A Napoli il M5S supera il 50% con ingressi da tutte le direzioni

Le elezioni politiche del 4 marzo a Napoli hanno visto uno straordinario successo del M5S. Nel comune partenopeo, i candidati targati Movimento hanno raccolto complessivamente oltre il 50% dei voti validi (Tab. 1). Confrontando questo dato con quello del 2013, l’avanzata del M5S appare davvero incredibile: ha più che raddoppiato il proprio risultato elettorale, sia in termini percentuali sui voti validi, sia nei valori assoluti.

Si tratta, peraltro, di un risultato particolarmente eclatante in quanto inatteso alla luce anche dei più recenti risultati elettorali nel capoluogo campano, che non avevano mostrato una crescita del Movimento dopo il 2013, quanto il progressivo rafforzamento della leadership del sindaco De Magistris. È vero che alle Europee del 2014 il Movimento era cresciuto a Napoli di un paio di punti rispetto alle politiche, contrariamente a quanto avvenuto nel resto del paese. Ma dopo di allora non era apparso affatto brillante né alle regionali del 2015, né alle comunali dell’anno seguente. In nessuno dei due casi, il Movimento era riuscito a piazzarsi fra i primi due, penalizzato forse anche dalla competizione maggioritaria per l’elezione del vertice del governo (regionale e comunale). Alle comunali di due anni fa, il suo candidato era addirittura giunto quarto, con meno del 10% dei voti.

La presenza dell’enfant du pays Luigi Di Maio come candidato al governo del paese può avere giocato un ruolo nel determinare un così marcata avanzata del partito da lui guidato. Non dobbiamo dimenticare come la presenza di Di Maio come capo politico del Movimento abbia rappresentato la prima volta di un meridionale candidato (seppur indirettamente) alla guida del governo per una delle forze competitive per la vittoria da quando, nel 1994, si è inaugurata la stagione dell’investitura popolare a Palazzo Chigi per il capo della coalizione vincente le elezioni. Nel centrodestra il candidato è stato sempre il milanese Berlusconi, fino a questo 2018 quando è stato sostituito dal concittadino Salvini e dai romani Tajani e Meloni quali potenziali premier. Nel centrosinistra si sono succeduti Occhetto (Torino), Prodi (Bologna), Rutelli (Roma), Veltroni (Roma), e Bersani (provincia di Piacenza). Nel 2013, quando si incrinò il bipolarismo, il M5S aveva il genovese Beppe Grillo come capo della coalizione, e a completare il quadro c’era il milanese Monti. Nessuno, dunque, a sud di Roma. Fino a Di Maio. Si tratta di un elemento che forse non è stato messo sufficientemente in risalto nell’interpretazione dell’eccezionale risultato elettorale conseguito al Sud dal M5S – non a caso, forse, con il proprio risultato migliore proprio in Campania (il 49,8%). A conferma della notevole partecipazione dell’elettorato napoletano alle sorti di queste elezioni politiche possiamo leggere un altro dato sorprendente mostrato dalla Tabella 1: l’aumento (seppur minimo) dell’affluenza, che passa dal 60,1% del ’13 al 60,5%.

Di fronte a questa irresistibile avanzata del Movimento, tutte le altre forze politiche fanno registrare un arretramento. Il centrodestra, che cinque anni fa era prima coalizione nel comune di Napoli, con un vantaggio davvero minimo sul centrosinistra, lascia sul terreno 8 punti, scendendo dal 30,3% al 23,3%. Forza Italia arretra di quasi 10 punti, mentre fanno segnare delle modeste avanzate sia la Lega che FDI.

Ancor più marcato il calo del centrosinistra, che, complice anche la diminuzione del numero di elettori del comune di Napoli, ha quasi dimezzato il proprio totale di voti, passando da 135.000 a 76.000. In termini percentuali si tratta di un calo che sfiora i 13 punti, con il solo PD in calo di oltre 10.

Tab. 1 – Risultati elettorali a Napoli, 2013 e 2018risultati

Alla luce di questo incredibile ribaltamento del risultato, che ha portato il M5S dall’essere la terza forza nel 2013, ad avere ricevuto il 4 marzo più voti di centrosinistra e centrodestra messi insieme, è rilevante comprendere quali spostamenti di elettori lo abbiano determinato. Abbiamo quindi stimato i flussi elettorali del comune di Napoli fra le elezioni politiche del 2013 e quelle del 2018.

Come possiamo osservare nella Tabella 2, quote rilevanti e curiosamente simili di tutti i bacini elettorali del 2013 si sono riversate sul M5S lo scorso 4 marzo. In particolare, hanno scelto il Movimento il 4 marzo un quinto di quanti avevano allora votato la coalizione guidata da Bersani, un quinto di quanti avevano scelto i partiti del centrodestra cinque anni fa, e un quinto di coloro che non avevano votato nel 2013. L’unica eccezione è l’elettorato di Monti, per il quale il voto al Movimento non è stata una opzione.

I flussi indicati significano che un elettore napoletano su 11 ha votato il M5S il 4 marzo dopo essersi astenuto nel 2013, uno su 26 aveva votato Bersani, uno su 29 Berlusconi. Complessivamente, la quota di astensionismo intermittente a Napoli sfiora il 10% dell’elettorato, molto simile, seppur di poco inferiore, a quella massima osservata a Reggio Calabria.

La Tabella 2 mostra come, anche in virtù di forti defezioni verso il non voto, i tassi di fedeltà per gli elettorati delle due ex poli del bipolarismo italiano non raggiungano il 50%: 49% per il centrodestra, addirittura il 39% per il centrosinistra. Si tratta per entrambi dei valori minimi fra tutti i casi che abbiamo analizzato, inferiore anche a quelli di Cagliari e Rimini per il centrosinistra, per la prima volta al di sotto di quota 50% per il centrodestra (anche se non molto inferiore a quelli osservati in altre città meridionali).

Addirittura, la nostra analisi mostra come il centrosinistra 2018 sia stato più appetibile per l’elettorato 2013 di Monti (il 43% lo ha votato, contro il 36% che ha scelto il centrodestra), di quanto non lo sia stato per chi cinque anni fa votò Bersani. Questo singolare fenomeno lo avevamo già evidenziato a Torino.

Tab. 2 – Flussi elettorali a Napoli fra politiche 2013 e 2018, destinazioni (clicca per ingrandire)dest

Guardando ora alla Tabella 3, possiamo capire come siano composti gli attuali elettorati dei diversi partiti a Napoli, in termini di bacini elettorali del 2013. Naturalmente, il caso più interessante è quello del M5S. Il 40% dei suoi elettori del 4 marzo lo aveva già votato cinque anni fa. Il 30% si era invece astenuto. Porzioni molto simili, pari circa a un ottavo del totale, provengono dalle due coalizioni di centrosinistra e centrodestra.

Per quanto riguarda Forza Italia, i tre quarti dei suoi elettori lo erano già nel 2013, un ottavo avevano votato Monti, e nessun altro ingresso è significativo. Venendo infine al PD, mostra la composizione ormai consueta: circa il 70% dal bacino di Bersani, il 20% da quello di Monti, il resto da Berlusconi.

Tab. 3 – Flussi elettorali a Napoli fra politiche 2013 e 2018, provenienze (clicca per ingrandire)prov

Il diagramma di Sankey visibile sotto (Figura 1) mostra in forma grafica le nostre stime dei flussi elettorali a Napoli. A sinistra sono riportati bacini elettorali del 2013, a sinistra quelli del 2018. Le diverse bande, colorate in base al bacino 2013 di provenienza, mostrano le transizioni dai bacini 2013 a quelli 2018. L’altezza di ciascuna banda, così come quella dei rettangoli dei diversi bacini elettorali all’estrema sinistra e destra, è proporzionale al relativo peso sul totale degli elettori. Dall’immagine si evince la straordinaria capacità d’attrazione del M5S, che è formato da bande di tutti i colori. Certo quella gialla dei suoi elettori 2013 è la più grande, ma quasi un terzo dei suoi voti 2018 provengono da astenuti del 2013, e un quarto, poi, dalle due ex coalizioni principali – in misura pressoché identica.

Fig. 1 – Flussi elettorali a Napoli fra politiche 2013 (sinistra) e 2018 (destra), percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)sankey

Concludendo, possiamo dire che la nostra analisi dei flussi elettorali nel capoluogo campano ci ha permesso di comprendere quali movimenti di elettori abbiano contribuito all’eccezionale successo del M5S. In particolare, abbiamo potuto evidenziare i forti ingressi dal non voto e quelli simmetrici dai due poli. Di contro, abbiamo riscontrato i più bassi tassi di fedeltà per i bacini 2013 di Berlusconi e Bersani. Per quest’ultimo è stato così basso (39%) da risultare inferiore alla porzione di elettori di Monti ad avere votato il centrosinistra.

Riferimenti bibliografici

Borghese, S., e Mezzio, F. (2015), ‘In Campania De Luca consuma la propria vendetta’, in Paparo, A., e Cataldi, M. (a cura di), Dopo la luna di miele: Le elezioni comunali e regionali fra autunno 2014 e primavera 2015, Dossier CISE(7), Roma, Centro Italiano di Studi Elettorali, pp. 295-300.

Cataldi, M., e Paparo, A. (2016), ‘De Magistris stravince con i suoi soli voti: i flussi elettorali fra primo e secondo turno a
Napoli’, in Emanuele, V., Maggini, N., e Paparo, A. (a cura di), Cosa succede in città? Le elezioni comunali 2016, Dossier CISE(8), Roma, Centro Italiano di Studi Elettorali, pp. 159-162.

Cataldi, M., Emanuele, V., e Paparo, A. (2012). Elettori in movimento nelle Comunali 2011 a Milano, Torino e Napoli. «Quaderni dell’Osservatorio elettorale», 5-43.

Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.

Paparo, A., e Cataldi, M. (2016), ‘L’avanzata prorompente di un nuovo leader? L’analisi dei flussi a Napoli’, in Emanuele, V., Maggini, N., e Paparo, A. (a cura di), Cosa succede in città? Le elezioni comunali 2016, Dossier CISE(8), Roma, Centro Italiano di Studi Elettorali, pp. 65-68.

Schadee, H.M.A., e Corbetta, P.G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino


NOTA METODOLOGICA

I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman alle 884 sezioni elettorali del comune di Napoli. Abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Si tratta di 69 unità in tutto. Abbiamo effettuato analisi separate in ciascuno dei quattro collegi uninominali della Camera, poi riaggregate nelle stime cittadine qui mostrate. Il valore medio dell’indice VR per le quattro analisi è pari a 12,6.

Aldo Paparo è ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Firenze. È stato assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Politiche alla LUISS Guido Carli. Dopo il conseguimento del dottorato è stato W. Glenn Campbell and Rita Ricardo-Campbell National Fellow presso la Hoover Institution alla Stanford University, dove ha condotto una ricerca sulla identificazione di partito in chiave comparata. Ha conseguito con lode il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze, con una tesi sugli effetti del ciclo politico nazionale sui risultati delle elezioni locali in Europa occidentale. Ha conseguito con lode la laurea magistrale presso Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze, discutendo una tesi sulle elezioni comunali nell’Italia meridionale. Le sue principali aree di interesse sono i sistemi elettorali, i sistemi politici e il comportamento elettorale, con particolare riferimento al livello locale. Ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE; e ha pubblicato articoli scientifici su South European Society and Politics, Italian Political Science, Quaderni dell’Osservatorio Elettorale, Contemporary Italian Politics e su Monkey Cage. È stato inoltre co-autore di un capitolo in Terremoto elettorale (Il Mulino 2014). È membro dell’APSA, della MPSA, della ESPA, della ECPR, della SISP e della SISE. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.