Se il centrodestra non vota il sindaco. I flussi elettorali a Palermo

di Vincenzo Emanuele e Matteo Cataldi

 

Il risultato delle elezioni comunali a Palermo desta particolare sorpresa per due ragioni principali: da un lato la clamorosa sconfitta del centrodestra, da sempre largamente maggioritario in città e al governo da 10 anni, che non riesce neppure ad accedere al ballottaggio, disputato da due candidati entrambi appartenenti all’area di centrosinistra. Dall’altro lato lo stratosferico successo “personale” di Leoluca Orlando che, dopo aver mancato di un soffio la vittoria al primo turno, ha vinto il ballottaggio con un consenso plebiscitario (72,4% dei voti), seppure in presenza di un’astensione senza precedenti (60,2%).

Al di là delle speculazioni giornalistiche, per comprendere, utilizzando criteri scientifici, cosa è successo veramente in queste elezioni e soprattutto in che modo si sono comportati gli elettori che in passato avevano scelto il centrodestra in città, il mezzo più efficace è l’analisi dei flussi elettorali.

Le stime dei coefficienti di flusso sono state calcolate a partire dal risultato rilevato nelle 600 sezioni cittadine tramite il modello di Goodman (1953). Per garantire il rispetto del fondamentale assunto di omogeneità dei coefficienti il campione originale di 600 sezioni è stato “splittato” in 4 Zone politicamente omogenee (ci siamo basati sulle percentuali del Centro-sinistra ottenute alle elezioni 2006 e 2008) così da minimizzare la varianza interna a ciascuna zona e massimizzare quella esterna (inter-zona), rispettando anche l’altro assunto che prevede comportamenti diversi da parte degli elettori fra le diverse zone.

In questo modo abbiamo stimato i coefficienti di flusso tra le politiche del 2008 e il voto ai candidati sindaci nel 2012 (Tabella 1), nonché tra primo e secondo turno di queste elezioni comunali (Tabelle 2 e 3). Rispetto ai flussi riguardanti altre città al voto quest’anno, come Genova e Parma, ciò che sorprende sono i massicci spostamenti di voto che si sono verificati, da interpretare con cautela, sempre necessaria quando vengono trattati i risultati di stime statistiche.

Tabella 1  Destinazioni del voto ai partiti alle politiche 2008 verso i candidati sindaci al 1° turno

Osservandola Tabella1 si comprende che fine hanno fatto i voti di centrodestra a Palermo. Il 70% degli elettori del Pdl 2008 (che ottenne il 45% del totale dei voti validi) quest’anno non ha votato alcun candidato: il 31% si è astenuto, il 39% ha votato soltanto per una lista (in Sicilia, a differenza del resto d’Italia, non esiste più l’ “effetto trascinamento”, ossia l’automatica attribuzione al sindaco del voto alle liste collegate). Del 30% che vota per un candidato sindaco, solo una netta minoranza sceglie Costa (appena 8 elettori Pdl su 100), più o meno la stessa cifra che invece si orienta da tutt’altra parte, verso Orlando. Leggermente superiore l’appoggio che gli elettori Udc forniscono al proprio candidato: il 10% dei voti del partito di Casini del 2008 vanno a Costa, contro un 21% di astensione e un 38% di voti alla sola lista. Ancor più eclatante ciò che avviene all’interno dell’elettorato dell’Mpa: il proprio candidato ufficiale (Aricò di Fli) è evidentemente assai sgradito, tanto che appena 1 elettore su 20 del partito di Lombardo lo sceglie, preferendogli di gran lunga altri candidati: su tutti Orlando (19%), ma anchela Caronia(11%), Costa (10%) e perfino Ferrandelli (7%). Anche a sinistra si registrano forti movimenti di voto. Mentre l’elettorato dell’ex Sinistra arcobaleno si divide in parti uguali tra Orlando e Ferrandelli  (d’altra parte in queste elezioni Rifondazione appoggiava il primo mentre Sel il secondo), quello dell’Idv tende a premiare Orlando, anche se meno di quanto ci saremmo aspettati. Il dato più importante è però senz’altro il fatto che circa metà dell’elettorato Pd 2008 sceglie l’ex sindaco della Primavera e solo un quinto il vincitore delle primarie Ferrandelli.

C’è da notare poi la nettissima differenza di comportamento tra gli elettori di centrosinistra e quelli di centrodestra: questi ultimi, non solo si astengono molto di più (e ciò è perfettamente in linea con il trend registrato in questa tornata elettorale a livello nazionale), ma tendono a votare solo per la lista (cioè solo per un consigliere) in percentuali ampiamente superiori a quelle degli elettori progressisti: se a sinistra infatti la percentuale di voti “solo lista” oscilla tra 3 (Pd) e 12 (Idv), nel centro-destra varia tra 28 (Mpa) e 39% (Pdl). Da questo semplice dato emerge un’attitudine radicalmente opposta tra i due elettorati: se a sinistra si vota per scegliere il sindaco, a destra si vota soprattutto per scegliere il proprio consigliere comunale di fiducia.

Tabella 2 Destinazioni del voto ai candidati sindaci al 1° turno verso i candidati al 2° turno

Passando al commento della seconda tabella, quella che riassume i flussi di voto tra primo turno e ballottaggio, scopriamo da dove proviene il plebiscitario risultato di Orlando. Il candidato dell’Idv è il più bravo a rimobilitare il proprio elettorato: l’89% dei suoi elettori al primo turno tornano a votarlo, contro il 79% degli elettori di Ferrandelli che sconta un 14% di defezione verso il suo rivale. Ma il successo di Orlando non si spiega solo così. L’ex sindaco è infatti capace di recuperare parte dell’astensione del primo turno (9%) ma soprattutto ottiene circa un quarto dei voti “solo lista” (il 29% del totale dei voti espressi al primo turno) che, come abbiamo visto in precedenza, sono per la stragrande maggioranza voti di centro-destra. Tra coloro che avevano votato espressamente per uno dei tre candidati di centrodestra, Ferrandelli prevale nell’elettorato della Caronia e in quello di Aricò, mentre Orlando rimobilita parte dei voti di Costa e dei candidati minori (fra i quali il grosso apparteneva a Nuti del Movimento 5 Stelle).

Tabella 3 Matrice di flusso dei voti ai candidati sindaci,  1°-2° turno

La terza tabella rappresenta infine la matrice di flusso dei voti ai candidati sindaci tra primo e secondo turno calcolata sul totale degli elettori. Come possiamo vedere, il successo di Orlando, straordinario in termini relativi, è di molto ridimensionato se guardiamo i dati assoluti. Su 100 elettori, solo 28 scelgono il nuovo sindaco di Palermo, mentre 61 si astengono. Sommando i voti di Orlando e Ferrandelli si ottiene un 39%, una cifra che più o meno corrisponde all’area di consenso che tradizionalmente il centrosinistra ottiene in città (38% nel 2006, 35% nel 2008). Palermo dunque non si è spostata a sinistra, è semplicemente accaduto che il centrodestra ha “scelto di non scegliere” il sindaco, astenendosi o votando solo per le liste. Ma in democrazia conta solo chi vota.

Vincenzo Emanuele è professore associato in Scienza Politica presso la LUISS Guido Carli di Roma. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze con una tesi sul processo di nazionalizzazione del voto in Europa occidentale e le sue possibili determinanti. La sua tesi ha vinto il Premio 'Enrico Melchionda' conferita alle tesi di dottorato in Scienze Politiche discusse nel triennio 2012-2014 e il Premio 'Celso Ghini' come miglior tesi di dottorato in materia elettorale del biennio 2013-2014. È membro del CISE, di ITANES (Italian National Election Studies) e del Research Network in Political Parties, Party Systems and Elections del CES (Council of European Studies). I suoi interessi di ricerca si concentrano sulle elezioni e i sistemi di partito in prospettiva comparata, con particolare riferimento ai cleavages e ai processi di nazionalizzazione e istituzionalizzazione. Ha pubblicato articoli su European Journal of Political research, Comparative Political Studies, Party Politics, South European Society and Politics, Government and Opposition, Regional and Federal Studies, Journal of Contemporary European Research, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. La sua prima monografia Cleavages, institutions, and competition. Understanding vote nationalization in Western Europe (1965-2015) è edita da Rowman and Littlefield/ECPR Press (2018), mentre la seconda The deinstitutionalization of Western European party systems è edita da Palgrave Macmillan. Sulle elezioni italiane del 2018, ha curato la Special Issue di Italian Political Science ‘Who’s the winner? An analysis of the 2018 Italian general election’. Clicca qui per accedere sito internet personale. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.
Matteo Cataldi si è laureato presso la Facoltà di Scienze politiche “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze con una tesi sulla competitività delle elezioni italiane. È stato ricercatore presso Tolomeo Studi e Ricerche e ha pubblicato articoli su Polena e Quaderni dell’Osservatorio Elettorale, è co-autore di un capitolo di Terremoto elettorale (Il Mulino, 2014) e co-curatore di vari Dossier CISE e di numerose note di ricerche apparse nella serie di Dossier. Ha inoltre curato l’appendice al volume Proporzionale se vi pare (Il Mulino, 2010). I suoi interessi di ricerca comprendono lo studio del comportamento elettorale e in particolare il cambiamento della geografia del voto, anche attraverso i più recenti sviluppi degli applicativi GIS in ambito politico-sociale. È membro SISP e dello Standing Group POPE – Partiti Opinione Pubblica Elezioni.