Comunali 2016, chi sale e chi scende nelle grandi città

di Bruno Marino e Nicola Martocchia Diodati

Incertezza. Questa è la parola chiave utilizzata da molti commentatori e leader politici il lunedì dopo le elezioni nel commentare i risultati. È possibile trovare trend più chiari analizzando i comuni capoluogo di regione esclusa Roma? Mentre più estese analisi sui capoluoghi di provincia sono già state presentate nei giorni scorsi[1], in questo articolo analizzeremo i risultati elettorali di partiti e schieramenti a Torino, Milano, Trieste, Bologna, Napoli e Cagliari, confrontandoli con le più recenti elezioni locali e nazionali(vedi Tabelle 1-6 in fondo). Nonostante le analisi vadano lette tenendo conto sia della differenza temporale tra le competizioni che della diversa offerta politica presente in alcune città e in alcune elezioni, confrontare i risultati del primo turno delle amministrative 2016 nelle sei città sotto esame con differenti e passate elezioni è una strategia efficace per comprendere i cambiamenti nel supporto ricevuto da partiti e coalizioni. Infatti, nonostante un confronto quasi naturale potrebbe essere quello tra le comunali 2016 e le comunali 2011 (considerando solo il primo turno naturalmente), è utile anche considerare il confronto tra questa tornata amministrativa e, rispettivamente, le elezioni europee del 2014 e le ultime elezioni regionali.

Iniziamo dal primo confronto. I risultati di domenica 5 giugno, paragonati con quelli del primo turno delle elezioni comunali del 2011, in tutte le sei città qui considerate mettono in evidenza una diminuzione dell’affluenza, che è inferiore in media di circa nove punti percentuali rispetto al 2011. Facendo un passo in avanti, i risultati ottenuti sia dal PD che da FI sono particolarmente negativi. Nelle sei città il PD perde una considerevole parte del consenso ottenuto alle scorse comunali, sia in termini assoluti che in termini percentuali (con l’eccezione di lievi progressi in valori percentuali a Milano e Cagliari). Il calo più considerevole subito dal PD rispetto al 2011, in percentuale, si verifica a Napoli e anche a Torino, città nella quale il partito di Renzi esprimeva il sindaco uscente, Piero Fassino. Questo risultato, tenuto anche conto dei risultati delle analisi dei flussi elettorali nei capoluoghi sabaudo[2] e partenopeo[3], non è così sorprendente. Inoltre, confrontando i risultati dei blocchi politici nel 2016 e nel 2011, anche la coalizione di centrosinistra perde considerevoli fette di elettorato in tutte le città qui considerate. In particolare, a Milano il centrosinistra (ovvero la coalizione di cui fa parte il PD) perde più di 90.000 voti rispetto alle elezioni che portarono Giuliano Pisapia al ballottaggio nel 2011. Considerando nel computo dei voti 2016 anche la sinistra, che nel 2011 si presentava con il PD e oggi ha corso da sola, le perdite per il centrosinistra si riducono ma rimangono comunque considerevoli (circa 70.000 voti in meno).

Se il PD piange, FI certo non sorride. Confrontando i risultati ottenuti dal partito di Berlusconi oggi con quelli di cinque anni fa (vale a dire, confrontando FI nel 2016 con il PDL nel 2011), si nota un calo ancora più considerevole di quello del PD: infatti, considerando tutte le sei città sotto esame, FI perde più di 200.000 voti rispetto al PD, che si ferma attorno ai 100.000 voti persi. Colpiscono in particolare le notevoli perdite di Milano e Napoli, mentre in termini percentuali gli arretramenti più pesanti sono a Torino e, di nuovo, a Napoli. Il trend negativo evidenziato da Forza Italia trova una conferma anche passando alla coalizione di centrodestra. Infatti, pur tenendo presente che la struttura del centrodestra nel 2016 non rispecchi in tutti casi la formazione presentatasi nel 2011, anche la coalizione di cui FI fa parte perde voti in tutte le sei città analizzate.

Contrariamente a quanto osservato per PD e FI, per quanto riguarda la Lega e il M5S le variazioni di voto nei sei capoluoghi appaiono molto diverse. Nel primo caso, la Lega aumenta il proprio consenso, in valori assoluti, in due città (Milano e Trieste), ma va ricordato che il partito di Salvini non si è presentato con liste autonome a Napoli e Cagliari nel 2016 – quindi il confronto per la Lega in questo articolo è fatto solo su Torino, Milano, Bologna e Trieste. Per quanto riguarda il M5S, il confronto tra comunali 2011 e comunali 2016 è estremamente positivo, infatti il movimento fondato da Grillo accresce il proprio elettorato in tutte le sei città sotto esame in maniera consistente, sia in termini assoluti che percentuali tra il 2011 e il 2016. Colpisce l’avanzata a Torino (più 86.000 voti), città dove, non a caso, la candidata pentastellata Chiara Appendino è arrivata al ballottaggio. Tuttavia questo dato va letto alla luce del fatto che cinque anni fa il partito di Grillo non era ancora uno dei protagonisti della scena politica nazionale. Questo ad evidenza, semmai ve ne fosse ancora bisogno, dei considerevoli progressi compiuti dal M5S in termini di centralità elettorale e politica.

Se il confronto tra le comunali del 2011 e del 2016 risulta particolarmente appropriato, visto che si tratta dello stesso tipo di elezioni, non può tuttavia essere considerato esaustivo, soprattutto alla luce dei cambiamenti politici avvenuti negli ultimi due anni. Un secondo confronto può essere infatti quello tra le comunali del 2016 e le elezioni europee del 2014. Naturalmente, va tenuto conto del fatto che le elezioni europee, come del resto le elezioni comunali, vengono spesso considerate come ‘elezioni di secondo ordine’ (Reif and Schmitt 1980; si veda anche Hix e Marsh 2007), in cui, ad esempio, i partiti di governo ricevono un minor sostegno da parte dell’elettorato e vi è una contrazione dei partiti grandi in favore di quelli più piccoli. Inoltre, tendenzialmente le elezioni europee favoriscono il voto d’opinione in chiave nazionale mentre le comunali, al contrario, sono notevolmente influenzate da fattori locali e da un voto candidate-oriented (Fabrizio e Feltrin 2007). Inoltre, un’ulteriore differenza da tenere a mente nel confrontare le elezioni comunali 2016 con quelle europee del 2014 è legato alla differente affluenza tra le due elezioni. Rispetto al 2014 infatti vi è una decrescita dell’affluenza a Milano, Bologna e Torino, mentre si assiste ad un incremento della partecipazione a Cagliari, Trieste e Napoli. Tutto ciò premesso, anche dal confronto comunali 2016 – europee 2014 emerge che il PD perde consenso in tutte le sei città considerate, sia in termini assoluti che percentuali. Nei sei capoluoghi considerati, quindi, poco sembra rimanere di quell’ottimo risultato che Matteo Renzi ed il PD avevano ottenuto in tutta Italia (Maggini 2014): il PD arretra in maniera particolarmente rilevante a Milano (perdendo più di 110.000 voti), a Torino (meno 82.000 voti), e Napoli (con una perdita di più di 85.000 voti). Inoltre, considerando le percentuali di voto, il PD arretra, in media, di circa 20 punti percentuali a Bologna, Trieste e Cagliari. Quest’ultima città rappresenta, inoltre, l’unico caso in cui il supporto degli altri membri della coalizione a supporto del sindaco uscente Zedda abbia permesso al centrosinistra (PD più alleati) di aumentare il proprio bacino di voti, sia in termini percentuali che assoluti.

Muovendoci verso la parte destra dello schieramento politico, anche FI riduce il proprio consenso elettorale rispetto alle scorse europee, anche se in maniera meno rilevante rispetto al PD. Questo ovviamente dipende anche dal fatto che nel 2014 il partito di Berlusconi non ha ottenuti risultati paragonabili a quelli del PD. Nello specifico, FI perde un massimo di 35.000 voti circa a Torino, mentre la città in cui, in percentuale, diminuisce in maniera più rilevante il proprio consenso è Napoli (meno 9 punti rispetto alla percentuale dei voti raggiunta nel 2014). Al contrario, il partito di Berlusconi riesce ad allargare il proprio elettorato di più di 6.000 nuovi elettori a Milano, città dove anche il centrodestra (se considerato con la composizione attuale) accresce rispetto alle europee del 2014 il proprio bacino di voti di più di 30.000 unità.

Simili risultati sono quelli del Movimento 5 Stelle, che vede accrescere il proprio consenso in valori assoluti ed in percentuali solo a Torino, mentre vede diminuire il proprio elettorato in tutte le altre città considerate. Un risultato particolarmente negativo per il M5S è rappresentato da Napoli (dove il movimento perde quasi 48.000 voti) e Milano (dove la perdita è pari a circa 29.000 voti).

Un poker di trend positivi invece per la Lega, che in tutte le quattro città in cui si presenta accresce il proprio elettorato rispetto al 2014, con una punta di circa 17.000 voti guadagnati a Milano.

Il terzo, ed ultimo, confronto è quello con le ultime elezioni regionali. In questo caso bisogna ricordare come l’ultima tornata di elezioni regionali nelle regioni considerate non si siano svolte nello stesso periodo di tempo: nello specifico, Lombardia e Friuli Venezia-Giulia sono andate alle urne nel 2013, in Piemonte, Emilia Romagna e Sardegna le elezioni regionali si sono svolte nel 2014 e, infine, in Campania si è votato a maggio 2015. Tuttavia, poiché le elezioni regionali sono competizioni influenzate da fattori locali, il confronto di queste ultime con le elezioni comunali 2016 è particolarmente interessante per la comprensione dell’evoluzione del supporto ai principali partiti e coalizioni. A differenza di quanto osservato fino ad ora, il confronto con le ultime regionali sorride leggermente al PD: il partito di Renzi in termini assoluti accresce il proprio elettorato a Bologna, mentre non arretra, sostanzialmente, a Trieste e Cagliari. Nonostante ciò, se ci muoviamo a considerare le variazioni in termini percentuali, solo a Milano la percentuale dei votanti che hanno espresso la preferenza per il PD è maggiore nel 2016 rispetto alle scorse regionali. Nelle altre cinque città il PD perde terreno. Passando dal PD al centrosinistra, anche in questo caso c’è un arretramento in tutto il Nord, mentre il centrosinistra ha prestazioni positive solo a Cagliari e, in valori assoluti, a Bologna.

Forza Italia, in termini assoluti, mantiene i propri consensi a Trieste e Milano, mentre in valori percentuali solo la buona performance di Milano impedisce al partito di Berlusconi di perdere terreno in tutte le sei città considerate. Risultati diversi per la Lega, che anche in questo confronto guadagna terreno ovunque si presenti nel 2016 (tranne che a Bologna in valori percentuali). Un quadro più frammentato è quello che emerge dall’analisi riferita al M5S, che perde terreno a Napoli e Milano e, invece, ne guadagna a Trieste, Bologna e Torino.

Concludendo, l’analisi di questo articolo ci restituisce l’immagine di sei capoluoghi di regione che si comportano in maniera molto peculiare: le forze di governo arretrano ovunque, mentre i partiti che ottengono risultati più soddisfacenti sono quelli che si oppongono in maniera più strenua al governo: il M5S e, con risultati ancora più positivi, la Lega. Forza Italia, invece, conferma il proprio trend decrescente. In altre parole, l’incertezza di cui i leader politici hanno parlato in riferimento ai risultati a livello nazionale sembra non abitare nelle sei città sotto esame.

Tab. 1 – Il voto a Torino: partiti e blocchi politici a confronto con il passato

tableau torino

Tab. 2 – Il voto a Milano: partiti e blocchi politici a confronto con il passato

tableau milano

Tab. 3 – Il voto a Trieste: partiti e blocchi politici a confronto con il passato

tableau trieste

Tab. 4 – Il voto a Bologna: partiti e blocchi politici a confronto con il passato

tableau bologna

Tab. 5 – Il voto a Napoli: partiti e blocchi politici a confronto con il passato

tableau napoli

Tab. 6- Il voto a Cagliari: partiti e blocchi politici a confronto con il passato

tableau cagliari

Riferimenti bibliografici

Cataldi, M. e De Sio, L. (2016), ‘Radiografia di una mutazione genetica: i flussi elettorali a Torino’, /cise/2016/06/06/radiografia-di-una-mutazione-genetica-i-flussi-elettorali-a-torino/.

Chiaramonte, A. e Emanuele, V. (2016) ‘Multipolarismo a geometria variabile: il sistema partitico delle città’, /cise/2016/06/08/multipolarismo-a-geometria-variabile-il-sistema-partitico-delle-citta/.

Fabrizio, D. e Feltrin, P. (2007), ‘L’uso del voto di preferenza: una crescita continua’, in A. Chiaramonte e G. Tarli Barbieri (a cura di), Riforme istituzionali e rappresentanza politica nelle Regioni italiane, Bologna, Il Mulino, pp. 175-199.

Hix, S. e Marsh, M. (2007), ‘Punishment or Protest? Understanding European Parliament Elections’, The Journal of Politics, 69(9), pp. 495-510.

Maggini, N. (2014), ‘I risultati elettorali: il Pd dalla vocazione all’affermazione maggioritaria’, in L. De Sio, V. Emanuele e N. Maggini (a cura di), Le Elezioni Europee 2014, Roma, CISE, pp. 115-124.

Paparo, A. e Cataldi, M. (2016), ‘L’avanzata prorompente di un nuovo leader? L’analisi dei flussi a Napoli’, /cise/2016/06/06/lavanzata-prorompente-di-un-nuovo-leader-lanalisi-dei-flussi-a-napoli/.

Reif, K. and Schmitt, H. (1980), ‘Nine Second-Order National Elections – A Conceptual Framework For The Analysis Of European Election Results’, European Journal of Political Research, 8(1), pp. 3-44.

[1] Si veda l’articolo di Chiaramonte ed Emanuele (2016): /cise/2016/06/08/multipolarismo-a-geometria-variabile-il-sistema-partitico-delle-citta/.

[2] Si veda l’articolo di Cataldi e De Sio (2016): /cise/2016/06/06/radiografia-di-una-mutazione-genetica-i-flussi-elettorali-a-torino/.

[3] Si veda l’articolo di Paparo e Cataldi (2016): /cise/2016/06/06/lavanzata-prorompente-di-un-nuovo-leader-lanalisi-dei-flussi-a-napoli/.

Bruno Marino è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Politiche alla Luiss Guido Carli. I suoi interessi di ricerca comprendono partiti e sistemi di partito in prospettiva comparata, élite politiche e la personalizzazione della politica. Ha pubblicato articoli su West European Politics, Government and Opposition, Acta Politica, Electoral Studies, European Political Science Review, Regional and Federal Studies, Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica. La sua monografia, Party Leaders and their Selection Rules in Western Europe, è stata pubblicata da Routledge.
Nicola Martocchia Diodati è un data scientist e ha insegnato corsi in Metodi Quantitativi e Machine Learning in varie università. Ha ottenuto il PhD in Scienza Politica e Sociologia presso la Scuola Normale Superiore e ha pubblicato articoli su riviste come West European Politics, European Union Politics, Journal of European Public Policy, Acta Politica, Electoral Studies, European Political Science Review. Si occupa prevalentemente di metodi quantitativi, machine learning, comportamento elettorale, ed élite politiche.