Il Partito della Nazione? Esiste, e si chiama Movimento 5 Stelle

Vincenzo Emanuele e Nicola Maggini

La rilevazione semestrale sulle opinioni politiche degli italiani effettuata dal CISE per il Sole 24 Ore fotografa i cambiamenti in atto nell’opinione pubblica e offre importanti spunti di riflessione e dibattito.
Come emerso dall’articolo di D’Alimonte già pubblicato qui (link), la principale novità del sondaggio riguarda la crescita del Movimento 5 Stelle, che, non solo si conferma come il secondo partito del paese dietro al Pd con il 30,8% delle intenzioni di voto, ma risulterebbe altamente competitivo per la vittoria ad un eventuale ballottaggio anche contro il Pd.
A questo punto è opportuno chiedersi chi sono oggi gli elettori dei due maggiori partiti e in cosa si differenziano. A partire dal successo di Renzi alle elezioni europee del 2014, uno dei principali temi del dibattito pubblico ha riguardato la caratterizzazione del Pd come ‘Partito della Nazione’, capace di pescare consensi in tutti i settori della società e in tutte le aree politiche. In particolare si è ipotizzato che il Pd stesse andando verso una caratterizzazione post-ideologica, superando i confini tradizionali destra-sinistra, come già fatto dal M5S nel 2013. Ma è davvero così?
Partiamo innanzitutto dall’individuazione del profilo socio-demografico dei due partiti. Come vediamo nella Tabella 1, gli elettori pentastellati hanno un profilo marcatamente maschile (il 38,7% degli uomini vota il M5S contro il 23,1% delle donne). In particolare questo significa che fatti 100 gli elettori dei Cinque Stelle, 62 sono uomini. Il Pd mostra invece un profilo più femminile, dal momento che riceverebbe il 40,7% tra le donne e il 30,3% tra gli uomini. Il confronto tra i due elettorati rivela dunque l’esistenza di un gender divide: tra gli uomini il M5S è avanti di 8 punti, mentre tra le donne il Pd prevale di quasi 18 punti.
Per quanto concerne il rapporto tra età e intenzione di voto, numerose ricerche empiriche (fra cui ITANES 2013) hanno enfatizzato il profilo giovanile dell’elettorato grillino contrapposto al profilo più ‘âgé’ dell’elettorato Pd e Pdl. I nostri dati confermano che il M5S va bene tra i giovani, fra i quali è il primo partito (35,2%). Tuttavia, la novità è rappresentata dal fatto che il voto al Cinque Stelle cresce all’aumentare dell’età fino alla categoria dei 45-54enni, in cui il M5S risulta primo con quasi il doppio dei voti del secondo partito (42,3% contro il 24,5% del Pd). Nelle due classi di età più anziane, invece, il voto al partito di Grillo crolla, in linea con le analisi del passato. In particolare, tra coloro che hanno più di 65 anni, il M5S è terzo con il 13,6%, superato anche da Forza Italia. In maniera speculare il partito di Renzi risulta fortemente sovrarappresentato nelle due classi di età più anziane, raggiungendo la maggioranza assoluta dei consensi fra gli over 65. Ciò però non significa che i democratici vadano poi così male tra i giovani, dal momento che tra i 18-29enni sono appena sotto la media generale con un distacco dal M5S di meno di 3 punti. Sono quindi le coorti centrali, cioè i nati tra gli anni ‘60 e ‘70, quelle più ostili al partito del Premier.
Strettamente connesso all’età è poi il dato che emerge dall’incrocio tra professione e voto. Come vediamo dalla Tabella 1, il Pd conferma di essere il partito dei pensionati con il 57% delle preferenze in tale categoria. Inoltre, sorprendentemente, va meglio fra gli impiegati privati che fra quelli pubblici, per lungo tempo sua tradizionale constituency. Al contrario, il M5S risulta il partito più votato in tutte le categorie ‘attive’ del mondo del lavoro, con una particolare sovrarappresentazione in quelle che un tempo rappresentavano i due poli del conflitto di classe: operai e borghesia. Fra le tute blu il partito di Grillo ottiene il 46%, il doppio del Pd (23%); stessa cosa nella borghesia, dove con il 39% il M5S doppia il partito di Renzi (39% a 19%). In entrambe le categorie, non solo il Pd è fortemente sottorappresentato, ma risulta anche tallonato dalla Lega che, oltre a confermare un profilo operaio già mostrato da precedenti ricerche, sembra aver fatto breccia nella borghesia conservatrice, un tempo vicina a Berlusconi. Quest’ultimo mantiene un forte zoccolo duro soltanto tra le casalinghe (28%). Fra gli studenti, infine, si nota un quasi perfetto equilibrio tra i due partiti principali, in linea con quanto già visto rispetto al voto dei giovani. Il risultato complessivo dell’analisi del rapporto fra professione e voto rivela che il M5S è la forza politica più trasversale (o interclassista), risultando nettamente il primo partito dei lavoratori (40% contro il 24% del Pd). Al contempo, il partito di Grillo domina tra i disoccupati (38% contro il 22% del Pd).
Questa trasversalità del profilo dei Cinque Stelle emerge anche dall’incrocio con il reddito dichiarato (una novità assoluta dei sondaggi CISE): il M5S va bene nelle due classi di reddito intermedie (fra i 10.000 e i 50.000 euro di guadagno netto annuo del nucleo familiare), mentre è fortemente sottorappresentato tra i poveri e i più ricchi (categorie in cui il Pd è primo). Ulteriore curiosità riguarda il profilo degli elettori di Forza Italia, caratterizzato sempre più da marginalità sociale: il 94% di questi dichiara un reddito inferiore ai 25.000 euro.
La trasversalità del M5S è confermata poi dall’analisi del voto per zona geografica, in cui risulta il partito più ‘nazionale’, come nelle elezioni del 2013 (Emanuele 2015), mentre il Pd è relativamente più debole al Sud e nelle Isole. Completiamo il profilo socio-demografico osservando il rapporto tra istruzione e voto, che nella Seconda Repubblica ha sempre visto il centrosinistra sovrarappresentato fra i laureati mentre il centrodestra ha sempre avuto la maggioranza fra gli elettori scarsamente istruiti. Oggi la situazione è in parte smentita: se è infatti vero che tra ai laureati il Pd è nettamente il primo partito con il 38,2% dei voti seguito dal M5S con il 28,9%, è altresì vero che fra coloro che hanno al massimo la licenza elementare il Pd è il partito dominante (60%) seguito a grande distanza da Forza Italia. Il Pd dunque è sovrarappresentato in due segmenti radicalmente opposti, mentre nelle due categorie intermedie (licenza media e diploma), le più numericamente affollate, il partito di Renzi è sotto la media del campione, mentre il M5S è sovrarappresentato, soprattutto tra i diplomati (37,3%), confermando dati emersi già in passato (Maggini 2014).

Se dall’analisi del profilo socio-demografico appare chiaramente la trasversalità del M5S e la caratterizzazione del Pd verso determinati segmenti (anziani, pensionati, elettori a bassa istruzione o laureati, elettori del Centro-nord), l’analisi dell’autocollocazione politica (Tabella 2) è utile per completare il quadro offrendo ulteriori evidenze empiriche. Nonostante l’enfasi di molti commentatori su un’ipotetica mutazione genetica del partito di Renzi, gli elettori Pd mostrano una netta collocazione a sinistra (71%, 30 punti in più del totale del campione), mentre il M5S si conferma un partito trasversale anche politicamente, con il 43% dei suoi elettori che si collocano al centro o che non si collocano lungo l’asse sinistra-destra (16 punti in più della media), il 36% a sinistra e il 21% a destra.
Questa differenza tra i due partiti per quanto concerne l’autocollocazione politica può risultare una variabile chiave per comprendere le possibili scelte di voto all’eventuale ballottaggio previsto dall’Italicum. Dai dati CISE risulta che oggi il ballottaggio più probabile sarebbe quello tra Pd e M5S e in questo caso la partita è aperta, con il M5S che risulterebbe leggermente in vantaggio, seppure dentro il margine di errore statistico (51,5%-48,5%). In tale contesto di incertezza risulterebbe decisivo il comportamento di voto al ballottaggio degli elettori degli altri partiti. L’incrocio tra le intenzioni di voto al primo turno e al ballottaggio Pd-M5S (Tabella 3) mostra che al secondo turno la maggioranza degli elettori dei partiti di centrodestra voterebbero (anche abbastanza nettamente) per il M5S. Questa è una notizia di assoluta rilevanza: nonostante Renzi sia solitamente percepito come un leader post-ideologico che ha senza dubbio allargato le basi del consenso del partito, il Pd oggi farebbe fatica a sfondare nell’elettorato di destra vista la presenza di un movimento trasversale dal punto di vista ideologico come il M5S. Quest’ultimo si presenta come una perfetta ‘alternativa di Condorcet’, ossia come una scelta che, pur non essendo maggioritaria, risulta potenzialmente vincente nelle diverse possibili opzioni (sfida Pd-M5S o Centrodestra-M5S). Il Movimento 5 Stelle è dunque il second-best della maggior parte degli elettori, sia di sinistra che di destra.
Questo non significa che il M5S vincerà sicuramente le prossime elezioni. Ciò dipenderà da tanti altri fattori (leader, struttura della competizione, performance del governo etc.), però una cosa è certa: il partito di Renzi oggi è il principale partito di centrosinistra ma non è il ‘Partito della Nazione’. Anzi, se oggi un ‘Partito della Nazione’ esiste si chiama il Movimento 5 Stelle.

Tabella 1 Incrocio tra alcune variabili socio-demografiche e l’intenzione di voto

sondaggio CISE 11-2015 socio-demo

Tabella 2 Autocollocazione politica: confronto Pd-M5S

sondaggio CISE 11-2015 autocoll

Tabella 3 Flussi fra intenzioni di voto al primo turno e all’eventuale ballottaggio Pd-M5S

sondaggio CISE 11-2015 flussi 1-2

Riferimenti bibliografici
Emanuele, V. (2015), Vote (de)-nationalization and party system change in Italy (1948-2013), in “Contemporary Italian Politics”, pp. 1-22, DOI:10.1080/23248823.2015.1076617.
ITANES (2013), Voto amaro. Disincanto e crisi politica nelle elezioni del 2013, Bologna, Il Mulino.
Maggini, N. (2014), Understanding the Electoral Rise of the Five Star Movement in Italy, Politologickỳ Časopis-Czech Journal of Political Science, XXI(1), 37–59. http://doi.org/10.5817/PC2014-1-37.

Nota metodologica
Il sondaggio è stato realizzato dal CISE per Il Sole 24 Ore. La rilevazione è stata condotta da Demetra nei giorni dal 16 al 24 novembre 2015 con metodo misto CATI e CAMI (telefonia fissa e mobile). Il campione nazionale composto da 1.522 intervistati è rappresentativo della popolazione italiana con 18 anni e oltre. Il margine di errore (a livello fiduciario del 95%) è di +/- 2,5 punti percentuali. Il campione è stato ponderato per alcune variabili socio demografiche.

Vincenzo Emanuele è professore associato in Scienza Politica presso la LUISS Guido Carli di Roma. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze con una tesi sul processo di nazionalizzazione del voto in Europa occidentale e le sue possibili determinanti. La sua tesi ha vinto il Premio 'Enrico Melchionda' conferita alle tesi di dottorato in Scienze Politiche discusse nel triennio 2012-2014 e il Premio 'Celso Ghini' come miglior tesi di dottorato in materia elettorale del biennio 2013-2014. È membro del CISE, di ITANES (Italian National Election Studies) e del Research Network in Political Parties, Party Systems and Elections del CES (Council of European Studies). I suoi interessi di ricerca si concentrano sulle elezioni e i sistemi di partito in prospettiva comparata, con particolare riferimento ai cleavages e ai processi di nazionalizzazione e istituzionalizzazione. Ha pubblicato articoli su European Journal of Political research, Comparative Political Studies, Party Politics, South European Society and Politics, Government and Opposition, Regional and Federal Studies, Journal of Contemporary European Research, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. La sua prima monografia Cleavages, institutions, and competition. Understanding vote nationalization in Western Europe (1965-2015) è edita da Rowman and Littlefield/ECPR Press (2018), mentre la seconda The deinstitutionalization of Western European party systems è edita da Palgrave Macmillan. Sulle elezioni italiane del 2018, ha curato la Special Issue di Italian Political Science ‘Who’s the winner? An analysis of the 2018 Italian general election’. Clicca qui per accedere sito internet personale. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.
Nicola Maggini è ricercatore in scienza politica. È membro del laboratorio di ricerca spsTREND "Hans Schadee" presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano, del CISE (Centro Italiano Studi Elettorali) e di ITANES (Italian National Election Study). In precedenza è stato Jean Monnet Fellow presso lo Schuman Centre for Advanced Studies dell’Istituto Universitario Europeo e ha partecipato a due progetti di ricerca europei Horizon 2020: Sirius-Skills and Integration of Migrants, Refugees and Asylum Applicants in European Labour Markets e TransSol-Transnational solidarity at times of crisis. Si è addottorato, con lode, in Scienza della Politica all’Istituto Italiano di Scienze Umane nel marzo 2012. Ha pubblicato articoli in diverse riviste scientifiche italiane e internazionali, tra cui European Political Science Review, Journal of Common Market Studies, West European Politics, American Behavioral Scientist, South European Society and Politics, Italian Political Science Review, Journal of Contemporary European Research, Quality & Quantity, Italian Political Science, Italian Journal of Electoral Studies, International Sociology e Quaderni di Scienza Politica. Ha pubblicato, per Palgrave MacMillan, il libro Young People’s Voting Behaviour in Europe. A Comparative Perspective (Palgrave Macmillan, 2016). È inoltre coautore di diversi capitoli in volumi collettanei e ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE. Ha curato (con Andrea Pedrazzani) Come siamo cambiati? Opinioni, orientamenti politici, preferenze di voto alla prova della pandemia (Fondazione Feltrinelli, 2021). Infine, è autore di diverse note di ricerca pubblicate nella serie dei Dossier CISE. I suoi interessi di ricerca si concentrano sullo studio degli atteggiamenti e comportamenti socio-politici, dei sistemi elettorali, del comportamento di voto e della competizione partitica in prospettiva comparata.