Maggioranze deboli e alleati scomodi, i conti del proporzionale

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 31 maggio

La direzione del Pd ha deciso di mettere nel cassetto il Mattarellum bis, alias Rosatellum, e puntare sul modello tedesco. È il ritorno al proporzionale. È il ritorno ad un sistema in cui non saranno più gli elettori a decidere chi governa. Le coalizioni non si faranno più prima del voto, come è stato dal 1994 al 2013, ma dopo come è successo dal 1948 al 1992. È il ritorno alla prima repubblica, alle sue alchimie parlamentari e ai suoi governi deboli ed effimeri. Ripetiamolo per l’ennesima volta. Il tedesco è un sistema proporzionale. Il 100 % dei seggi viene diviso tra i partiti con una formula proporzionale. Da noi funzionerà male perché non è sostenuto dal sistema istituzionale e dalla cultura politica tedesche. Però ha delle particolarità che lo rendono interessante: la presenza di collegi uninominali e la soglia di sbarramento del 5 per cento.

La soglia è l’elemento cruciale. Come abbiamo fatto vedere domenica scorsa, con le attuali stime delle intenzioni di voto una soglia al 5% produrrebbe da noi una drastica semplificazione del sistema partitico. Solo quattro partiti sarebbero rappresentati. I “magnifici quattro” saranno divisi in due campi. Da una parte i due partiti pro-Europa. Dall’altra i due partiti anti-europei. Sarà una specie di quadriglia bipolare ma calata non nel contesto del doppio turno francese, bensì in quello proporzionale italiano. Una differenza di non poco conto. A seconda di come verrà impostata la campagna elettorale potremmo assistere a una sfida dal sapore maggioritario. Il ballottaggio cassato dalla Consulta riapparirebbe sotto forma di una sfida a un turno solo tra chi vuole l’Europa e chi no. Potrebbero vincere gli uni o gli altri. Ma la sfida non avrà la chiarezza e la decisività di quella francese.

Naturalmente Renzi e Berlusconi da una parte e Di Maio e Salvini dall’altra non diranno agli elettori che dopo il voto faranno un governo insieme. Soprattutto Renzi. Dirà che punterà a vincere, come ha detto nella recente intervista al Messaggero, ma è una finzione. Con il tedesco non si può puntare a vincere, cioè ad arrivare al 50% dei seggi. Troppa grazia Sant’Antonio. Allora tanto valeva tenersi il Consultellum con la sua soglia al 40% che consentiva di arrivare al 54 % dei seggi con meno fatica. Col tedesco si può solo puntare ad arrivare primi. E se così è, ed è così, devi pur dire agli elettori con chi farai il governo dopo il voto. In un contesto quadripolare l’alleato naturale di Renzi è Berlusconi. Quello di Di Maio è Salvini. Ma per entrambi sono alleati scomodi. Renzi non farà campagna elettorale dicendo che governerà con Berlusconi? Deve fingere. E lo stesso farà Di Maio con Salvini. Tutt’al più racconterà una altra favola, quella di un governo di minoranza del M5S appoggiato dall’esterno dalla Lega Nord. Le prossime elezioni con il tedesco saranno la fiera delle finzioni.

Ma non è detto che alla fine in Parlamento entreranno solo i “magnifici quattro”. I sistemi elettorali sono strumenti potenti. I loro incentivi spingono a fare cose che altrimenti i partiti non farebbero. Con una soglia al 5%, se i partiti alla sinistra del Pd non si coordinano rischiano di sparire. Con una soglia al 3% Bersani può rischiare di correre da solo. Con una soglia al 5% no. Lo stesso vale per Sinistra italiana e per il Campo progressista di Pisapia. Devono unirsi. Ma sappiamo bene che a sinistra l’unità è merce rara. Si uniranno per convenienza ma le divisioni resteranno, alimentate anche dal rapporto conflittuale con Renzi. Anche Alfano e la Meloni rischiano di sparire con una soglia al 5%. Il primo più della seconda. Che faranno? Al momento cercheranno di negoziare, insieme a tutti gli altri candidati alla sparizione o alla fusione, una soglia più bassa. Poi si vedrà.

Tab. 1 – Possibili coalizioni di governo in base alle attuali intenzioni di voto con il sistema tedesco in tre diverse versioni[1]cise 2

La partita sul tedesco non è ancora definitivamente chiusa. Il rischio è che si possa chiudere male. Speriamo che Renzi, pur di andare a votare subito, non accetti una soglia più bassa o un meccanismo per aggirarla. In Germania e in Nuova Zelanda (altro paese con sistema tedesco) chi vince uno o più seggi uninominali può utilizzare i suoi voti complessivi anche se sono meno del 5%. Va da sé che i piccoli partiti non possono vincere da soli nei collegi, ma potrebbero farlo se ci fossero accordi di desistenza con i partiti maggiori. È il modo in cui la soglia del 4% nella parte proporzionale del Mattarellum della Camera è stata aggirata. Da lì è passata la “proporzionalizzazione” di quel sistema che in teoria avrebbe dovuto ridurre la frammentazione, ma non lo ha fatto. L’ha sola incanalata in due coalizioni alternative.

In Germania questi trucchi non esistono. Noi ne siamo maestri. E questo è solo uno dei modi per aggirare la soglia. Perché essa funzioni veramente occorre anche che sulla scheda elettorale i partiti si presentino come liste singole e non come insiemi di liste pronte a scindersi il giorno dopo il voto. E soprattutto occorre che vengano riformati i regolamenti parlamentari per impedire la formazione di gruppi parlamentari che non corrispondono alle formazioni politiche che si presentano alle elezioni.

Insomma se ritorno al proporzionale deve essere, che almeno lo si faccia tenendo ferma la barra della semplificazione del sistema politico. Possiamo crederci? O la stessa riforma elettorale sarà una finzione?


[1] Le intenzioni di voto utilizzate sono state calcolate facendo la media di 5 sondaggi pubblicati la scorsa settimana.

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.