Comunali 2013: un riepilogo dell’offerta (frammentata) nei comuni capoluogo

di Nicola Maggini

Nelle prossime amministrative (26-27 maggio) si recheranno al voto i cittadini di 16 comuni capoluogo. Queste elezioni ci daranno un quadro della politica italiana che sarà interessante da interpretare dal momento che le elezioni comunali seguono le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio scorsi. In primo piano si pone il tema della frammentazione: non è una novità, ma piuttosto una tendenza che va avanti da tempo senza interruzioni. Come rilevato nel primo Dossier Cise sulle elezioni comunali del 2012 [D’Alimonte 2012], il fenomeno della proliferazione delle liste e dei candidati sindaco ha raggiunto, anche in queste amministrative, livelli patologici.

 

Tab.1 – Riepilogo dell’offerta nei capoluoghi al voto

 

Nei 16 comuni capoluogo in cui si voterà il 26-27 maggio in media i candidati a sindaco sono 8,3 (erano 7,8 nella consultazione precedente). A Vicenza e Ancona sono addirittura 10, a Viterbo 14 e a Roma ben 19. Quanto alle liste sono in media 18,1 con il Sud che sopravanza nettamente il Nord (21,2 a 16). Il primato è di Roma dove sono 40, ma Brescia con 23, Avellino con 22, Barletta e Viterbo con 21 non sono da meno. Il capoluogo più virtuoso è Iglesias con 10. Rispetto alle precedenti comunali c’è stata una crescita (da 16,6 a 18,1) che si accompagna a un aumento delle liste che al primo turno vanno da sole: sono passate da 6,9 a 8,7, ma con punte di 28 a Roma, 13 a Viterbo e Avellino, e 10 a Massa. Sono liste di vario genere. Alcune sono liste personali dei candidati sindaco, altre sono il prodotto delle divisioni -reali o fittizie- di partiti tradizionali, altre sono espressione della disaffezione della società civile nei confronti dei partiti. Tra queste molte sono le liste civiche, a volte genuine altre volte create da esponenti della vecchia classe politica per nascondere le loro reali appartenenze. Poi ci sono le liste frutto della intraprendenza di imprenditori della politica che vanno a caccia di voti da negoziare poi con chi va al ballottaggio o da far valere in altre arene.

Tab.2 – L’offerta nei capoluoghi alle precedenti comunali

La maggioranza delle liste in corsa non sono alleate a candidati sostenuti dai due maggiori partiti. Come detto sono in media 8,7. Anche questo è un segnale della crisi dei partiti maggiori e della loro diminuita capacità di raccogliere il consenso. Ma in questo si nota una leggera differenza tra Pd e Pdl. I candidati di centrosinistra si presentano con il sostegno di coalizioni che sono più ampie di quelle che sostengono i candidati targati Pdl. In media i primi hanno il sostegno di 5,1 liste mentre i secondi si fermano a 4,3. Nelle comunali precedenti la situazione era più o meno identica. La differenza è ancora più netta nei comuni della Zona Rossa dove il rapporto a favore dello schieramento progressista, che nelle precedenti comunali aveva due liste in più di media, è di 5 a 2,5. Tutto ciò non significa che siamo davanti ad una esplosione di vitalità della democrazia italiana. E’ vero il contrario. Il sistema partitico italiano si va semplicemente destrutturando. E’ il risultato della crisi dei partiti tradizionali e della assoluta mancanza di fiducia nella classe politica da parte dei cittadini, un dato che è emerso in tutta la sua evidenza alle recenti elezioni politiche, segnate da una parte dal successo di un soggetto politico anti-establishment come il Movimento 5 Stelle e dall’altra dal forte arretramento elettorale del Pdl e del Pd rispetto alle politiche del 2008. Gli elettori non si fidano più dei partiti e quindi guardano ai candidati e alle liste non tradizionali. Ma detto ciò, non si può negare che una parte del fenomeno è attribuibile a regole elettorali in parte fatte male che favoriscono la frammentazione e la corruzione del tessuto politico del paese. Una di queste è l’assenza di una soglia di sbarramento legale per le liste che si coalizzano. (chronofhorse.com) Un’altra è una cattiva regolamentazione dell’accesso alla competizione politica.

 

Tab.3 – L’offerta in ciascun comune capoluogo di provincia al voto

 

Nicola Maggini è ricercatore in scienza politica. È membro del laboratorio di ricerca spsTREND "Hans Schadee" presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano, del CISE (Centro Italiano Studi Elettorali) e di ITANES (Italian National Election Study). In precedenza è stato Jean Monnet Fellow presso lo Schuman Centre for Advanced Studies dell’Istituto Universitario Europeo e ha partecipato a due progetti di ricerca europei Horizon 2020: Sirius-Skills and Integration of Migrants, Refugees and Asylum Applicants in European Labour Markets e TransSol-Transnational solidarity at times of crisis. Si è addottorato, con lode, in Scienza della Politica all’Istituto Italiano di Scienze Umane nel marzo 2012. Ha pubblicato articoli in diverse riviste scientifiche italiane e internazionali, tra cui European Political Science Review, Journal of Common Market Studies, West European Politics, American Behavioral Scientist, South European Society and Politics, Italian Political Science Review, Journal of Contemporary European Research, Quality & Quantity, Italian Political Science, Italian Journal of Electoral Studies, International Sociology e Quaderni di Scienza Politica. Ha pubblicato, per Palgrave MacMillan, il libro Young People’s Voting Behaviour in Europe. A Comparative Perspective (Palgrave Macmillan, 2016). È inoltre coautore di diversi capitoli in volumi collettanei e ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE. Ha curato (con Andrea Pedrazzani) Come siamo cambiati? Opinioni, orientamenti politici, preferenze di voto alla prova della pandemia (Fondazione Feltrinelli, 2021). Infine, è autore di diverse note di ricerca pubblicate nella serie dei Dossier CISE. I suoi interessi di ricerca si concentrano sullo studio degli atteggiamenti e comportamenti socio-politici, dei sistemi elettorali, del comportamento di voto e della competizione partitica in prospettiva comparata.