L’intreccio inaspettato fra governo e corsa al voto

di Roberto D’Alimonte

E se fosse Berlusconi il miglior alleato di Letta? Potrebbe apparire una affermazione azzardata. A giorni alterni sembra che l’attuale governo sia moribondo e che un altro esecutivo o le elezioni anticipate siano alle porte. Invece la sentenza della Cassazione, che dal prossimo 15 ottobre forse confinerà Berlusconi agli arresti domiciliari o ai servizi sociali, potrebbe paradossalmente averlo rafforzato. Per un motivo banale che è ancora più valido dopo le recenti parole del presidente. Dal 15 Ottobre 2013 al 15 Ottobre 2014 Berlusconi non potrà fare campagna elettorale. Questa impossibilità è cosa diversa sia dalla interdizione dai pubblici uffici di cui non si sa ancora la durata che dalla incandidabilità sancita dalla legge Severino. Alla luce di questo dato di fatto, per quale ragione il Cavaliere dovrebbe preferire le elezioni anticipate? E’ vero il contrario. Deve sperare invece che il governo Letta duri fino al 15 Ottobre del 2014 .

Certo, siamo un paese con poche certezze e può anche darsi che tra qualche giorno si scopra che un condannato in via definitiva affidato ai servizi sociali o confinato in casa, possa apparire in televisione come un cittadino normale. Se così fosse il ragionamento di cui sopra salterebbe. Ma se così non è la domanda da farsi è banale: in caso di elezioni anticipate, e con un Berlusconi che non può far campagna in video, che chance avrebbe la coalizione di destra? Chi ne sarebbe il candidato-premier ? A parte la figlia Marina, oggi non c’è nessuno che possa farlo con una credibile possibilità di vittoria. Le successioni vincenti non si inventano lì per lì. Al momento pare che la figlia non lo voglia fare. Su questo c’è stata nei giorni scorsi una smentita categorica che sembra non lasciare spazio a dubbi. Ma su una questione del genere possono sempre esserci ripensamenti dell’ultima ora. In ogni caso anche se Marina cambiasse idea e decidesse di scendere in campo, come suo padre 20 anni fa, avrebbe bisogno di tempo.

L’ipotesi di un Berlusconi che succede a un Berlusconi è credibile. Chi pensa che l’Italia sia allergica alle dinastie politiche modello-USA si sbaglia di grosso. Finché vivrà, Silvio Berlusconi sarà sempre il gran burattinaio della destra italiana. Qualcuno tra i suoi ha provato alla fine del 2012 a conquistare un po’ di autonomia, ma la straordinaria performance elettorale del Cavaliere a Febbraio ha convinto anche i più riottosi che la destra italiana è lui e solo lui. Chi non ha accettato questa realtà se ne è andato. Gli altri accetterebbero la figlia Marina come l’ erede naturale, se cambierà idea. E così l’accetteranno quei 7 -8 milioni di elettori che rappresentano il nocciolo duro del berlusconismo. Sono elettori ‘suoi’, che lo hanno seguito sempre e che non avranno difficoltà a seguire la figlia. Ma non bastano. Sono troppo pochi. Per vincere ce ne vogliono parecchi altri. E per questo ci vuole tempo. Ancora più tempo se alla fine la figlia restasse indisponibile e lui incandidabile. Solo un ingenuo può pensare che Berlusconi non si renda conto di tutto ciò. Certo, potrebbe contare sul moto di simpatia che la sua vicenda umana suscita in una parte dell’elettorato. Ma non basterebbe di certo per vincere. E lui lo sa. E qui entra in ballo Letta.

Anche se è vero che oggi a Berlusconi serve un Letta che sopravviva, non è detto che gli serva un Letta che governi. Non ci si prepara a una campagna elettorale, che prima o poi verrà e che sarà l’ennesima “drammatica” sfida, andando d’amore e d’accordo con i futuri avversari. Quello che sta avvenendo sull’Imu e dintorni potrebbe essere solo l’inizio. Letta deve sopravvivere ma senza governare. O governando il minimo necessario. Possibilmente dovrebbe andare avanti offrendo alla destra ripetute occasioni per rimarcare le differenze tra “noi e loro”. Questo è uno scenario.
Ma ce n’è anche un altro. Se Berlusconi si rendesse conto che deve passare la mano. Che la successione non è più evitabile perché tra interdizione, arresti domiciliari-servizi sociali e incandidabilità non potrà più guidare la destra alle elezioni. E se a questo aggiungiamo una eventuale decisione irrevocabile della figlia di non scendere in campo, allora avrà bisogno di ancora più tempo per preparare la successione e trovare un nuovo assetto stabile dentro il partito. Intanto eviterebbe diversi rischi in un momento per lui molto delicato: una riforma elettorale sfavorevole, la candidatura di Renzi e l’accusa di danneggiare il paese nel momento in cui lo spread è in calo e l’economia forse sta per ripartire. Meglio allora che l’attuale governo sopravviva senza troppi lacci e lacciuoli. Per Letta e per l’Italia questo è certamente lo scenario migliore. Non ci vorrà molto a capire da che parte soffierà il vento. In autunno si dovrà decidere su legge di stabilità (e quindi Imu) e riforma elettorale. Queste sono le due cartine di tornasole da cui si capiranno le vere intenzioni di Berlusconi e degli altri attori in partita.

Nel frattempo Letta dovrà guardarsi soprattutto dalle tentazioni che serpeggiano nel suo partito di fronte alla prospettiva di una prolungata coesistenza con il Pdl. I veri pericoli per lui vengono da lì. Ma il Pd deve stare molto attento a non fare errori. Con o senza Marina, Berlusconi non può essere sottovalutato. Mai. Nemmeno agli arresti domiciliari. Primo, non è detto che la figlia non ci ripensi. Secondo, non è escluso che riesca a pescare dal cappello un altro candidato attraente. E così ancora una volta potrebbe riservare alla sinistra italiana l’ennesima amara sorpresa elettorale dopo quelle del 1994, del 2006 e del 2013. Come minimo, eventuali elezioni anticipate potrebbero lasciare tutto come ora: un Grillo all’opposizione e la necessità di una nuova grande coalizione. Un altro bel pasticcio. E allora lunga vita al governo Letta, in attesa di una nuova legge elettorale e magari di qualche altra riforma come, per esempio, il superamento del bicameralismo paritario che aspettiamo invano da decenni. E poi si torni a votare possibilmente con due squadre rinnovate, da una parte e dall’altra.

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 18 agosto

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.