Regionali nel Lazio: l’effetto Zingaretti e le divisioni del centrodestra

Il rinnovo del consiglio e della giunta regionale nel Lazio si sono svolte in concomitanza alle elezioni politiche, fornendoci l’opportunità di osservare l’eventuale collegamento tra queste due arene all’interno della regione. Già nel 2013, gli elettori laziali avevano dato prova di saper distinguere tra questi due ambiti e di scegliere sulla base di criteri diversi (Carrieri 2013). La tornata elettorale del 2018 ha largamente confermato questa tendenza e i differenziali in termini di voti assoluti e percentuali tra le elezioni regionali e politiche sono stati intensi. In primo luogo, il M5S ha dimostrato una minore competitività in ambito regionale, perdendo più di 400.000 rispetto alle elezioni politiche, dove ha ottenuto il 33% dei voti validi. Pur rimanendo il primo partito del Lazio, il risultato dei grillini alle elezioni regionali è stato nettamente inferiore al dato della Camera dei Deputati. Infatti, la differenza in punti percentuali è stata di -10,9 e la dinamica della competizione regionale ha sfavorito il M5S, mostrando una maggiore resilienza delle due tradizionali coalizioni: il centrodestra ed il centrosinistra. Deve comunque essere sottolineata l’ottima prestazione della candidata presidente, Roberta Lombardi, che ha ottenuto un surplus di voti rispetto al voto circoscrizionale del M5S. Pur aumentando i voti rispetto alle elezioni regionali del 2013, il M5S potrebbe aver scontato la difficile incumbency nella capitale, governata dalla sindaca penstastellata, Virginia Raggi, non riuscendo ad accreditarsi come un’alternativa credibile rispetto alla coalizione guidata da Nicola Zingaretti.

Anche il centrosinistra ha marcato un importante differenziale tra i due ambiti, dove il presidente uscente, Nicola Zingaretti, sembra aver avuto un effetto traino per l’intera coalizione. Infatti, il PD ha dimostrato un andamento molto negativo alle elezioni politiche nel Lazio, dove il partito è sceso al di sotto della soglia critica del 20% ed i suoi alleati hanno avuto un risultato molto deludente (4,1%) nel loro complesso. Al contrario, i PD è risalito a quota 21,2% alle elezioni regionali, tamponando le ingenti perdite subite. Inoltre, gli alleati del PD, che hanno incluso anche LEU, hanno ottenuto il 12,9% dei voti validi. Se paragoniamo questo dato con quello delle politiche, il differenziale è di circa 200.000 voti assoluti e di +11,4 punti percentuali. La coalizione a sostegno di Zingaretti ha probabilmente raccolto gli incentivi strategici insiti alla costruzione di un’alleanza più ampia, assumendo una configurazione maggiormente competitiva. Ad ogni modo, la candidatura di Nicola Zingaretti è stato il fattore più importante, che ha permesso al centrosinistra di mantenere il governo della regione. Infatti, l’intero centrosinistra è stato sopravanzato dal centrodestra nel voto di lista, mentre Zingaretti ha prevalso su Parisi nel voto per i candidati alla Presidenza. La performance personale di Nicola Zingaretti è stata molto significativa, marcando un differenziale tra voto al Presidente e voto circoscrizionale di circa 150.00 voti. Il presidente uscente ha probabilmente saputo difendere i risultati delle sua giunta, che sono stati trasformati in un risorsa a livello politico, anche se non ha saputo frenare le perdite elettorali rispetto alle precedenti regionali.

A dispetto della propria sconfitta, il centrodestra non ha ottenuto un risultato negativo a livello di coalizione. Infatti, il centrodestra guidato da Parisi è riuscita recuperare rispetto al risultato delle regionali 2013 ed ha, grossomodo, mantenuto inalterate le posizioni raggiunte alle elezioni politiche. La grande novità è stata l’affermazione della Lega, che era stata sempre irrilevante nelle precedenti consultazioni all’interno del Lazio. Al contrario, la formazione di Salvini è diventato il primo partito del centrodestra laziale, raggiungendo la doppia cifra anche alle elezioni regionali. Il partito perdente è stato FI, che si attestato ben al di sotto del 20% ottenuto nel 2013, venendo sopravanzato dalla Lega alle elezioni politiche. Sebbene, la performance del partito di Berlusconi sia stata leggermente superiore a quello di Salvini alle regionali, FI sembra avere perso la propria posizione egemonica all’interno del centrodestra laziale. Infine, FDI-AN ha probabilmente raccolto l’eredità di AN, il partito post-fascista, ed ha quasi triplicato i suoi consensi all’interno del Lazio, raggiungendo l’8% dei voti validi sia alle regionali che alle politiche. Nonostante le buone performance dei due partiti sovranisti nel Lazio, il centrodestra non è riuscita a riconquistare il governo della regione. Infatti a dispetto di una quota maggiore di voti a livello di lista, dove il centrodestra ha staccato il centrosinistra di quattro punti percentuali, il candidato presidente, Stefano Parisi, è stato battuto da Zingaretti. Tra le ragioni di questa sconfitta, ne possiamo annoverare diverse: da un lato, il minor appeal di Parisi rispetto a Zingaretti, che potrebbe non essere riuscito a spiegare del tutto la propria candidatura, dato il suo precedente impegno nel Comune di Milano, dove era stato il candidato sindaco. D’altro canto, la destra laziale ha subito una rilevante spaccatura, ad opera del sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi. Pirozzi, ottenendo 150.000 voti come candidato presidente, sembrerebbe aver drenato da Parisi un serbatoio di voti decisivi, condannando l’intero centrodestra alla sconfitta.

Tab. 1 – I risultati elettorali del 2018 nel Lazio, confronto con il 2013 (clicca per ingrandire)LAZIO

Le elezioni regionali nel Lazio non solo hanno marginalizzato il primo partito Italiano, il M5S, ma hanno anche ribaltato un altro importante schema nazionale. Infatti nel Lazio, il centrosinistra guidato da Zingaretti, è stato in grado di rimobilitare una parte intensa dell’elettorato del centrosinistra, allargando le basi politiche del proprio blocco politico, attraverso la costruzione di una coalizione più ampia. Alle elezioni politiche, il PD di Renzi non ha avuto la stessa capacità e, di conseguenza, il blocco di centrosinistra si è fermato al 22% dei voti validi, mentre ha raggiunto il 34,1% alle regionali. Al contrario, il centrodestra, che è riuscito a costruire una coalizione efficace alle elezioni politiche, non è stato in grado a coalizzare tutte le sue componenti in ambito regionale, escludendo la coalizione di Pirozzi. Infine, il M5S è stato un competitor meno credibile a livello regionale, che rimane l’unica arena competitiva in cui non ha sfondato elettoralmente. Eppure il partito guidato da Luigi Di Maio si può consolare con il risultato delle politiche, dove si conferma il primo partito. In sintesi, la principale indicazione strategica è indirizzata al centrosinistra, che laddove riesce a federare tutte le sue anime e componenti, è capace di essere più competitivo. Nonostante ciò, trasferire questi incentivi dal livello regionale a quello nazionale appare ancora prematuro per il centrosinistra, che ha scontato profonde lacerazioni interne, superate attraverso le capacità del presidente uscente, che si è dimostrato un abile coalition-maker.

Riferimenti bibliografici

Carrieri, L. (2013), ‘Le elezioni nel Lazio’, in De Sio, L., Cataldi, M., e De Lucia, F. (a cura di), Le Elezioni Politiche 2013, Dossier CISE(4), Roma, Centro Italiano Studi Elettorali, pp. 161-164.


NOTA: Nella parte superiore della tabella sono presentati i risultati al proporzionale; nella parte inferiore si usano i risultati maggioritari (per le regionali).

Sinistra è la somma dei risultati ottenuti da candidati (regionali) o partiti (politiche) di sinistra ma non in coalizione con il PD;

il Centro-sinistra somma candidati (regionali) del PD o le coalizioni (politiche) con il PD;

Il Centro è formato da candidati (regionali) o coalizioni (politiche) sostenuti o contenenti almeno uno fra NCI, UDC, NCD, FLI, SC;

il Centro-destra somma candidati (regionali) sostenuti da FI (o PDL) o coalizioni (politiche) contenenti FI (o PDL);

la Destra è la somma di candidati (regionali) sostenuti, contro FI/PDL, da Lega, FDI, La Destra, FN, FT, CasaPound, o coalizioni (politiche) contenenti almeno uno di questi. Pirozzi è stato inserito in questa voce, così come le liste a suo sostegno nella parte superiore della tabella.

Criteri per l’assegnazione di un candidato a un polo: se un candidato è sostenuto dal PD o dal PDL (o FI) è attribuito al centro-sinistra e al centro-destra rispettivamente, a prescindere da quali altre liste facciano parte della coalizione a suo sostegno. Se un candidato è sostenuto solo da liste civiche è un candidato civico. Se una coalizione è mista civiche-partiti, questi trascinano il candidato nel loro proprio polo se valgono almeno il 10% della coalizione, altrimenti il candidato resta civico. Se un candidato è sostenuto da partiti appartenenti a diverse aree (escludendo PD e PDL che hanno la priorità), si valuta il relativo contributo dei diversi poli alla coalizione del candidato per determinarne l’assegnazione (al polo che pesa di più).

Luca Carrieri è dottorando di ricerca presso la Luiss Guido Carli e attualmente sta svolgendo un periodo di visiting presso University of Houston. I suoi principali interessi sono i mutamenti organizzativi dei partiti ed i comportamenti di voto in Italia e in Europa. Ha recentemente collaborato ai dossier CISE, “Le Elezioni Politiche 2013” e “Le Elezioni Europee del 2014” e con “Astrid rassegna”.