Crisi, migranti e UE: i paradossi del nuovo euro-scetticismo

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 20 ottobre

Tra gli italiani e l’Europa è un momento di rapporti difficili e confusi. È il quadro che emerge dall’ultimo rapporto dell’Eurobarometro, ma anche da altre rilevazioni recenti e non. Che i rapporti siano difficili non è una novità. L’atteggiamento favorevole degli italiani nei confronti della Comunità Economica Europea prima e della Unione poi è cambiato moltissimo negli ultimi trenta anni. Fino alla fine degli anni 80 circa il 70% pensava che l’appartenenza alla Unione avesse portato dei benefici al nostro paese Oggi solo il 43% ha la stessa opinione. La percentuale più bassa tra tutti gli stati membri. Al penultimo posto c’è la Grecia dove, nonostante la troika e tutto il resto, il 54% ritiene che il paese abbia ricavato dei benefici dalla appartenenza alla UE. Addirittura il 60% dei britannici la pensa così oggi, nonostante la Brexit o forse a causa della Brexit.

La disaffezione degli italiani nei confronti della UE è tale che nell’ultimo sondaggio dell’Eurobarometro solo il 44% di loro ha risposto che voterebbe per rimanere nella UE nel caso in cui si tenesse domani un referendum al riguardo. Anche in questo caso si tratta del valore più basso tra tutti i 28 paesi. È vero che la percentuale di coloro che non hanno risposto a questa domanda è molto elevata, il 32%, ma il dato resta comunque molto significativo e preoccupante. Ma ciò che è ancora più preoccupante, e per un altro motivo, è la risposta alla domanda sull’Euro. In questo caso è stato chiesto agli intervistati se fossero a favore o contrari a una Unione Economica e Monetaria con una valuta comune. Non è proprio la stessa domanda fatta su un eventuale referendum, ma è lecito supporre che una opinione positiva sull’Euro equivalga a un voto per restare nell’eurozona. Ebbene, sorprendentemente, il 65% degli italiani ha dichiarato di essere a favore dell’Euro. La percentuale bassa, solo il 9% che non ha risposto, rafforza il dato. In questo caso la posizione dell’Italia è addirittura superiore alla media dei 28 paesi, che è 61. In sintesi, l’UE non va bene agli italiani, ma l’Euro sì. Qui sta la preoccupazione, nella confusione che sembra emergere da questi dati contraddittori.

Come spiegare questa contraddizione? In parte è certamente il risultato della scarsa informazione. Gli italiani sono confusi perché sono poco informati. C’è da dire però che il dato sulla volontà di restare nell’Euro sembra solido. Almeno per ora. Qualche giorno fa in un sondaggio Ipsos alla stessa domanda se restare nell’Euro o tornare alla lira il 61% ha risposto di preferire l’Euro. Più o meno, le stesse percentuali che si riscontrano in un sondaggio di Quorum di qualche settimana fa. Gli italiani si sentono protetti dalla moneta unica, ma sono delusi dalla UE.

È una disaffezione che viene da lontano, come abbiamo già detto. Ed è certamente legata all’andamento negativo della economia italiana negli ultimi anni e alla spiegazione che ne danno i partiti. Nella Figura 1 in pagina si vede bene come il giudizio sulla Unione Europea si sia nettamente divaricato tra noi e i cittadini degli altri paesi a partire dal 2008. È plausibile spiegare questa divaricazione con il fatto che nella maggioranza degli altri paesi l’economia è cresciuta molto più che in Italia. Tant’è che ora che l’economia ha dato segnali di ripresa anche da noi il giudizio sulla UE è migliorato. La nostra ripresa però dopo la recessione seguita alla grande crisi del 2008 è stata tardiva e stentata. E i nostri partiti sia i vecchi, che ancora di più i nuovi, hanno trovato comodo addebitare all’Europa, e non alle debolezze strutturali del paese, la causa dei nostri mali.

Fig. 1 – Percetuale di valutazioni positive circa l’appartenenza del paese alla UE nel corso del tempo (P=Primavera, A=Autunno)crisi_migranti_1

Fonte: Jacques Delors Institute

Naturalmente l’Unione ci ha messo del suo. La gestione a livello europeo della questione migratoria è stata disastrosa e ha fornito ai nostri populisti una enorme opportunità per prendere voti attaccando le inefficienti istituzioni europee. E così Bruxelles è diventata il capro espiatorio sia per la insoddisfacente situazione economica che per il mancato sostegno al controllo dei flussi migratori. Peccato. Perché l’immigrazione poteva diventare il terreno su cui ricostruire il rapporto di fiducia tra noi e l’Europa. E invece ora ci troviamo a gestire un conflitto sul bilancio che non promette nulla di buono. Resta il fatto che agli italiani l’Euro piace. Quanto meno lo considerano il male minore. Per adesso. Ma confusi come sono, non è detto che questa posizione, che oggi sembra solida, non cambi in futuro. Speriamo che l’economia dia una mano.

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.