Italicum: i collegi plurinominali ed il venir meno del vincolo territoriale

di Niccolò Macallè


Niccolò Macallè, laureando in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Firenze, lavora presso il Consiglio regionale della Toscana dove ha collaborato alla stesura della legge elettorale regionale approvata nel settembre 2014. E’ presidente del Consiglio comunale di Montespertoli, in provincia di Firenze.


 

Perché i collegi plurinominali

I collegi plurinominali sono una novità assoluta per il sistema di elezione della Camera dei Deputati. Fino alle scorse elezioni, dopo l’assegnazione nazionale, i seggi venivano ripartiti direttamente nelle Circoscrizioni: 32 nella Prima Repubblica e 27 nella Seconda.

L’esigenza di avere liste di candidati corte – imposta al legislatore dalla sentenza 1/2014 della Consulta sul Porcellum nel caso in cui la totalità dei seggi, o una parte di essi, sia assegnata senza il ricorso al voto di preferenza – ha avuto come conseguenza pratica l’inserimento nel sistema di un nuovo livello di distribuzione dei seggi che saranno assegnati a livello nazionale e poi ripartiti prima nelle circoscrizioni ed infine nei collegi plurinominali disegnati all’interno di queste ultime.

Circoscrizioni e collegi plurinominali nell’Italicum

L’Italicum prevede 20 circoscrizioni, corrispondenti alle Regioni. Fatte salve le disposizioni speciali per la Valle d’Aosta (eleggerà un unico deputato in un collegio uninominale) e per il Trentino-Alto Adige (eleggerà 8 deputati in altrettanti collegi uninominali e 3 deputati con sistema proporzionale), i restanti 606 seggi da assegnare sul territorio nazionale saranno attribuiti alle circoscrizioni ed a 100 collegi plurinominali. La tabella elaborata dal Servizio studi della Camera ci fornisce il quadro di quanti collegi saranno creati in ogni circoscrizione e di quanti seggi saranno attribuiti, in media, in ogni collegio.

Tabella 1. Numero di seggi e di collegi plurinominali spettanti ad ogni circoscrizione

Il Senato ha infatti stabilito che i collegi plurinominali siano 100 (il testo della Camera prevedeva solo il tetto massimo di 120) e che il numero di collegi da disegnare in ogni circoscrizione sia stabilito in proporzione al numero di seggi assegnato alle singole Regioni in base alla popolazione residente.

I collegi plurinominali saranno determinati dal Governo tramite decreto legislativo. Ogni collegio potrà scostarsi dalla media della popolazione dei collegi della circoscrizione di cui fa parte di non oltre il 20 per cento in eccesso o in difetto, ciò per escludere che all’interno di una stessa Regione ci siano collegi chiamati ad eleggere 3 deputati e collegi chiamati ad eleggerne 9.

Il venir meno del vincolo territoriale

La distribuzione dei seggi a livello circoscrizionale, una volta stabilita la quota spettante ad ogni lista a livello nazionale, si effettua col metodo dei quozienti e dei più alti resti ed è tesa ad impedire lo slittamento di seggi tra una circoscrizione e l’altra. Se infatti, per effetto del metodo di distribuzione nelle circoscrizioni, a livello nazionale una lista risultasse assegnataria di un seggio in più ed una di un seggio in meno, tale seggio verrebbe sottratto alla lista eccedentaria nella circoscrizione dove essa lo ha ottenuto con la minore parte decimale dei quozienti di attribuzione utilizzati. Quel seggio verrebbe poi attribuito alla lista deficitaria nella stessa circoscrizione (a prescindere dal risultato della lista stessa).

Nella versione dell’Italicum licenziata dalla Camera, tale sistema era utilizzato anche per la compensazione dei seggi tra liste eccedentarie e deficitarie all’interno dei singoli collegi plurinominali. Ciò garantiva il rispetto del vincolo territoriale, facendo in modo che gli eletti di ogni collegio corrispondessero a quelli spettanti in base alla popolazione residente, ma portava i partiti più piccoli (quelli deficitari) a vedersi assegnati i seggi in collegi in cui non era detto che avessero ottenuto i migliori risultati.

Per quest’ultima ragione, il Senato ha modificato tale sistema di compensazione tra liste eccedentarie e deficitarie nei collegi. Alle liste eccedentarie il seggio sarà sottratto nel collegio in cui lo hanno ottenuto con la minore parte decimale dei quozienti di attribuzione utilizzata ma – qui sta la novità – le liste deficitarie otterranno il seggio nel collegio della stessa circoscrizione in cui hanno la maggiore parte decimale non utilizzata. Ciò comporterà il venir meno del vincolo territoriale in quanto i seggi potranno slittare da un collegio ad un altro, a meno che – per pura casualità – il collegio dove la lista eccedentaria ha la minore parte decimale dei quozienti utilizzata corrisponda al collegio dove la lista deficitaria ha la maggiore parte decimale dei quozienti non utilizzata.

Dipenderà dai risultati elettorali la frequenza con la quale si dovrà ricorrere alla compensazione tra liste eccedentarie e deficitarie. In presenza di poche liste che superano la soglia di sbarramento, soprattutto se tutte avessero una percentuale di voti superiore al 10%, saranno pochissimi i seggi da assegnare come deficitari. In presenza di molte liste sopra la soglia del 3% (magari di poco), il ricorso alla compensazione tra liste eccedentarie e deficitarie sarà invece ampio e lo slittamento di seggi tra un collegio ed un altro potrebbe verificarsi in decine di casi. Questo perché liste di così ridotto consenso elettorale difficilmente potranno avere dei quozienti di assegnazione interi in collegi che in media eleggeranno 6 deputati (con punte minime di 3 e massime di 9). (Alprazolam)

Quali sarebbero potute essere le alternative?

Sostanzialmente si sarebbe potuti intervenire in tre modi:

1. Confermando il sistema approvato dalla Camera che però, come visto, avrebbe penalizzato i piccoli partiti che si sarebbero visti assegnare i seggi, o una parte di essi, non in base al proprio risultato elettorale ma in base a quello dei partiti più grandi con seggi eccedentari.

2. Con l’utilizzo di listini circoscrizionali in luogo dei capilista bloccati. L’assegnazione di una quota di seggi in un livello di competizione più ampio (dove si eleggono anche decine di deputati) avrebbe cancellato del tutto, o quasi, la necessità di ricorrere a compensazioni tra liste eccedentarie e deficitarie. Questo perché a livello regionale tutte le liste avrebbero avuto quozienti interi cui attingere per l’assegnazione dei seggi.

3. Abolendo completamente il vincolo territoriale ed assegnando i seggi basandosi sul rapporto di concorrenza fra i diversi risultati ottenuti dalla stessa lista nei vari collegi della circoscrizione, come previsto per esempio dalla legge elettorale toscana. Un intervento del genere avrebbe però richiesto la definizione di collegi di ampiezza omogenea tra loro (il vincolo del 20% in effetto o in difetto rispetto alla media dei collegi della circoscrizione non sarebbe bastato) in modo da non rischiare che un collegio risentisse di una sottorappresentazione troppo ampia rispetto ad un altro della stessa circoscrizione.