all’Europa; nel Regno Unito Nigel Farage ha invece portato la questione (anti) europea al vertice dell’agenda politica. L’affluenza alle urne è stata bassa (in linea con le elezioni europee precedenti) sia in Olanda sia nel Regno Unito. In Irlanda, al contrario, l’affluenza è stata di otto punti più alta rispetto alla media europea (43%) sebbene in flessione rispetto alle elezioni del 2009 (-7%). Queste tre storie diverse indicano che le elezioni europee si confermano elezioni di secondo ordine,[5] nelle quali i giudizi sulla politica ed il governo nazionale prevalgono rispetto a considerazioni di natura “europea”.

Bibliografia

Farrell, David. 2011. Electoral Systems: A Comparative Introduction. Houndmills, Basingstoke: Palgrave Macmillan.

Gallagher, Michael and Michael Marsh, eds, How Ireland Voted 2011: The Full Story of Ireland’s Earthquake Election, Dublin: Palgrave McMilland, 2011.

Weeks, Liam, We Don’t Like (to) Party. A Typology of Independents in Irish Political Life, 1922–2007. Irish Political Studies, Vol.24, Issue 1, 2009.

Reif, Karlheinz and Schmitt, Hermann. Nine Second Order National Elections: a Conceptual Framework for the Analysis of European Election Results. European Journal of Political Research 8, 1980.

 

 


[1] Vedi Farrell (2011).

[2] http://www.theguardian.com/world/2014/may/11/david-cameron-european-union-referendum-pledge

[…] Fianna Fáil e’ conosciuto anche come Partito Repubblicano, dove l’aggettivo repubblicano storicamente caratterizza la convinzione che l’Irlanda debba essere una repubblica autonoma rispetto al Regno Unito. Il partito nasce nel 1926 a seguito di una scissione in Sinn Féin e guadagna immediatamente i consensi di quanti si oppongono al trattato con la Gran Bretagna (1921) che concede l’indipendenza alla Repubblica Irlandese ma mantine le sei contee dell’Ulster come parte del Regno Unito. Per quanto negli anni Fianna Fáil abbia progressivamente ridotto l’enfasi sulla questione Nord Irlandese e si sia assestato su posizioni centriste, storicamente il sistema politico Irlandese si divide tra partiti a favore del trattato (Fine Gael) e contro (Fianna Fáil e  Sinn Féin).

[3] Vedi Gallagher e Marsh (2011).

[4] Vedi Weeks (2009).

[5] Vedi Reif e Schmitt (1980).