La riforma elettorale: ecco come funziona

di Alessandro Chiaramonte

 Il testo di legge depositato in Commissione Affari Costituzionali della Camera frutto dell’accordo raggiunto nei giorni (nelle ore) scorsi tra alcune forze politiche, Pd e Fi in primis, configura un sistema elettorale che si pone in continuità con quelli già da anni sperimentati in Italia a tutti i livelli di governo – nel senso che si tratta di un sistema “misto” maggioritario-proporzionale e che l’elemento caratterizzante è dato dal premio di maggioranza – ma che presenta comunque significative novità, fermo restando ulteriori modifiche che potranno intervenire da qui alla sua eventuale approvazione. Rispetto alla legge Calderoli, da cui pure prende le mosse, le novità più rilevanti di questo sistema elettorale riguardano: 1) le modalità di assegnazione del premio di maggioranza, soprattutto (ma non solo) con la previsione di un ballottaggio qualora nessuna coalizione o lista ottenga il 35% dei voti al primo turno; 2) le soglie di sbarramento, innalzate nella loro entità tanto per le liste facenti parte di coalizioni quanto per le liste che corrono da sole; 3) le circoscrizioni elettorali (che delimitano i confini per la presentazione delle liste, ma non per la ripartizione dei seggi, che invece continua ad aver luogo a livello nazionale), aumentate considerevolmente e, dunque, diminuite nella loro ampiezza, con la conseguenza che il numero di candidati presenti in ciascuna lista non sarà superiore a cinque; 4) la sostanziale conformazione al Senato delle procedure previste per l’elezione della Camera, valida nel caso in cui la riforma costituzionale volta a trasformare il Senato in camera non elettiva non avesse un esito positivo. Vediamo però come funzionerebbe nel suo complesso il nuovo sistema elettorale alla Camera, analizzandolo nei suoi meccanismi principali.

ACircoscrizioni e collegi plurinominali. Il territorio nazionale è suddiviso in 19 circoscrizioni elettorali, corrispondenti alle regioni italiane, oltre al collegio uninominale della Valle d’Aosta. A sua volta ciascuna circoscrizione, con l’eccezione del Trentino Alto Adige, è divisa in collegi plurinominali, in ognuno dei quali è assegnato un numero di seggi compreso fra 3 e 6 (salvo aumenti necessari al rispetto di criteri demografici e di continuità territoriale). Ad oggi non si conoscono esattamente né il numero, né i confini geografici di questi collegi, ma si può immaginare che conterranno in media circa mezzo milione di abitanti.

B. Liste, norme di genere e divieto di pluricandidature. Le liste sono presentate nei collegi plurinominali e sono formate da un numero di candidati compreso tra la metà e il totale dei seggi spettanti al collegio. In altri termini, le liste dei candidati sono relativamente “corte”. Sono poi previste due distinte norme volte a favorire l’equilibrio di genere tra candidati uomini e donna: 1) l’ordine dei candidati nella lista deve essere tale che non vi siano più di due candidati consecutivi dello stesso genere; 2) in ogni circoscrizione, il complesso dei candidati presentati nei rispettivi collegi plurinominali da ciascuna lista deve rispettare la suddivisione a metà tra i generi (in altri termini, una lista può presentare più uomini che donne in un collegio e viceversa in un altro collegio, ma nell’insieme dei collegi della circoscrizione il numero dei candidati uomini deve essere pari a quello dei candidati donna). Il mancato rispetto di tali norme comporta la non ammissione della lista. Infine, è fatto divieto di candidature multiple: ci si può dunque presentare in un solo collegio. Questa disposizione è sostanzialmente opposta a quella presente nella legge Calderoli che non poneva limiti di candidatura (con l’effetto perverso di generare una molteplicità di plurieletti dalla cui opzione di elezione dipendeva a sua volta l’elezione di una significativa quota di parlamentari).

C. Voto e scheda. L’elettore esprime il suo voto a favore di una lista tracciando un segno sul relativo simbolo. Se la lista fa parte di una coalizione, il voto si intende espresso a favore della coalizione di cui la lista fa parte. Non vi è possibilità di esprimere voti di preferenza per i candidati di lista. Tuttavia, i nominativi dei candidati sono riportati sulla scheda, sotto al simbolo della rispettiva lista. Insieme alla previsione delle liste “corte”, questa disposizione favorisce la visibilità e conoscibilità dei candidati e quindi una maggiore consapevolezza degli elettori negli effetti della propria scelta di voto sull’elezione dei parlamentari.

D. Arene di competizione. Ai fini dell’elezione della Camera dei deputati si possono distinguere quattro arene:

  1. la prima e principale è quella corrispondente all’attribuzione del premio di maggioranza;
  2. la seconda è il collegio uninominale della Valle d’Aosta, che assegna un seggio con formula plurality (della maggioranza relativa) al candidato che ha conseguito il maggior numero di voti;
  3. la terza è costituita dalla circoscrizione Trentino Alto Adige, in cui i seggi spettanti sono assegnati con formula plurality negli 8 collegi uninominali in cui è diviso il suo territorio e per il resto con formula proporzionale d’Hondt a livello della circoscrizione;
  4. la quarta arena è costituita dalla circoscrizione estero, nella quale continuano ad essere assegnati 12 seggi e per la quale valgono le norme già vigenti.

Occorre qui sottolineare due novità rispetto alla legge Calderoli. La prima novità è che il Trentino Alto Adige presenta regole diverse dal resto delle circoscrizioni. La seconda novità è che lo stesso Trentino Alto Adige e la Valle d’Aosta non sono arene completamente separate dalla prima, poiché i voti in esse espressi sono computati ai fini del raggiungimento delle soglie di sbarramento alla rappresentanza e delle soglie per l’attribuzione del premio di maggioranza nell’arena principale (non era così per la Valle d’Aosta con legge Calderoli, questione sulla quale molti, in passato, hanno espresso dubbi di legittimità costituzionale).

E. Soglie di sbarramento. L’accesso alla ripartizione dei seggi e, dunque, alla rappresentanza parlamentare dipende per ciascuna lista o coalizione dal numero di voti ottenuti, ossia dal raggiungimento delle soglie di sbarramento presenti. Di seguito le diverse soglie:

  1. per una lista singola, non facente parte di coalizioni né rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute, la soglia è pari all’8% dei voti espressi sul piano nazionale;
  2. per una lista singola rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute presentata esclusivamente in circoscrizioni comprese in una delle regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, la soglia è il 20% dei voti validi espressi nel complesso delle circoscrizioni della regione in cui è presente;
  3. per una coalizione di liste la soglia è del 12% dei voti espressi sul piano nazionale, purché al suo interno vi sia almeno una lista con il 5% dei voti sul piano nazionale, ovvero una lista rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute che ha ottenuto il 20% nella sua regione; qualora una coalizione non raggiunga questa soglia, le liste che la compongono assumono lo status di lista singola e per loro valgono dunque le soglie di cui al punto 1) o 2);
  4. per una lista collegata in coalizione la soglia è pari al 5% dei voti espressi sul piano nazionale, ovvero, se rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute, del 20% dei voti sul piano regionale.

 F. Premio di maggioranza. Il sistema elettorale in questione è majority-assuring, assicura cioè sempre e comunque al vincitore – lista o coalizione che sia – la maggioranza assoluta dei seggi. Ciò accade grazie al premio, così come già succedeva alla Camera con la legge Calderoli. Rispetto a quest’ultima, tuttavia, risultano modificate le modalità della sua assegnazione e l’entità in seggi della maggioranza che si viene a determinare. Andiamo con ordine.

  1. Il destinatario del premio al primo turno. Vediamo innanzi tutto chi ha diritto a ricevere il premio (qualora con l’iniziale ripartizione proporzionale dei seggi nessuna lista o coalizione abbia già raggiunto la quota-premio): si tratta della lista o della coalizione con la maggiore cifra elettorale nazionale, purché tale cifra corrisponda almeno al 35% del totale dei voti validi espressi. Attenzione: nel caso di coalizioni la cifra elettorale nazionale non è detto che coincida con il totale dei voti effettivamente ottenuti, poiché in tale cifra non sono inclusi i voti eventualmente conseguiti dalle liste pur facenti parte della coalizione che siano presenti in meno di un quarto dl numero totale di collegi plurinominali (quindi una coalizione potrebbe aver conseguito il 37% dei voti validi, ma avere una cifra elettorale nazionale pari al 34% dei voti validi se il 3% è stato conseguito da una o più liste presenti in meno di un quarto dei collegi). Il motivo dell’esclusione di quei voti è disincentivare le coalizioni dal massiccio ricorso, come successo in passato, al collegamento con varie liste “fittizie” o “civetta”, con conseguente proliferazione del numero di liste concorrenti presenti sulla scheda. Invero, il disincentivo previsto dalla norma è alquanto modesto.
  2. Il ballottaggio. Se nessuna lista o coalizione ha una cifra elettorale nazionale corrispondente almeno al 35% dei voti, si procede a distanza di due settimane ad un secondo turno di votazione – il ballottaggio – tra le due liste o coalizioni che al primo turno hanno conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale. Tra il primo e il secondo turno non sono consentiti apparentamenti con altre liste o coalizioni rimaste fuori dal ballottaggio, per cui le liste o coalizioni che partecipano al ballottaggio lo fanno nella stessa configurazione del primo turno. Il premio di maggioranza è aggiudicato alla lista o coalizione che consegue il maggior numero di voti in questo turno di ballottaggio.
  3. L’entità del premio. L’entità del premio di maggioranza è variabile, ma in ogni caso comporta l’attribuzione a favore della lista o coalizione vincente di un numero di seggi compreso tra il 53% e il 55% (del totale di 617), ossia tra 327 e 340. Il vincente si aggiudica il 53% dei seggi (327) nel caso in cui sia stato determinato al ballottaggio, oppure nel caso in cui al primo turno abbia ottenuto una cifra elettorale nazionale esattamente pari al 35% dei voti. Se al primo turno il vincente ottiene una cifra elettorale nazionale superiore al 35% dei voti ha diritto ad una quota di seggi (sempre sul totale di 617) pari alla percentuale conseguita aumentata di 18 punti percentuali: in altri termini con una cifra elettorale pari al 35% ottiene il 53% dei seggi, con il 36% ottiene il 54% dei seggi e con il 37% ottiene il 55% dei seggi. Con cifre elettorali nazionali superiori al 37% la quota seggi del premio non si alza, bensì rimane fissa al 55%. Dunque vige un “tetto” di 340 seggi invalicabile per la lista o coalizione vincente (con l’eccezione degli ulteriori seggi che possono essere conseguiti in Valle d’Aosta e nella circoscrizione estero). Tale “tetto” non è particolarmente elevato. Esso è stato concepito per tutelare le minoranze evitando di sovrarappresentare oltre misura la maggioranza. L’unico caso in cui tale “tetto” del 55% dei seggi non si applica può verificarsi qualora la lista o coalizione vincente ottenga con le sue forze (dopo la sola ripartizione proporzionale, senza necessità che il premio scatti) più di 340 seggi. In quest’ultimo caso, la lista o coalizione vincente manterrà tutti i seggi che le spettano a seguito della ripartizione proporzionale.

G. Dal livello nazionale ai collegi plurinominali. Una volta determinato a livello nazionale, a seguito dell’eventuale premio di maggioranza assegnato al primo o al secondo turno, il numero dei seggi spettanti alle coalizioni di liste e alle liste, si procede alla loro distribuzione territoriale, in prima battuta alle (19) circoscrizioni e poi, all’interno di ciascuna di esse, ai vari collegi plurinominali. A tal fine il metodo impiegato è volto a vincolare l’assegnazione dei seggi al rispetto del numero dei seggi spettanti alle circoscrizioni in base alla popolazione, mentre all’interno di ciascuna circoscrizione potrebbe verificarsi il cosiddetto “slittamento dei seggi”, con collegi plurinominali che eleggono deputati in numero superiore o inferiore a quello spettante in base alla popolazione. Del resto, vincolare l’assegnazione dei seggi al rispetto del numero di seggi spettanti ai collegi plurinominali in base alla popolazione comporterebbe per i partiti, soprattutto minori, l’attribuzione dei propri seggi in modo semi-casuale, ossia in collegi cui non è detto che corrispondano i migliori risultati.

H. Le differenze tra Camera e Senato. Una delle principali note dolenti della legge Calderoli erano le differenze che si venivano a creare tra i sistemi elettorali di Camera e Senato. A differenza della Camera, infatti, il premio di maggioranza al Senato non era assegnato a livello nazionale, bensì “spalmato” nelle regioni, dove poteva essere vinto da forze politiche diverse. In sostanza, alla Camera vi era la certezza di un vincitore, mentre al Senato no – come si è ben visto nel risultato delle elezioni 2013. Va pertanto accolta con soddisfazione la sostanziale omogeneizzazione tra i sistemi elettorali delle due camera prefigurata dalla riforma elettorale in questione. Nel nuovo sistema si prevede infatti l’applicazione di un premio di maggioranza nazionale anche al Senato, così come alla Camera. Sono uniformate anche le soglie di sbarramento e di attribuzione del premio, nonché altri meccanismi. Certo resta sempre la possibilità che il premio sia vinto da due coalizione o liste distinte nei due rami del parlamento, e, addirittura, che abbiano luogo due ballottaggi con diversi protagonisti, ma in ogni caso la probabilità di un esito differenziato diminuisce considerevolmente rispetto alla legge Calderoli. Tale probabilità sarebbe azzerata solo passando ad un monocameralismo o ad un bicameralismo non paritario, questione per altro in discussione e sulla quale pare esserci un accordo tra le principali forze politiche. (pestkill.org)

Alessandro Chiaramonte è Professore ordinario in Scienza politica presso l’Università di Firenze, dove insegna Sistema politico italiano ed Elezioni, partiti e opinione pubblica. Laureato nella facoltà di Scienze Politiche "Cesare Alfieri" dell'Università di Firenze, ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Scienza politica nel 1996. È stato Research fellow presso la London School of Economics and Political Science. Fondatore e membro del Centro Italiano di Studi elettorali (CISE), è anche componente del comitato direttivo della Società Italiana di Scienza Politica (SISP), della Società Italiana di Studi Elettorali (SISE) e dell'Associazione Studi e Ricerche Parlamentari. Sotto il profilo della ricerca, si è occupato dello studio di vari aspetti della transizione politica italiana, con particolare riferimento alle elezioni e alle riforme istituzionali introdotte e progettate ai vari livelli di governo. Più recentemente è impegnato inoltre nell'analisi della trasformazione dei sistemi partitici, sia di quello italiano sia in prospettiva comparata soprattutto europea. Su questi temi ha scritto vari saggi. E' autore di "Tra maggioritario e proporzionale. L’universo dei sistemi elettorali misti" (Il Mulino, 2005). Ha curato (con Roberto D'Alimonte) "Il maggioritario regionale. Le elezioni del 16 aprile 2000" (Il Mulino, 2000), "Proporzionale ma non solo. Le elezioni politiche del 2006 (Il Mulino, 2007), "Proporzionale se vi pare. Le elezioni politiche del 2008" (Il Mulino, 2010) e (con Giovanni Tarli Barbieri) "Riforme istituzionali e rappresentanza politica nelle regioni italiane" (Il Mulino, 2007) e "Il premio di maggioranza" (Carocci, 2011). Tra il 2002 e il 2004 è stato consulente del Consiglio regionale della Toscana nella predisposizione della nuova legge elettorale e della legge sulle primarie.