Spagna: l’inizio della fine del bipartitismo?

di Enrique Hernández e Marta Fraile

Una volta di più e come d’abitudine oramai in Spagna (si veda ad esempio Font e Torcal, 2012) i principali messaggi e discorsi della campagna elettorale per le europee sono stati fatti seguendo un’ottica nazionale e non europea. Le elezioni sono cadute in un momento in cui il partito al governo (il Partito Popolare, PP, di ideologia conservatrice) si trova oltre la metà del mandato e dopo una serie di decisioni politiche conflittuali e in un clima di stanchezza e disillusione verso i partiti politici tradizionali senza precedenti in Spagna[1].

La campagna

Il tema più rilevante della campagna elettorale (di nuovo in chiave nazionale e non europea) è stato la fine del bipartitismo. Il livello di disaffezione e stanchezza dei cittadini verso i partiti tradizionali ha raggiunto livelli record in Spagna. Specialmente dopo un lungo periodo di proteste e di mobilitazione dei cittadini che a partire dalla comparsa nel 2011 del movimento del 15M (gli Indignados) non ha smesso di favorire iniziative di protesta per tutta la durata della legislatura del PP. Le elezioni europee sono il contesto ideale per i piccoli partiti per raggiungere una maggiore rappresentanza in quanto la circoscrizione unica nazionale favorisce una maggiore proporzionalità nella ripartizione dei seggi e fa sì che non si sprechino i voti. Nonostante che la critica del bipartitismo sia stata uno dei messaggi più incisivi della maggioranza dei partiti in competizione nell’arena elettorale, né il partito al governo, ossia il PP né il principale partito di opposizione, il Partito Socialista dei Lavoratori Spagnolo (PSOE, socialdemocratico), hanno voluto tenerne conto. Prova di ciò è il fatto che il dibattito televisivo si è realizzato solamente fra i capolista del PP e del PSOE. Un dibattito, tra l’altro, ancora una volta incentrato sulla discussione di chi è responsabile (se il precedente governo del PSOE o l’attuale governo del PP) della crisi economica in Spagna e delle sue conseguenze, ma senza una discussione rilevante circa la possibilità di un progetto credibile per il futuro della Spagna in Europa. Un altro argomento discusso abbastanza durante tutta la campagna elettorale è stato quello relativo all’indipendenza della Catalogna e alle possibili conseguenze derivanti dall’inclusione di un’ipotetica Catalogna indipendente nell’Unione Europea.

Enrique Hernández è un dottorando presso il dipartimento SPS all’EUI. Il suo progetto di ricerca riguarda gli orientamenti cognitivi verso la democrazia e il loro rapporto con il sostegno politico. Enrique ha conseguito una laurea magistrale all’Università Pompeu Fabra di Barcellona e una laurea magistrale presso l’Università di Costanza. I suoi interessi di ricerca includono lo studio degli atteggiamenti politici, della sofisticazione politica, del comportamento elettorale e dei sistemi di partito.
Marta Fraile è Permanent Research Fellow presso il CSIC spagnolo (IPP) e Senior Research Fellow presso l’EUI (EUDO, RSCAS). Ha conseguito un dottorato di ricerca in Scienze Politiche e Sociali presso l’Istituto universitario europeo (EUI). In precedenza ha insegnato presso i dipartimenti di Scienze Politiche dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona (2000-2004), dell’Università Autonoma di Madrid (2004-2008) e dell’Istituto Juan March per gli Studi Avanzati nelle Scienze Sociali (2002-2008). I suoi interessi comprendono lo studio dell’opinione pubblica, degli effetti dei media e della partecipazione politica in Europa.

I risultati

Le previsioni circa l’affluenza alle urne alle europee del 2014 avevano diffuso il timore che sarebbero diventate le elezioni europee con meno partecipazione nella storia, dato il livello di disaffezione così alto tra i cittadini spagnoli. Da ciò deriva il fatto che tutti i partiti hanno fatto appello alla mobilitazione per portare le persone alle urne durante la campagna elettorale. Alla fine, l’affluenza alle urne è rimasta a livelli simili alle precedenti elezioni. In particolare, la partecipazione alle europee in Spagna è diminuita durante il periodo 1986-2002, e da allora si è stabilizzata intorno al 45% (Figura 1). Anche se il livello di partecipazione è rimasto stabile rispetto alle ultime tre elezioni europee, tuttavia continua ad essere notevolmente inferiore rispetto alle elezioni politiche. Rispetto al 69% dei cittadini che hanno votato nelle elezioni politiche generali del 2011, solo il 46% ha votato alle europee. Questo dato suggerisce che, nonostante i messaggi lanciati durante la campagna elettorale circa l’importanza del Parlamento europeo e la necessità di partecipare al voto, gli spagnoli considerano ancora queste elezioni come “elezioni di secondo ordine” (Reif e Schmitt 1980).

 

Fig. 1 – Affluenza (in %) alle elezioni europee e politiche in Spagna (1986-2014)

Fonte: Elaborazione propria a partire dai dati del Ministero dell’Interno

 

Per ciò che concerne i risultati, la Figura 2 mostra la perdita di consenso subita dai due principali partiti: il PP e il PSOE. In termini assoluti, entrambi hanno perso circa 2,5 milioni di voti, il che significa un calo di un 15% del totale dei voti. Questo è stato il peggior risultato ottenuto dal PSOE in delle elezioni europee dal 1986. Tutto ciò, insieme al fatto che i socialisti avevano trasformato le elezioni europee in un referendum sul governo e sul loro operato come partito principale dell’opposizione, ha comportato l’annuncio delle dimissioni del direttivo socialista il giorno dopo le elezioni. Invece, il PP ha interpretato positivamente il risultato, dal momento che i suoi dirigenti sostengono che il PP ha vinto il maggior numero di voti e seggi, essendo uno dei pochi partiti europei (insieme con la CDU in Germania e il PD in Italia) che pur guidando il governo del proprio paese ha vinto le elezioni.

 

Fig. 2 – Il voto ai principali partiti (in %) alle elezioni europee in Spagna nel corso del tempo (1986-2014)

Fonte: Elaborazione propria a partire dai dati del Ministero dell’Interno

 

In totale, le opzioni politiche di sinistra hanno ottenuto una percentuale maggiore di consenso. Se sommiamo i voti di PSOE, Izquierda Unida/Iniziativa per la Catalogna (IU/ICV), Podemos, Los Pueblos Deciden (LPD) e Primavera, si nota che fino al 50% dei voti è andato a liste di sinistra. Da segnalare anche il risultato di L’Esquerra pel Dret a Decidir (EPDD), che con il 4% del voto totale rappresenta la vittoria di ERC su Convergenza i Unio (CiU) in Catalogna.

Se gli sconfitti di queste elezioni sono stati i due grandi partiti tradizionali, i vincitori sono stati i partiti minori (alcuni tradizionali, ma altri di recente formazione). Da un lato, l’opzione tradizionale a sinistra del PSOE: IU/ICV, che ha triplicato la sua percentuale di voti. Dall’altro, partiti relativamente giovani come UPyD hanno raddoppiato i loro consensi. Mentre partiti nati recentemente come Ciudadanos (C’s), o Podemos hanno ottenuto un consenso tra i cittadini di oltre il 3%. La sorpresa più inaspettata è stato il caso di Podemos (quasi l’8% dei voti), un nuovo partito nato da poco (da soli quattro mesi) e che ha fatto una campagna elettorale basata su un semplice discorso di critica al sistema politico e ai suoi principali partiti e istituzioni, stigmatizzando la corruzione, la mancanza di democrazia interna, la mancanza di legami con l’uomo della strada. In breve, uno slogan che si potrebbe definire come il distacco dalla vecchia maniera di fare politica e l’illusione di proporre un altro modo di fare politica che si riconnette con la società. Podemos aspirava ad essere la scelta elettorale non solo di coloro che volevano punire i partiti della sinistra tradizionale come il PSOE o IU, ma anche di coloro che si erano astenuti per anni e che ora, come risultato del processo di politicizzazione sperimentato negli anni recenti di aumento della protesta in Spagna, hanno voluto ritornare alle urne.

Un’altra peculiarità del caso spagnolo è che, nonostante l’aumento del consenso per i partiti fino ad ora minoritari, nessuno di loro si presenta come apertamente anti-europeo, come succede in altri paesi europei come il Regno Unito (UKIP), la Francia (FN) o la Germania (AfD).

 

Tabella 1 – Risultati delle elezioni 2014 per il Parlamento Europeo – Spagna
Partito

Gruppo PE

Voti (%)

Seggi

Voti (diff. sul 2009)

Seggi (diff. sul 2009)

Partito Popolare (PP)

EPP

26.1

16

-16.1

-8

Partito Socialista (PSOE)

S&D

23.0

14

-15.8

-9

Sinistra Unita (IU/ICV)

GUE-NGL & G-EFA

10.0

6

+6.3

+4

Possiamo (PODEMOS)

GUE-NGL

8.0

5

+8.0

+5

Unione per il Progresso e la Democrazia (UPyD)

ALDE

6.5

4

+3.7

+3

Coalizione per l’Europa (CEU)

ALDE

5.4

3

+0.3

+0

Sinistra per il Diritto di Decidere (EPDD)

G-EFA

4.0

2

+1.5

+1

Cittadini (C’s)

NI

3.2

2

+3.2

+2

Il Popolo Decide (LPD)

G-EFA

2.1

1

+1.0

+1

Primavera Europea

G-EFA

1.9

1

+1.9

+1

Totale

90.1

54

35

Affluenza al voto (%)

45.8

Soglia di sbarramento per ottenere seggi (%)

nessuna

Nota: PODEMOS, C’s e Primavera Europea non correvano alle precedenti europee. LPD non aveva ottenuto seggi alle precedenti europee.
Abbreviazioni dei gruppi al Parlamento Europeo: EPP=European People’s Party; S&D=Progressive Alliance of Socialists and Democrats; ALDE=Alliance of Liberals and Democrats for Europe; G-EFA=The Greens–European Free Alliance; ECR=European Conservatives and Reformists; GUE-NGL=European United Left–Nordic Green Left; EFD=Europe of Freedom and Democracy; NI=Non-Inscrits.

Conclusioni

In definitiva, l’insieme dei partiti minori non tradizionali (Podemos, Ciudadanos, UPyD, Primavera) hanno conseguito fino al 20% dei voti (vedi Figura 3), mentre i partiti minori tradizionali (IU/CV, CEU, EPDD) hanno ricevuto circa la stessa percentuale di voti. Tutto ciò, unito al fatto che per la prima volta nella storia della democrazia spagnola i due maggiori partiti hanno ricevuto meno del 50% dei voti, ha indotto alcuni commentatori politici e leader di formazioni minoritarie ad annunciare la fine del bipartitismo. Non possiamo sapere cosa accadrà alle prossime elezioni. Tuttavia, conviene ricordare che le elezioni europee sono peculiari per due motivi. Il primo è il carattere “secondario” o di minor importanza delle elezioni europee. Fattore che può aumentare la probabilità che i cittadini votino per nuove formazioni politiche con a priori meno probabilità di ottenere seggi come Primavera, Ciudadanos o Podemos. Il secondo motivo è che la circoscrizione unica alle europee favorisce una maggiore proporzionalità nel riparto dei seggi. Questo potrebbe indurre alcuni elettori che non vivono nelle province densamente popolate di optare per questi partiti nelle elezioni europee, e al contrario a votare in maniera strategica per i partiti di dimensioni maggiori e con più probabilità di ottenere seggi nelle elezioni nazionali.

È presto per pronosticare il crollo del bipartitismo in Spagna. Tuttavia, la capacità dei nuovi partiti di avvicinare la politica alla società rappresenta una sfida importante e i partiti tradizionali cominciano a prenderne atto. Non sorprendentemente i candidati del PSOE hanno già espresso il loro desiderio di promuovere il rinnovamento totale del partito attraverso un processo trasparente di primarie aperte a tutti i cittadini interessati a partecipare. In questo senso i risultati delle europee hanno rivelato il malcontento dei cittadini per quanto riguarda la crisi economica, la recessione, la disoccupazione, gli sfratti e soprattutto per ciò che concerne il modo tradizionale di fare politica. E, ciò che è più importante, hanno aperto una nuova fase nella politica spagnola.

Figura 3 – Evoluzione del sostegno ai partiti maggiori e minori alle elezioni europee in Spagna (1986-2014)

Fonte: Elaborazione propria a partire dai dati del Ministero dell’Interno

 

 

Riferimenti bibliografici

 

Font, J. e Torcal, M. (a cura di) (2012), Las Elecciones Europeas de 2009, Madrid, CIS.

 

Reif, K. e Schmitt, H. (1980), Nine Second-Order National Elections – a Conceptual Framework for the Analysis of European Election Results, in “European Journal of Political Research”, vol. 8(1), pp. 3–44.

 

 


[1] Secondo i dati dell’ultimo European Social Survey in una scala da 0 a 10 dove 0 significa la mancanza di fiducia assoluta, il livello medio di fiducia verso i partiti politici in Spagna è solo di 1,87.