Conservatori e Laburisti: partiti mainstream che cavalcano il conflitto

Traduzione in italiano di Elisbetta Mannoni

Nella nostra analisi dello stato attuale del dibattito politico in Gran Bretagna – basata sui dati raccolti dal CISE nell’ambito del progetto comparato ICCP – abbiamo notato che tra gli elettori britannici c’è un grande interesse verso obiettivi condivisi, malgrado le politiche economiche divisive siano anch’esse piuttosto rilevanti – con le posizioni tradizionali di sinistra in testa.

Guardiamo ora ai partiti politici. Abbiamo già visto tanto in Francia quanto in Olanda due diverse strategie emergano per i partiti. Da una parte, possono rivolgere agli elettori un profilo consensuale, tralasciando i conflitti e basando la campagna elettorale sulla loro credibilità nel risolvere problemi comuni a tutti. Questa è la strategia recentemente adottata sia da Macron sia da Rutte e, più in generale, dai partiti mainstream. Dall’altro lato, una seconda strategia consiste nel porre enfasi sui conflitti attuali (come quello che sta emergendo tra i vincitori e i perdenti della globalizzazione), prendere posizioni e fare una campagna feroce su di essi. Questa è la strategia usata da Le Pen in Francia e Wilders in Olanda. I partiti cosiddetti challenger e anti-establishment tendono a preferire questa seconda opzione.

Concentrandoci ora al caso britannico, l’ipotesi che vogliamo verificare è se anche nel Regno Unito i partiti tradizionali trovano nelle questioni imperative e nei relativi obiettivi condivisi i terreni più fertili per la loro campagna, dato che la loro competenza nel risolvere le problematiche può essere premiata, mentre al contrario i partiti challenger vedono prospettive più favorevoli su obiettivi di tipo divisivo, ossia quelli che emergono dal conflitto tra due visioni opposte (i temi posizionali).

Per verificare tale ipotesi, riportiamo la Tabella 1, che mostra i quattro partiti più credibili per i diversi obiettivi (condivisi o divisivi). La tabella mostra anche le frazioni dell’elettorato che considerano i vari partiti credibili per raggiungere un dato obiettivo, assieme al livello di consenso e di priorità degli obiettivi stessi.

Possiamo vedere chiaramente che, rispetto agli obiettivi condivisi (quelli che hanno di default il 100% di consenso, riportati in cima alla tabella) i due partiti tradizionali sono evidentemente i più credibili. Di 10 obiettivi comuni, in 8 Tories e Labour sono classificati come i due partiti più credibili – e tra l’altro sono gli 8 obiettivi col più alto tasso di priorità. Solo per quel che riguarda il controllo dell’immigrazione UKIP è (leggermente) più credibile dei Laburisti, che si posizionano terzi; e sulla protezione dell’ambiente i Verdi sono (di gran lunga) più credibili sia dei Laburisti che dei Conservatori, sostanzialmente appaiati al secondo posto.

Prima di procedere ad analizzare gli obiettivi divisivi, è opportuno sottolineare il chiaro vantaggio che emerge per i Conservatori sulle tematiche imperative. Viene infatti ritenuto il partito più credibile nel raggiungimento di ben 7 obiettivi condivisi su 10, i 6 aventi la priorità più alta, tra cui obiettivi di ordine pubblico, obiettivi economici, e anche qualche obiettivo legato al welfare (come la qualità delle scuole). Inoltre, i Conservatori godono di una differenza media in credibilità pari a 14 punti percentuali dal secondo partito più credibile; questo gap è spesso più ampio del valore medio – ad esempio, sale a 25 punti sulla tematica più saliente (la protezione dal terrorismo). Solo sul miglioramento della qualità delle scuole e la riduzione della disoccupazione i Conservatori sono virtualmente pari ai Laburisti; tuttavia, restano sempre al primo posto. I Laburisti sono il partito più credibile solo sulla protezione delle pensioni e del sistema sanitario, con un margine sui Tories che in entrambi i casi e di poco superiore a 10 punti percentuali. Il secondo tema è particolarmente importante, dal momento che per gli elettori del Regno Unito è quasi saliente quanto il terrorismo.

Lo schema di una maggiore credibilità sulle tematiche imperative e gli obiettivi comuni per i partiti mainstream è, dunque, evidente anche in Regno Unito. Tuttavia, se scorriamo la tabella e guardiamo agli obiettivi divisivi, notiamo un fatto eclatante: i partiti tradizionali sono ancora una volta i più credibili. Concentrandoci prima sui 18 obiettivi maggioritari (quelli indicati come preferiti rispetto ai loro opposti dalla maggioranza degli elettori), troviamo che i Laburisti sono considerati il partito più credibile 9 volte, mentre i Tories 8. Solo sul divieto di indossare il velo islamico negli spazi pubblici, obiettivo sostenuto dal 63% degli elettori nell’UK ma con una priorità piuttosto bassa, l’UKIP è il partito più credibile – e comunque con un margine esiguo sui Conservatori.

Il Labour si dimostra un classico partito socialdemocratico (regolazione del mercato del lavoro, welfare, redistribuzione del reddito) con un pizzico di diritti civili (matrimoni gay). Dobbiamo sottolineare come tutti questi obiettivi siano preferiti da maggioranze significative dell’elettorato; persino la nazionalizzazione delle ferrovie è indicata come desiderata dai due terzi degli intervistati. Dall’altro lato, il partito Conservative è in grado di catturare la fiducia degli elettori su tematiche demarcazioniste: abbandonare l’UE e Schengen (supportato dal 54% dell’elettorato), non consentire alla Scozia di fare un secondo referendum per lasciare il Regno Unito (ancora 54%), sciovinismo del welfare (76%) e assimilazione degli immigrati (65%).

Anche se guardiamo agli obiettivi minoritari, quelli cioè selezionati da una porzione più piccola rispetto a quella che preferiva i loro opposti, il quadro non cambia. La teoria della issue yield (De Sio and Weber, 2014) suggerisce che i piccoli partiti possano trovare su questi temi terreno fertile per coltivare proprie aree di issue ownership. Ed è esattamente quello che abbiamo riscontrato in Francia e in Olanda. Ma non vale lo stesso per il Regno Unito. Qui i due partiti tradizionali sono i più credibili anche su queste tematiche. Il Labour Party è il più credibile su 7 obiettivi, compresi tutti quelli legati all’integrazione, che sono tendenzialmente meno supportati rispetto a quelli di demarcazione – su cui, invece, come abbiamo visto, sono i Tories ad essere i più credibili. Al contrario, i Tories sono i più credibili per il raggiungimento di 9 obiettivi minoritari, tra cui gli obiettivi economici di laissez-faire, che sono attualmente meno popolari dei loro opposti in Regno Unito. Solo i Verdi emergono come il partito più credibile nella proibizione del fracking (attualmente supportata dal 49.6% dell’elettorato), malgrado la credibilità del Labour sia abbastanza simile. Infine, lo SNP è il più credibile per la concessione di un nuovo referendum per l’indipendenza della regione settentrionale della Gran Bretagna.

A conferma dell’alta credibilità dei partiti tradizionali su temi divisivi, forniamo un ulteriore elemento. Come abbiamo già detto, su 36 obiettivi divisivi, Labour e Tories sono i più credibili 33 volte. Se guardiamo al secondo partito più credibile, i due grandi partiti occupano questo posto 27 volte. UKIP è più credibile dei Labour su 5 temi demarcazionisti e i LibDem più dei Tories su 3 temi di integrazione – vale lo stesso per i Greens in merito allo smantellamento delle armi nucleari.

Tab. 1 – Obiettivi condivisi e divisivi, per priorità generale, con i partiti più credibili                                              (clicca per ingrandire)uk priorità

Dalla nostra ricerca, il Regno Unito emerge quindi come profondamente diverso dai casi precedentemente analizzati nell’ambito di questo progetto comparato. Tanto in Francia quanto in Olanda, i partiti tradizionali risentivano delle sfide lanciate sia a destra che a sinistra. A destra, i temi demarcazionisti premiavano i partiti populisti di destra (FN e PVV) a scapito delle alternative mainstream (Repubblicani e VVD, CDA). A sinistra, i rappresentanti nazionali del PSE non erano i più credibili sui temi economici di sinistra (come ridurre le differenze di reddito), su cui venivano battuti da attori meno moderati (France Insoumise e SP). Nel Regno Unito, al contrario, Laburisti e Conservatori mantengono la loro credibilità anche nel raggiungimento di temi divisivi, così come di quelli condivisi.

I nostri risultati indicano che i due partiti tradizionali del Regno Unito hanno tenuto testa alle sfide delle trasformazioni contemporanee in modo migliore rispetto alle loro controparti continentali: sono stati in grado di integrare (o reintegrare) con successo nelle loro piattaforme programmatiche obiettivi emersi come conseguenza di queste trasformazioni – ansia rispetto agli immigrati e agli stranieri da un lato, e desiderio di redistribuzione e protezione economica dall’altro. Fondamentalmente, tanto i Labour quanto i Tories hanno aperto le braccia ai conflitti attuali, anziché negarne la presenza. I Laburisti si delineano come un classico partito socialdemocratico degli anni ‘70 (welfare, redistribuzione, finanche nazionalizzazioni), con l’aggiunta di integrazione e diritti civili: vince sull’economia, ma perde sull’integrazione. I Conservatori sono un classico partito anglosassone di destra sul fronte economico (libero mercato, libero mercato, libero mercato), che ha introdotto la demarcazione nella sua agenda. Perdono sulla dimensione economica, ma vincono sull’altra (Kriesi et al., 2006) – e sono molto più credibile sugli obiettivi condivisi.

Bibliografia

De Sio, L., and T. Weber (2014). ‘Issue Yield: A Model of Party Strategy in Multidimensional Space.” American Political Science Review 108 (4): 870–885. /cise/2014/01/01/issue-yield-a-model-of-party-strategy-in-multidimensional-space/

Kriesi, H., Grande, E., Lachat, R., Dolezal, M., Bornschier, S., and Frey, T. (2006), ‘Globalization and the transformation of the national political space: Six European countries compared’, European Journal of Political Research, 45(6), 921-56.

Paparo, A., De Sio, L., and Van Ditmars, M. (2017), ‘Verso le elezioni in Olanda: la credibilità dei partiti sui diversi temi’,  /cise/2017/03/13/verso-le-elezioni-in-olanda-la-credibilita-dei-partiti-sui-diversi-temi/

Paparo, A., De Sio, L., and Michel, E. (2017), ‘Chi risolverà i problemi della Francia? La credibilità dei candidati sui problemi più importanti’, /cise/2017/04/18/chi-risolvera-i-problemi-della-francia-la-credibilita-dei-candidati-sui-problemi-piu-importanti/

Aldo Paparo è ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Firenze. È stato assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Politiche alla LUISS Guido Carli. Dopo il conseguimento del dottorato è stato W. Glenn Campbell and Rita Ricardo-Campbell National Fellow presso la Hoover Institution alla Stanford University, dove ha condotto una ricerca sulla identificazione di partito in chiave comparata. Ha conseguito con lode il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze, con una tesi sugli effetti del ciclo politico nazionale sui risultati delle elezioni locali in Europa occidentale. Ha conseguito con lode la laurea magistrale presso Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze, discutendo una tesi sulle elezioni comunali nell’Italia meridionale. Le sue principali aree di interesse sono i sistemi elettorali, i sistemi politici e il comportamento elettorale, con particolare riferimento al livello locale. Ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE; e ha pubblicato articoli scientifici su South European Society and Politics, Italian Political Science, Quaderni dell’Osservatorio Elettorale, Contemporary Italian Politics e su Monkey Cage. È stato inoltre co-autore di un capitolo in Terremoto elettorale (Il Mulino 2014). È membro dell’APSA, della MPSA, della ESPA, della ECPR, della SISP e della SISE. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.