Dal dilemma del porcospino ad un modello di proporzionale razionalizzata

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa interessante proposta di riforma elettorale. Si tratta di un proporzionale corretto. La correzione consiste nella previsione di meccanismi volti a sovrarappresentare i partiti più votati, garantendo comunque una rappresentanza parlamentare a tutti i partiti, anche i più piccoli. Per queste ragioni, appare una proposta particolarmente ragionevole e apprezzabile. (fernandez-vega.com) Buona lettura!


La rubrica “il CISE ospita” è dedicata ad analisi che riceviamo da studiosi esterni al CISE, e che contribuiscono ad arricchire le nostre riflessioni.

Agostino Attanasio (1950) si è laureato in Filosofia  presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”(1974) ove ha poi conseguito il diploma di specializzazione della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari. Dal 1979 nell’amministrazione dei beni culturali, ha diretto gli archivi di Stato di Rieti, Latina, L’Aquila, Livorno e, dal 2009 al 2014, l’Archivio Centrale dello Stato.


 1. Rappresentatività e governabilità. Le molte proposte di legge elettorale proliferate dopo il referendum del 4 dicembre e la sentenza della Corte costituzionale n. 35 del 2017 sull’Italicum hanno interessato quasi tutti i diversi elementi che definiscono un sistema elettorale: i tipi di collegio (uninominale o plurinominale), i criteri di assegnazione dei seggi a partire dai voti ottenuti (maggioritario o proporzionale), l’ammissione di singole liste o di coalizioni alla distribuzione dei seggi, le soglie di sbarramento, l’ampiezza delle circoscrizioni e/o dei collegi. Molte di quelle proposte condividono l’esigenza di corrispondere ai fondamentali principi della rappresentatività e della governabilità, contemperandoli in un sistema equilibrato ed efficace.

2. Coalizioni: sì o no? La sentenza della Corte costituzionale ha ritenuto legittima l’assegnazione del premio di maggioranza alla lista che prende più voti e che ottenga almeno il 40% dei suffragi. Poiché, tuttavia, dai più recenti sondaggi non sembra probabile che alcuna delle forze politiche possa ottenere quel risultato, sempre più spesso e con sempre maggiore insistenza viene prospettata l’idea che possano essere (anche) le coalizioni i soggetti della competizione elettorale e che siano assegnati loro il premio di maggioranza o altri premi di governabilità. Anche la proposta che qui viene delineata intende favorire il più possibile il raggruppamento in un’unica formazione delle forze politiche affini, ma non contempla la possibiltà di ammettere le coalizioni. Come ha infatti evidenziato la storia politica degli ultimi venticinque anni, le coalizioni non garantiscono affatto quella governabilità che ne motiva la nascita: una volta che il meccanismo di assegnazione dei seggi abbia loro assicurato la vittoria, o un buon numero di seggi, ognuna delle forze politiche che le compone tende infatti ad agire in piena autonomia e a far prevalere il proprio interesse particolare rispetto a quello della coalizione medesima. Com’è possibile dunque favorire e incentivare il raggruppamento delle forze politiche affini escludendo tuttavia la formazione delle coalizioni?

3. Una precisazione. Intanto una precisazione ovvia ma opportuna: tralasciando l’ipotesi, certamente incostituzionale, di un sistema elettorale che assegni la maggioranza dei seggi al partito che a livello nazionale ottiene più voti senza che il premio di maggioranza sia condizionato ad una percentuale minima di consensi, ed escludendo altresì il meccanismo del ballottaggio, ritenuto inammissibile dalla Corte costituzionale, nessun diverso congegno elettorale garantisce di per sé la governabilità (come confermano da ultimo le recenti elezioni in Gran Bretagna, a dispetto del sistema “maggioritario” in vigore).

4. Il dilemma del porcospino. La proposta qui delineata trae qualche ispirazione dal dilemma del porcospino di Schopenhauer: qual è il punto d’equilibrio tra il beneficio che in una fredda giornata due porcospini traggono dal riscaldarsi stando vicini e la sofferenza che essi, stando troppo vicini, si infliggono reciprocamente a causa degli aculei? Ossia: dove troveranno il loro punto di equilibrio due soggetti politicamente affini ma con un proprio profilo identitario? Lo troveranno nel fondersi in un’unica lista elettorale o nel conservare e tutelare le reciproche diversità, rinviando magari alle trattative post-elettorali la definizione di una comune azione politica o di eventuali accordi di governo? E quale meccanismo elettorale ricrea quel clima di freddo intenso che spinge i due porcospini ad avvicinarsi il più possibile e due soggetti politici, affini ma diversi, a fondersi in un’unica lista?

5. Dinamismo centripeto. La soluzione può forse trovarsi in un meccanismo che, senza prevedere le coalizioni, introduca nel sistema politico un dinamismo centripeto che coinvolga tutte le forze politiche e le solleciti ad unirsi, per quanto possibile ed entro i limiti in cui ogni soggetto non tema di perdere la propria identità. Un meccanismo che coinvolga sia le forze che ambiscono a governare, sia quelle intermedie che vogliano comunque condizionare con il proprio peso la politica nazionale, sia quelle meno consistenti che ritengono di salvaguardare la propria identità senza escludere tuttavia eventuali alleanze o, magari, una battaglia d’opposizione di dignitosa testimonianza.

6. Un nuovo fattore di calcolo: la posizione delle liste nella graduatoria elettorale e i coefficienti correttivi. Quale meccanismo corrisponde meglio a questo obiettivo? Un meccanismo che:

  • a) introduca quale nuovo fattore di calcolo per l’attribuzione dei seggi la posizione che ogni lista, sulla base dei voti ottenuti, viene ad occupare in una graduatoria elettorale disposta in ordine decrescente, con la lista più votata in alto e quella di minore consistenza in basso;
  • b) rappresenti i voti popolari di ciascuna lista quali segmenti e li disponga, nella medesima successione della graduatoria elettorale, l’uno di seguito all’altro lungo un segmento rappresentativo dei voti validi;
  • c) suddivida in porzioni il segmento dei voti validi e preveda per ognuna di esse coefficienti correttivi del voto popolare che progressivamente favoriscano le liste più votate (che occupano una posizione più alta nella graduatoria) e penalizzino quelle meno votate (che occupano una posizione più bassa nella medesima graduatoria), senza tuttavia stabilire alcuna soglia di sbarramento.

In tal modo, nel calcolare i seggi da attribuire, risultano particolarmente decisivi non sono solo la quota di voti ottenuti, ma altresì il risultato complessivo che ogni lista consegue in rapporto a tutte le altre, quello che uno sportivo chiamerebbe il “piazzamento” di ogni lista al termine della competizione elettorale. E’ presumibile, pertanto, che nella speranza di occupare una posizione favorevole, o almeno poco sfavorevole, le forze politiche affini siano spinte a presentarsi sotto lo stesso simbolo allo scopo di ottenere il miglior piazzamento possibile, arginando così, per quanto possibile, quel processo di frammentazione che il proporzionale puro non riuscirebbe a fermare.

7. Osservazione incidentale. Le soglie di sbarramento tradiscono, sempre, il principio della rappresentatività determinando l’esclusione dal parlamento di liste votate da centinaia di migliaia, se non da milioni, di elettori (si pensi all’esclusione, del tutto possibile, di tre liste che sfiorano il 3% dei voti). Se le soglie sono poi piuttosto alte, esse rischiano altresì di irrigidire il sistema politico, restringendo il gioco parlamentare alle liste maggiori, quelle che hanno un più forte interesse ad essere concorrenziali a tutte le altre e a rafforzare i propri caratteri identitari, rendendo così particolarmente difficoltose quelle alleanze post-elettorali spesso necessarie per costituire un governo. Infine, l’introduzione delle soglie di sbarramento, preannunciando la discesa all’inferno e la scomparsa di una rappresentanza parlamentare di forze che talvolta hanno una nobile tradizione o un insediamento locale non trascurabile, avvelenano la dialettica politica: inutilmente, ché sarebbe forse sufficiente, ai fini di una efficace distribuzione dei seggi, riconoscere loro una presenza in parlamento che non ne decapiti la classe dirigente.

8. Il meccanismo. In particolare, il meccanismo elettorale che qui si propone può essere chiarito come segue:

  • a) data la serie X di n segmenti (A-X1, X1-X2,  X2-X3,  X3-Xn , Xn-X), ognuno relativo ad una singola lista e di misura pari alla percentuale dei voti popolari ottenuti dalla lista cui esso si riferisce (c.d. segmenti-lista);
  • b) dato il segmento dei voti validi A-X, risultante dalla somma dei segmenti-lista adiacenti posti in successione descrescente, con il segmento di misura maggiore avente origine nel vertice A e il segmento minore con l’estremo nel vertice X (c.d.: segmento-votivalidi);
  • c) si suddivide il segmento dei voti validi A-X in n porzioni, anche di misura differente, ottenendo la serie Y di n segmenti (A-Y1, Y1-Y2,  Y2-Y3,  Y3-Yn , Yn-X) (segmenti-coefficiente) ad ognuno dei quali il meccanismo di calcolo dei seggi assegna un diverso e progressivo coefficiente correttivo dei voti popolari (coefficienti C1, C2, C3, Cn,  Cx rispettivamente per i segmenti A-Y1,  Y1-Y2,  Y2-Y3,  Y3-Yn , Yn-X);
  • d) si applicano ai voti popolari della lista, o delle liste, che ricadono entro ciascun segmento della serie Y i relativi coefficienti correttivi.

9. Condizioni. Per rendere efficace il meccanismo elettorale, i valori dei coefficienti dovranno essere particolarmente incisivi sia nella parte alta della graduatoria, conferendo quindi una sorta di premio di governabilità alla lista più votata, sia nella parte bassa, ove una articolata graduazione dei coefficienti potrà relegare al ruolo di semplice testimonianza politica le liste che ottengono meno voti.

Inoltre, fermo restando che la somma algebrica dei coefficienti dovrà essere uguale a 1, essi dovranno comunque evitare che una lista che ottenga meno del 40% dei voti possa avere la maggioranza assoluta dei seggi. Per il resto, sia il numero delle porzioni in cui si suddivide la graduatoria elettorale, e il conseguente numero di coefficienti, sia la loro grandezza, sono naturalmente oggetto di valutazione politica.

10. Grandezza delle porzioni e peso dei coefficienti. Ipotesi 1. A titolo di esempio, non del tutto teorico, si fornisce qui di seguito una particolare esemplificazione sia della grandezza delle porzioni in cui suddividere il segmento-votivalidi, sia il peso dei coefficienti di ciascuna porzione.

  • a) Il segmento-votivalidi A-X viene suddiviso in sette porzioni, ottenendo i segmenti-coefficiente A-Y1, Y1-Y2, Y2-Y3, Y3-Y4 , Y4-Y5, Y5-Y6, Y6-X, delle seguenti grandezze e pesi. (clicca sull’immagine per ingrandirla). 

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  • b) In questo caso è soddisfatta, innanzi tutto, la condizione che evita l’attribuzione della maggioranza assoluta dei seggi alla lista che abbia ottenuto meno del 40% dei voti: una lista con il 39,99% dei voti popolari avrebbe infatti il 49,989% dei seggi. (clicca sull’immagine per ingrandirla).

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  • c) Inoltre, pur senza prevedere alcuna soglia di sbarramento, risultano particolarmente penalizzate le liste che si posizionano alla fine della graduatoria: per le liste che ricadono nell’ultimo segmento, che ha una grandezza del 5%, il peso dei voti popolari è ridotto infatti ad un quinto.
  • d) I risultati complessivi della esemplificazione sono esposti nella seguente simulazione. (clicca sull’immagine per ingrandirla).

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11. Grandezza delle porzioni e peso dei coefficienti. Ipotesi 2. Il meccanismo consente, come s’è detto, di variare la grandezza delle porzioni del segmento-votivalidi e il peso dei relativi coefficienti. Una seconda ipotesi assume dall’Italicum che almeno il 40% determini l’assegnazione della maggioranza dei seggi (340). E’ pertanto ragionevolmente sostenibile che il 40% dei voti (meno un voto) possa conferire il 50% dei seggi dell’arena nazionale, ossia 303 seggi. In questo caso, sarebbe sufficiente prevedere cinque classi di coefficienti: il primo 40% dei voti popolari (meno un voto) avrebbe il peso dell’1,25, il secondo scaglione, ancora del 40%, avrebbe una rappresentanza perfettamente proporzionale ai voti popolari (peso: 1) mentre gli ultimi tre ripeterebbero le grandezze e i pesi dell’ipotesi 1.

  • a) Dunque: (clicca sull’immagine per ingrandirla)

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  • b) Riprendendo l’esempio dei voti di lista di cui al punto 10.d, risulterebbe: (clicca sull’immagine per ingrandirla).

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  • c) E riprendendo il sondaggio di cui al punto 10.e: (clicca sull’immagine per ingrandirla).

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12. Conclusioni. La proposta ora abbozzata dà per acquisiti una serie di elementi che in questa sede non si è ritenuto di esplicitare. Tra tutti, la preferenza per i collegi plurinominali, il riferimento al proporzionale e, soprattutto, l’idea che alla ripartizione proporzionale dei seggi possano essere introdotti correttivi per favorire la governabilità, com’è nell’Italicum e come emerge dal premio di governabilità del 10% dei seggi che Cuperlo propone di assegnare alla lista più votata. In questo senso, la proposta generalizza il principio dei correttivi alla ripartizione proporzionale estendendone l’applicazione sia verso l’alto, ove i seggi vengono aumentati, sia verso il basso, ove essi sono diminuiti.
In sintesi, la proposta intende:

  • – favorire il più possibile l’unificazione di forze diverse nella medesima lista;
  • – evitare la formazione delle coalizioni, rivelatesi molto spesso semplici aggregazioni elettorali;
  • – affidare alle stesse forze politiche la valutazione della convenienza di unirsi nella medesima lista o di conservare la propria specifica identità, anche a costo di conseguire una rappresentanza parlamentare nettamente inferiore alla quota dei voti popolari ottenuti.
Agostino Attanasio si è laureato in Filosofia con 110/110 e lode presso l'Università degli studi di Roma (1974). Ha conseguito il diploma della Scuola di Archivistica, paleografia e Diplomatica dell'Archivio Centrale di Bologna (1981). Diploma della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari dell'Università La Sapienza di Roma con votazione 70/70 e lode. Ha diretto l'Archivio di Stato di Rieti, di Latina, dell'Aquila, di Livorno e, dal 2009 al 2014, l'Archivio Centrale dello Stato.