Stop alle coalizioni litigiose, la sfida è la governabilità

di Roberto D’Alimonte

Pubblicato sul Sole 24 Ore il 9 novembre 2014

Il premio alla lista è una buona idea. Su questo non ci sono dubbi. La sorpresa davanti all’ennesimo colpo di scena non deve oscurare il merito della questione. Senza il premio alle coalizioni saltano alcune delle caratteristiche più critiche dell’Italicum attuale. Una è la presenza della doppia soglia: una soglia più alta per le liste che stanno da sole (8%) e una più bassa (4,5%) per quelle che si accoppiano. Con il premio solo alla lista la soglia diventa necessariamente unica. Questo semplifica la competizione elettorale e assicura l’autonomia dei partiti. L’altro vantaggio del premio alla lista è l’eliminazione dell’incentivo a fare liste fasulle per raccogliere voti da utilizzare per vincere il premio. Nelle elezioni del 2013  la coalizione di Berlusconi comprendeva ben 9 liste. Nel 2006 erano 12, e quella di Prodi addirittura 14.  Lo stesso meccanismo è presente nell’ Italicum nella sua versione attuale. Last but not least, con il premio solo alla lista si elimina il rischio di risultati ‘perversi’. Infatti, con il premio alla coalizione potrebbe accadere che uno solo dei partiti coalizzati superi la soglia di sbarramento. In questo caso incasserebbe tutti i seggi spettanti alla coalizione sfruttando i voti dei suoi alleati che restano sotto la soglia.

Queste sono tutte ottime ragioni per dire che il premio alla lista è una buona cosa dal punto di vista tecnico. Ma lo è anche dal punto di vista politico.  Infatti una modifica del genere altera positivamente il modello di competizione che ha caratterizzato la politica della Seconda  Repubblica. A partire dal 1994 questo modello si è basato sulla coesistenza di partiti più grandi e partiti più piccoli all’interno di coalizioni pre-elettorali. La formazione di queste coalizioni è stata incentivata prima- dal 1994 al 2001- dal collegio uninominale e dalla disponibilità dei partiti più grandi a spartire i collegi della Mattarella con i partiti più piccoli. Dopo la riforma elettorale del 2005 l’incentivo alla formazione di queste coalizioni era legato alla presenza di un premio di maggioranza e dal meccanismo della doppia soglia. Per massimizzare la possibilità di vincere i partiti più grandi corteggiavano quelli più piccoli. Questi ultimi erano spinti ad accettare l’abbraccio per ottenere lo sconto sulla soglia e eventualmente partecipare al governo in caso di vittoria. Il risultato finale erano coalizioni poco coese e governi instabili. Con il premio solo alla lista questo modello sparisce.

Se questo sarà l’Italicum futuro ogni partito correrà da solo. Un partito vincerà il premio di maggioranza al primo turno se raggiungerà una certa soglia di voti che per ora è fissata al 37%. Oppure al secondo turno se nessuno raggiungerà tale soglia e si andrà al ballottaggio. Con questo sistema solo i partiti più grandi avranno possibilità di vincere e quindi di governare. I più piccoli dovranno accontentarsi di essere presenti in parlamento, ammesso che superino la soglia di sbarramento. Oppure dovranno confluire in quelli più grandi come ospiti in un listone dentro il quale perderanno la propria identità. Se questo ultimo sarà effettivamente uno degli effetti del premio alla lista i partiti più grandi diventeranno sempre più grandi trasformandosi ancor più in partiti acchiappatutti. Quando Renzi parla di partito della nazione è probabile che pensi ad una evoluzione del genere, che il premio alla lista indubbiamente favorisce.

E’ possibile che tutto ciò porti alla lunga ad un assetto bipartitico della politica italiana?  Sì e no. Da un certo punto di vista è certo che il premio alla lista favorirà una competizione incentrata sui due partiti più competitivi. Una volta che gli elettori si saranno resi conto che votare un partito minore vuol dire non influire sulla scelta del governo una parte di loro sceglierà di dare il suo voto a uno dei due partiti che hanno reali possibilità di vincere. Questo produrrà una tendenza al bipartitismo. In ogni caso però è del tutto improbabile che solo due partiti sopravvivranno. Nemmeno in Gran Bretagna si è arrivati a questo. Se le soglie di sbarramento non saranno troppo elevate ci saranno sempre partiti piccoli che rappresenteranno un elettorato incoercibile. Esattamente come avviene in Gran Bretagna nonostante la camicia di forza del collegio uninominale maggioritario.

Ed è giusto che sia così. Per questo è bene che le soglie di sbarramento non siano troppo elevate. In fondo il nuovo Italicum garantirebbe una maggioranza assoluta di seggi a chi vince indipendentemente dalla presenza di partiti minori. A chi vince andrà il 54% dei seggi, i perdenti – piccoli e grandi – si spartiranno il restante 46%. In questo modo la governabilità è facilitata dal fatto che il vincitore avrà una maggioranza assoluta . La rappresentatività è assicurata dalla presenza di una opposizione plurale. Inoltre con il premio solo alla lista ci sarà una garanzia in più di governabilità perché al governo ci sarà un partito solo e non una coalizione di partiti potenzialmente litigiosi. Dalla competizione per coalizioni a quella per grandi partiti il mutamento è significativo ma non altera la qualità democratica del sistema.

Il fatto curioso di tutta questa vicenda è che al momento di grandi partiti ce n’è uno solo, il Pd.  Ed è il Pd che ha chiesto il premio alla lista. E questo si spiega. Quello che non si capisce è perché Berlusconi, che non è più il leader di un grande partito, voglia accettare questa modifica. E’ uno dei misteri della politica italiana.  Ma forse la cosa è meno misteriosa di quanto sembra a prima vista. Le dimissioni sempre più vicine di Napolitano e l’elezione del nuovo capo dello Stato potrebbero essere uno dei motivi. L’altro forse è il futuro di Mediaset. In ogni caso questa volta forse la riforma riparte davvero. Per Renzi, e per il paese, sarebbe un bel passo avanti.

Tab. 1 La composizione delle coalizioni pre-elettorali nella Seconda Repubblica (numero di partiti in coalizione)

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.