Affluenza come nel 2009, ma tante “Europe” dentro la Ue

 di Nicola Maggini

 

 

Le elezioni europee che si sono tenute tra il 22 e il 25 maggio 2014 (a seconda del paese) hanno acquisito una centralità e una rilevanza molto più ampia che in passato. Per capirlo, è opportuno vedere quanti cittadini europei si sono recati alle urne per scegliere i loro rappresentanti nel Parlamento Europeo. Infatti, nel campo degli studi elettorali, le elezioni europee sono sempre state considerate come second order elections (Reif e Schmitt 1980), ossia elezioni in cui la posta in gioco è minore (o è percepita come tale) rispetto alle elezioni politiche (quando invece in palio c’è la formazione del governo del proprio paese) e di conseguenza la partecipazione al voto è minore rispetto alle elezioni nazionali.  Come si è visto in un precedente articolo, nel corso del tempo c’è stato un trend decrescente nei tassi di partecipazione: si passa infatti dal 62% di votanti nel 1979 al 43% nel 2009, ossia un calo di ben 19 punti percentuali. Il primo dato che emerge con questa tornata elettorale è che il trend decrescente si è arrestato: nell’insieme dei paesi dell’Ue il tasso di partecipazione è stato del 43,1%, risultando quasi identico a quello delle ultime europee del 2009 (vedi Figura 1). Già questo è un segnale di come queste elezioni europee abbiano suscitato un certo interesse tra i cittadini dell’Ue. Il dato medio a livello di Ue però potrebbe nascondere situazioni molto differenti tra di loro. A questo punto è opportuno guardare come è stata la partecipazione nei singoli paesi dell’Unione, confrontandola con quella di 5 anni prima.

       La Tabella 1 riporta i tassi di partecipazione elettorale di ciascun paese dell’UE nel 2009 e nel 2014, riportando anche la differenza di partecipazione in punti percentuali tra le due tornate elettorali. Il primo dato che emerge è l’elevata eterogeneità: si va da paesi caratterizzati da livelli molto bassi di partecipazione a paesi con livelli di partecipazione particolarmente elevati. Per ciò che concerne il 2014, in tabella vengono riportati in grassetto i tassi di partecipazione chiaramente superiori alla media europea. Tra i paesi con i livelli più elevati di partecipazione sono collocati senza dubbio il Belgio e il Lussemburgo con un’affluenza attorno al 90%, rimanendo al livello del 2009 (e questo fenomeno certamente è dovuto al fatto che in entrambi i paesi il voto è obbligatorio), ma livelli abbastanza elevati di partecipazione li registrano anche Malta (74,8%), la Grecia (60%) e l’Italia (57,2%). Nettamente al di sopra del tasso di partecipazione del totale dei paesi Ue si collocano anche la Danimarca, l’Irlanda, la Germania e la Svezia.  Nel gruppo di paesi con una partecipazione bassa (nettamente al di sotto del 43,1% nel totale della Ue) rientrano invece la maggior parte dei paesi dell’Est: in particolare la partecipazione oscilla tra il 13 e il 30% in Repubblica Ceca, Lettonia, Ungheria, Polonia, Slovenia, Slovacchia e Croazia (nuovo paese membro che nel 2009 non faceva parte dell’Ue). Livelli bassi di partecipazione elettorale caratterizzano anche la Romania, la Bulgaria, l’Estonia, il Portogallo, i Paesi Bassi e uno dei paesi fondatori dell’Ue, ossia il Regno Unito: in questi paesi la partecipazione si colloca in un range tra il 32 e il 37% circa.

      La grande eterogeneità viene confermata dal confronto con il 2009: ci sono paesi in cui l’affluenza aumenta e altri in cui diminuisce. Nel primo gruppo rientrano la Germania, la Francia, i Paesi Bassi, la Grecia, la Spagna, la Svezia, la Finlandia, la Lituania e la Romania. In alcuni di questi paesi però la partecipazione è aumentata di soli pochi decimi di punti percentuali, rimanendo quindi sostanzialmente stabile. I paesi invece in cui l’incremento è più significativo sono la Svezia (+3,4 punti percentuali), la Romania (+4,5), la Germania (+4,8), la Grecia (+7,4) e, soprattutto, la Lituania, dove la partecipazione è aumentata di ben 23,9 punti percentuali. Nel resto dei paesi la partecipazione o è rimasta abbastanza stabile o è diminuita. In particolare, si sono registrati decrementi superiori ai 5 punti percentuali in Slovacchia (-6,6), Irlanda (-7), Ungheria (-7,4), Estonia (-7,4), Italia (-7,8), Repubblica Ceca (-10), Cipro (-15,4) e la Lettonia (-23,7). Tra i paesi fondatori dell’Unione, quindi, solo l’Italia mostra una significativa diminuzione della partecipazione al voto, pur rimanendo tra i paesi in cui si vota di più non solo alle politiche, ma anche alle europee. Il calo della partecipazione in Italia è probabilmente legato alla crescente disaffezione e disillusione dell’elettorato italiano (peraltro registrata in numerose indagini demoscopiche) e in questo senso le elezioni europee in Italia tendono col tempo a convergere con quanto postulato dalla teoria delle elezioni di secondo ordine per ciò che concerne la partecipazione al voto.

 

Fig. 1 – Affluenza nel totale dei paesi Ue dal 1979 al 2014 (%).

Tab. 1 – Tassi di partecipazione elettorale di ciascun paese dell’UE nel corso del tempo (%)

In base a quanto detto finora, quindi, il dato della partecipazione elettorale calcolato a livello complessivo di Unione Europea (presentato all’inizio dell’articolo), nascondeva al suo interno livelli e differenziali di partecipazione rispetto al 2009 molto variegati a seconda del paese considerato. Come prova ulteriore di questo fatto, abbiamo riportato l’affluenza media alle ultime due elezioni europee separata per gruppi di paesi. La Figura 2 riporta l’affluenza media per 4 gruppi di paesi: i 9 paesi iniziali [1] (tutti dell’Europa occidentale), i tre paesi dell’Europa meridionale entrati nell’Ue negli anni Ottanta (Grecia, Spagna e Portogallo), i tre paesi dell’Europa centro-settentrionale entrati nell’Ue negli anni Novanta (Svezia, Austria e Finlandia) e infine i paesi dell’Europa orientale entrati nella Ue a partire dai primi anni Duemila (nel cui gruppo è stata conteggiata anche Malta, pur non essendo ad Est). Il primo dato che emerge è che i nove paesi iniziali dell’Ue mostrano in entrambe le elezioni un’affluenza media nettamente superiore agli altri gruppi considerati: nel 2009 l’affluenza media era del 57,8% e alle recenti europee è rimasta sostanzialmente stabile (56,5%).

      Come si è visto in un precedente articolo, la partecipazione nei paesi dell’Europa meridionale (esclusa l’Italia) a partire dal 1999 ha mostrato un trend decrescente, aumentando il divario rispetto ai nove paesi iniziali. Oggi questo trend decrescente si è arrestato e l’affluenza media è aumentata di quasi 2 punti percentuali, attestandosi al 46,6%. Sicuramente questo risultato è stato determinato dal netto aumento della partecipazione in Grecia, ossia uno dei paesi più duramente colpiti dalla crisi economica e dalle politiche di austerità imposte dall’Ue: l’impatto sulla vita di tutti i giorni delle politiche decise a Bruxelles ha probabilmente aumentato la percezione dell’importanza della posta in gioco in queste elezioni europee che hanno visto il successo del partito della sinistra radicale Syriza, il cui leader Alexis Tsipras si è candidato alla presidenza della commissione Ue opponendosi proprio alle politiche di austerità. L’affluenza media nell’altro gruppo di tre paesi considerato (Austria, Svezia e Finlandia) è quasi uguale a quella dei tre paesi meridionali ed è aumentata leggermente rispetto al 2009, confermando il trend di crescita a partire dal 2004. Infine, l’affluenza media del gruppo dei paesi dell’Europa orientale è nettamente la più bassa (32,9%) e diminuisce rispetto al 2009 (quando nel gruppo non c’era ancora la Croazia) con un calo di 5,5 punti percentuali. Nel 2014 la differenza tra il gruppo di paesi con l’affluenza media più alta (i nove paesi iniziali) e il gruppo di paesi con l’affluenza media più bassa (i paesi dell’Europa orientale) è di ben 23,6 punti percentuali (e nel 2009 era di 19,4 punti). Pertanto, possiamo affermare che non solo c’è un forte divario in termini di partecipazione tra il gruppo di paesi iniziali dell’Unione e i nuovi membri dell’Europa orientale, ma tale divario è anche aumentato rispetto al 2009.

 

 Fig. 2 – Affluenza media alle elezioni europee per gruppi di paesi (%, 2009-2014)

Nota: Le percentuali riportate sono medie non pesate delle percentuali di votanti a livello di paese

    In conclusione, l’analisi fin qui condotta ha mostrato come ci siano diverse “Europe” all’interno dell’Ue quando si tratta di partecipazione elettorale. In alcuni paesi l’affluenza alle urne è aumentata rispetto al 2009 e ciò può segnalare da parte dei cittadini un maggiore interesse nei confronti delle elezioni europee che potrebbero col tempo perdere il carattere di elezioni di secondo ordine avvicinandosi ai livelli di partecipazione delle elezioni politiche. In altri paesi, tuttavia, non solo la partecipazione al voto è stata molto bassa, ma è addirittura diminuita rispetto alle precedenti europee. La politica a livello di Unione Europea continua a non essere percepita da parte di molti europei come un qualcosa per cui vale la pena mobilitarsi il giorno in cui si deve scegliere i rappresentanti da mandare al Parlamento Europeo.


[1] Alle prime elezioni del 1979 i 9 paesi membri erano: Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Regno Unito, Danimarca e Irlanda.

Nicola Maggini è ricercatore in scienza politica. È membro del laboratorio di ricerca spsTREND "Hans Schadee" presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano, del CISE (Centro Italiano Studi Elettorali) e di ITANES (Italian National Election Study). In precedenza è stato Jean Monnet Fellow presso lo Schuman Centre for Advanced Studies dell’Istituto Universitario Europeo e ha partecipato a due progetti di ricerca europei Horizon 2020: Sirius-Skills and Integration of Migrants, Refugees and Asylum Applicants in European Labour Markets e TransSol-Transnational solidarity at times of crisis. Si è addottorato, con lode, in Scienza della Politica all’Istituto Italiano di Scienze Umane nel marzo 2012. Ha pubblicato articoli in diverse riviste scientifiche italiane e internazionali, tra cui European Political Science Review, Journal of Common Market Studies, West European Politics, American Behavioral Scientist, South European Society and Politics, Italian Political Science Review, Journal of Contemporary European Research, Quality & Quantity, Italian Political Science, Italian Journal of Electoral Studies, International Sociology e Quaderni di Scienza Politica. Ha pubblicato, per Palgrave MacMillan, il libro Young People’s Voting Behaviour in Europe. A Comparative Perspective (Palgrave Macmillan, 2016). È inoltre coautore di diversi capitoli in volumi collettanei e ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE. Ha curato (con Andrea Pedrazzani) Come siamo cambiati? Opinioni, orientamenti politici, preferenze di voto alla prova della pandemia (Fondazione Feltrinelli, 2021). Infine, è autore di diverse note di ricerca pubblicate nella serie dei Dossier CISE. I suoi interessi di ricerca si concentrano sullo studio degli atteggiamenti e comportamenti socio-politici, dei sistemi elettorali, del comportamento di voto e della competizione partitica in prospettiva comparata.