Portogallo: apatia e crisi dei partiti moderati

di Marco Lisi

Il Portogallo sta attraversando una profonda crisi economica e sociale che finora non è stata accompagnata da rilevanti cambiamenti del sistema politico come avvenuto in Grecia o in Italia. Il default dello stato portoghese ha obbligato i tre principali partiti – il Partito Socialista (PS), il Partito Social-Democratico (PSD) e il Centro Democratico e Sociale-Partito Popolare (CDS-PP) – a sottoscrivere, nell’aprile 2011, un piano triennale di aiuti con tre creditori internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea e Banca Centrale Europea, la cosiddetta “troika”). L’accordo (“memorandum”) prevedeva un prestito di 78 miliardi di euro in cambio di severi tagli alle spese e di un programma di riforme “strutturali” di chiara impostazione neo-liberale (Moury e Freire 2013). Il programma di “assistenza finanziaria” è terminato proprio all’indomani dell’inizio della campagna elettorale (4 maggio) ed ha inevitabilmente influenzato non solo le proposte dei partiti, ma anche i temi della competizione e del dibattito politico. Le elezioni europee sono state quindi l’occasione per valutare le politiche di austerità implementate dal governo di centrodestra (PSD e CDS-PP) guidato da Pedro Passos Coelho (in carica dal giugno 2011).

La campagna elettorale

La campagna elettorale è iniziata con il dibattito riguardo alle prospettive “post-troika”, ossia se il Portogallo avrebbe scelto un’“uscita pulita” (come l’Irlanda) o se ci sarebbe stato bisogno di una garanzia supplementare. Mentre il governo annunciava la decisione di fare a meno della “linea di credito precauzionale” messa a disposizione dalle istituzioni europee, la disputa elettorale si spostava sulle responsabilità dei due principali partiti nell’aver causato l’intervento esterno ed il pesante piano di aiuti ad esso associato (su questo punto si veda Magalhães 2014). Il PS ha cercato di fare delle elezioni europee un referendum contro il governo, attribuendo alla coalizione di centrodestra la responsabilità per il peggioramento della situazione economica e sociale. D’altra parte, il governo di Passos Coelho ha approfittato la fine del memorandum per ricordare agli elettori l’eccessivo lassismo del governo socialista anteriore, il quale sarebbe stato l’unico vero responsabile per aver condotto il paese a contrarre il prestito internazionale. I toni della campagna si sono progressivamente deteriorati con accuse reciproche e soprattutto con una personalizzazione in torno alla figura dell’ex-premier socialista José Sócrates (in carica dal 2005 al 2011), considerato dai partiti di destra l’unico vero responsabile per la situazione economica e finanziaria del paese.

Gli unici partiti a discutere temi europei sono stati i due partiti della sinistra radicale, il Partito Comunista Portoghese (Partido Comunista Português, PCP) e il Blocco di Sinistra (Bloco de Esquerda, BE). Il primo è uno dei partiti comunisti più ortodossi dell’Unione Europea (March 2011) ed ha da sempre presentato una posizione euroscettica, fortemente critica riguardo al processo di integrazione europea, sia a livello politico che economico (Lobo e Magalhães 2011). Nella campagna per le elezioni europee, questa critica ha assunto chiaramente delle connotazioni nazionaliste e patriottiche in seguito all’intervento esterno della troika. Inoltre, il messaggio del PCP si è centrato sulla “troika domestica”, ossia i tre partiti (PS, PSD e CDS-PP) che si sono alternati al governo durante i quaranta anni di regime democratico. Il BE, d’altra parte, ha presentato un discorso leggermente entusiasta nei confronti dell’integrazione politica all’interno dell’UE, anche se fortemente critico rispetto alle dimensioni economiche e sociali (Fernandes e Pereira 2014).

Marco Lisi è professore di scienza politica presso il Dipartimento di Studi Politici dell’Università Nuova di Lisbona. Si occupa principalmente di partiti politici, comportamento politico, campagne elettorali e opinione pubblica.

Mentre i partiti di governo si sono presentati alle urne con una lista unica denominata Aliança Portugal (Alleanza Portogallo), a sinistra vi è stata una notevole frammentazione. Dal BE sono emerse due nuove forze politiche, il MAS (Movimento Alternativa Socialista) e il LIVRE, guidato dall’ex eurodeputato del Blocco Rui Tavares. Mentre il primo è un partito euroscettico ed estremista, il secondo si caratterizza per una posizione ambigua nei confronti dell’integrazione europea ed una maggiore disponibilità a un dialogo con i socialisti.Gli unici partiti a discutere temi europei sono stati i due partiti della sinistra radicale, il Partito Comunista Portoghese (Partido Comunista Português, PCP) e il Blocco di Sinistra (Bloco de Esquerda, BE). Il primo è uno dei partiti comunisti più ortodossi dell’Unione Europea (March 2011) ed ha da sempre presentato una posizione euroscettica, fortemente critica riguardo al processo di integrazione europea, sia a livello politico che economico (Lobo e Magalhães 2011). Nella campagna per le elezioni europee, questa critica ha assunto chiaramente delle connotazioni nazionaliste e patriottiche in seguito all’intervento esterno della troika. Inoltre, il messaggio del PCP si è centrato sulla “troika domestica”, ossia i tre partiti (PS, PSD e CDS-PP) che si sono alternati al governo durante i quaranta anni di regime democratico. Il BE, d’altra parte, ha presentato un discorso leggermente entusiasta nei confronti dell’integrazione politica all’interno dell’UE, anche se fortemente critico rispetto alle dimensioni economiche e sociali (Fernandes e Pereira 2014).

I risultati: una vittoria amara o una dolce sconfitta?

Secondo il nuovo trattato, il Portogallo ha diritto di eleggere 21 rappresentanti nel Parlamento europeo, uno in meno rispetto alle elezioni anteriori. Il sistema elettorale utilizzato per le europee è un proporzionale basato su un’unica circoscrizione nazionale a lista chiusa.

Il primo dato importante da evidenziare è l’aumento dell’astensione che in queste elezioni ha raggiunto un record storico pari al 66.1%, quasi tre punti percentuali rispetto al valore del 2009 (63.2%). Il tasso di partecipazione per le europee non ha mai smesso di diminuire nel corso degli anni (era 72.4% nel 1987), ma in queste elezioni il numero di astensionisti è stato sostanzialmente più elevato rispetto a quello registrato nelle elezioni legislative o presidenziali.

Il secondo aspetto interessante è la fragile vittoria del principale partito di opposizione. Rispetto alle aspettative della leadership socialista, il 31.5% ottenuto dal PS è un risultato dal sapore amaro, soprattutto considerando la presenza di condizioni ideali per affermarsi definitivamente come alternativa di governo. Il fatto di trovarsi di fronte il governo forse più impopolare della democrazia portoghese, un premier poco carismatico, livelli di disoccupazione ancora altissimi (al di sopra del 15%) e una prospettiva di crescita ancora lontana erano tutti fattori che avrebbero dovuto giocare a favore del PS.

In effetti la “tempesta perfetta” per il governo di centrodestra c’è stata, e lo dimostra il risultato ottenuto dalla coalizione: 27.7% dei voti e l’elezione di appena 7 deputati (meno 3 rispetto alle elezioni del 2009), un risultato che si colloca al di sotto delle peggiori previsioni formulate all’inizio della campagna elettorale. I due partiti di destra hanno perso consensi un po’ dovunque, anche se le maggiori perdite si sono registrate nel centro-nord, ovvero la zona tradizionalmente più favorevole al centrodestra.

 

Tab. 1 – Risultati delle elezioni 2014 per il Parlamento Europeo – Portogallo
Partito

Gruppo PE

Voti (%)

Seggi

 

Voti (diff. sul 2009)

Seggi (diff. sul 2009)

Partito Socialista (PS)

S&D

31.1

8

+5.0

+1

Alleanza Portogallo (AP)

EPP

27.7

7

-12.4

-3

Coalizione Democratica Unitaria (CDU)

GUE-NGL

12.7

3

+2.1

+1

Partiito della Terra (MPT)

NI

7.1

2

+6.4

+2

Blocco di Sinistra (BE)

GUE-NGL

4.6

1

-6.1

-2

Altri

9.3

0

Voti in bianco

4.4

Invalidi

3.1

Totale

100

21

Affluenza al voto (%)

33,9

-2,9

Soglia di sbarramento per ottenere seggi (%)

nessuna

La differenza dei voti e dei seggi ottenuti dall’Alleanza Portogallo (AP) è stata calcolata considerando la somma dei voti e dei seggi ottenuti dai due partiti (PSD e CDS-PP) nelle elezioni del 2009. 

Abbreviazioni dei gruppi al Parlamento Europeo: EPP=European People’s Party; S&D=ProgressiveAllianceof Socialists and Democrats; ALDE=Allianceof Liberals and Democrats for Europe; G-EFA=The Greens–European Free Alliance; ECR=European Conservatives and Reformists; GUE-NGL=European United Left–Nordic Green Left; EFD=Europeof Freedom and Democracy;NI=Non-Inscrits.

Nonostante la débâcle del governo, il PS non è riuscito a trarre benefici dall’insoddisfazione degli elettori nei confronti delle politiche di austerità. Chi è stato allora il vincitore di queste elezioni? I risultati suggeriscono due candidati. Il primo è il PCP che ha aumentato il numero di euro-deputati eletti (da 2 a3) ed ha inoltre incrementato il numero di voti rispetto alle elezioni del 2009, sia in percentuale che in valore assoluto[1].

Il secondo vincitore delle elezioni è il Partito della Terra (MPT) che costituisce la vera sorpresa di queste votazioni. Il MPT è una formazione ecologista che ha sempre riportato risultati marginali sia alle elezioni europee che alle legislative, sempre al di sotto dell’1%. In queste elezioni il MPT ha ottenuto il 7.1% dei consensi ed ha eletto due deputati al PE. Il merito di questo successo si deve, in primo luogo, al capolista Marinho Pinto, un ex-giornalista e avvocato ben noto all’opinione pubblica. In secondo luogo, il risultato si deve al messaggio “anti-establishment” del partito: non solo si è battuto per la “rigenerazione” della classe politica, ma anche contro la tecnocrazia di Bruxelles, la sua eccessiva burocrazia e la mancanza di legittimità della classe politica. Un discorso quindi vagamente “populista”, anche se privo della componente partecipativa e diretta tipica di queste forze politiche. Nonostante ciò, il discorso del MPT non è euroscettico come quello del PCP (o anche del BE) e si mantiene volutamente ambiguo. La geografia del voto suggerisce una distribuzione abbastanza omogenea, che riflette il flusso di voti proveniente essenzialmente dal bacino elettorale dei due principali partiti. Il MPT ottiene una votazione più alta rispetto alla media in alcune circoscrizioni del nord del paese e del litorale (Porto, Aveiro, Viana do Castelo, Coimbra), mentre nel centro-sud in generale il numero di voti è più basso rispetto alla media nazionale.

Per chiudere l’analisi dei risultati, è necessario evidenziare la sconfitta del BE (fermo al 4.6%) e il deludente risultato del LIVRE (2.2%). Il voto di protesta nei confronti delle politiche di austerità è confluito nei voti invalidi o in bianco, che hanno raggiunto un valore per niente trascurabile (3.1% e 4.4%, rispettivamente).

Conclusioni

I risultati per le europee avranno senz’altro un peso decisivo per le prossime elezioni legislative previste nel corso del prossimo anno. Tra i socialisti delusi c’è già chi ha colto l’occasione di questa amara vittoria per contestare il leader del partito ed aprire di nuovo la competizione per la leadership. Si profila infatti uno scontro al vertice tra l’attuale leader, António José Seguro, e il sindaco di Lisbona, António Costa, ritenuto più efficace e più popolare rispetto al primo. Il risultato della coalizione di centrodestra, seppur negativo, sembra lasciare qualche speranza per le prossime elezioni politiche, soprattutto se si tiene in considerazione che le previsioni per l’economia sono sostanzialmente buone. In ogni caso rimane l’incognita se i due partiti presenteranno liste separate oppure decideranno di mantenere l’alleanza pre-elettorale formata in occasione delle europee. Si prevedono inoltre cambiamenti per l’estrema sinistra, soprattutto per il BE e il LIVRE, alla ricerca di una strategia di alleanze che possa consolidare i loro consensi e competere più efficacemente nei confronti del PCP.

L’aspetto di fondo che queste elezioni europee mettono in evidenza è l’affanno dei principali partiti moderati a mantenere il proprio elettorato di riferimento, mentre cresce a dismisura l’appello contro la classe politica esistente. La grande sfiducia nei confronti dei partiti, la mancanza di programmi veramente alternativi e la distanza che separa gli elettori dai partiti sono alcuni dei problemi che le forze politiche tradizionali dovranno risolvere per evitare un futuro terremoto politico. Il sistema semipresidenziale, l’enorme impatto dei leader sulle scelte elettorali e la forte personalizzazione dei mass media sono elementi che possono contribuire a causare sorprese all’egemonia dei principali partiti di governo. Gli elettori portoghesi hanno già manifestato la loro disponibilità per nuove soluzioni e nuove alternative. Bisogna vedere se i partiti tradizionali impareranno la lezione o se invece continueranno a far finta di niente ed ignorare i segnali di cambiamento provenienti dalla società.

Riferimenti bibliografici

Fernandes, J. M. e Pereira, J. S. (2014), Os programas eleitorais das europeias de 2014: uma análise preliminar das principais dimensões de competição, “Relações Internacionais”, vol. 41, pp. 81-95.

Lobo, M. C. e Magalhães P. C. (2011), Room for Manoeuvre: Euroscepticism in the Portuguese Parties and Electorate in  “South European Society and Politics”, vol. 16(1), pp. 81-104.

Magalhães, P. C. (2014), The Elections of the Great Recession in Portugal: Performance Voting under a Blurred Responsibility for the Economy, in “Journal of Elections, Public Opinion and Parties” vol. 24 (2), pp. 180-202.

March, L. (2011), Radical Left Parties in Europe, London, Routledge.

Moury, C. e Freire, A. (2013), Austerity Policies and Politics: the case of Portugal, in “Pôle Sud – Revue de Science Politique”, vol. 39 (2), pp. 35-56.

 


[1] Dal 1987 il PCP si è presentato alle elezioni attraverso l’alleanza formale con i Verdi denominata CDU (Coalizione Democratica Unitaria).