Chi vince e chi perde con il rebus proporzionale

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 7 giugno

A differenza di quanto pensano in molti è relativamente semplice capire quale sarà l’esito delle prossime elezioni con il sistema elettorale in gestazione. L’unica incognita è rappresentata dalla soglia di sbarramento. (pestkill.org) Quanti partiti la supereranno? Sulla base dei dati di oggi solo quattro. Con quelli di domani potrebbero essere al massimo sette. Il confronto simulato tra questi due scenari ci dice parecchie cose.

Se si esclude una maggioranza del fronte populista (M5s e Lega) e si assume che il movimento di Beppe Grillo continui a essere indisponibile a fare alleanze, qualunque coalizione di governo deve includere Pd e Forza Italia. Questi due partiti sono condannati a stare insieme. In altri termini, Silvio Berlusconi sarà indispensabile, e forse non basterà. Per lui il sistema tedesco è una manna. È inutile che lui da una parte ed Ettore Rosato (capogruppo Pd) dall’altra, facciano interviste per escludere questa ipotesi. O che Romano Prodi, Walter Veltroni e tutti i nostalgici dell’Ulivo cerchino di scongiurarla richiamandosi ai bei tempi andati. La realtà – o meglio la verità – è un’altra.

Un governo Pd-Fi è più probabile in uno scenario a quattro partiti, grazie ai voti dispersi e quindi all’effetto maggioritario della soglia. Ma saranno determinanti di nuovo, come nel 2006, gli eletti della circoscrizione estero, oltre a trentini e altoatesini. In ogni caso maggioranza fragile.

Tab. 1 – Distribuzione dei seggi in base alla legge elettorale in discussionesimulazione base

In uno scenario a sette è praticamente certo che Pd e Fi non arriveranno alla maggioranza assoluta. Avranno bisogno di Angelino Alfano o di Giuliano Pisapia con Mdp. E non è detto che basti. I dati di oggi dicono di no. Più probabile che debbano mettersi tutti insieme da Pisapia ad Alfano per fare un governo che assomiglierà a una specie di “arco costituzionale in chiave europea” per arginare il fronte populista. Dall’anti-comunismo all’anti-populismo.

Con questo sistema proporzionale e la presenza ingombrante del M5s una maggioranza di centrosinistra o una maggioranza di centrodestra appartengono al libro dei sogni. Insieme Pd e la sinistra di Pisapia-Mdp non possono arrivare al 50% dei seggi.

Tab. 2 – Simulazione corretta per far arrivare al 5% Pisapia, Alfano e Melonisimulazione a7

Anche se Pisapia arrivasse al 10% un governo con il Pd sarebbe impossibile. Il modello Milano a livello nazionale non funziona. A meno di non immaginare un (improbabile) straordinario successo di Matteo Renzi. Stessa situazione nel centrodestra. Anche se Berlusconi arrivasse al 21% dei voti, come nel 1994, non riuscirebbe a fare un governo con la Lega e Fdi. Oggi il suo partito viene stimato intorno al 13 per cento. C’è qualche buontempone che pensa che possa arrivare al 37% del 2008? Se c’è , si vada a vedere la percentuale della Lega di allora. Con i dati di oggi, e cioè la Lega Nord sopra il 10% e il M5s sopra il 20%, non è possibile che Fi possa tornare ai fasti di una volta e arrivare al 50% dei seggi con i suoi alleati del centrodestra.

In uno scenario a quattro partiti non si può escludere del tutto che il fronte populista, M5s e Lega Nord, possa arrivare alla maggioranza assoluta. Resta un’ipotesi debole, ma le probabilità non sono zero. Quello che rende un pochino più probabile questo esito è il fatto che gli elettori che voteranno M5s o Lega Nord o Fdi non avranno consapevolezza che l’esito del loro voto potrebbe essere una maggioranza assoluta a favore di questi partiti. Nel caso francese la scelta tra Macron e Le Pen era visibile e chiara. Con un sistema come questo non lo è. In ogni caso questi due partiti oggi valgono circa il 40% dei voti/seggi. Questo dato condiziona pesantemente la formazione dei futuri governi.

In conclusione, fare un governo dopo il voto sarà un rebus. Entreremo in una fase di grande incertezza. Maggioranze fragili e eterogenee. Qualcuno pensa che in fondo non sia un grosso problema. Sopravvivere senza governare è stata la nostra specialità in passato e forse continuerà ad esserlo in futuro. Mercati e Unione europea permettendo. Cosa potrebbe cambiare il quadro delineato fin qui e le conclusioni che ne abbiamo tratto? Solo una cosa: la disgregazione del M5s. Di certo, non qualche punto in più o in meno al Pd, a Fi o agli altri partiti. Piccoli spostamenti di voti non spostano nulla. È il proporzionale, bellezza!

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.