Europee Romania: fra politica nazionale e speranze europee

Introduzione

Dal suo ingresso nell’Unione Europea, la Romania organizza per la terza volta elezioni per il Parlamento Europeo (PE) e per la prima volta lo fa da presidente di turno del Consiglio. Durante la sua presidenza gli incontri organizzati con i rappresentanti degli stati membri hanno ricevuto ampia copertura dai media rumeni e l’agenda europea è stata visibile nel dibattito pubblico, come per esempio in occasione del vertice informale dei capi di Stato o di governo dell’Unione Europea (UE) organizzato a Sibiu il 9 maggio 2019 e le discussioni sui piani strategici per l’Unione del dopo elezioni.

Contesto politico

La Romania è regolarmente citata come uno dei paesi più eurofili della zona (Clapp 2017). Di fatto, a partire dal 1995, la convergenza di tutti i partiti mainstream su posizioni pro-UE in nome dell’interesse nazionale ha indotto anche i partiti radicali populisti ad ammorbidire le loro posizioni sul tema (Pytlas and Kossack 2015). Anche se spesso voci critiche sono emerse all’interno dei vari partiti parlamentari, le posizioni ufficiali sono state quasi sempre allineate su un supporto stabile all’UE. Il posizionamento dei partiti si è sincronizzato con l’elevato apprezzamento dell’UE a livello della società. Uno sguardo più attento ai dati dell’Eurobarometro mette in evidenza una flessione dell’immagine positiva dell’Unione dopo l’ingresso nell’UE. Emergono anche delle crepe nel consenso trans-partitico: il tema dell’Europa è stato indirettamente politicizzato dal referendum per il cambiamento della definizione della famiglia del 2018 a partire dall’opposizione fra i valori autoctoni basati sulla moralità cristiano-ortodossa e il cosmopolitismo dei valori europei. Un altro tema di scontro fra i partiti di Bucarest e le istituzioni europee è stato il mantenimento del Meccanismo di Cooperazione e Verifica nel campo della giustizia e la lotta alla corruzione. All’esterno dell’arena parlamentare, l’offerta euroscettica è tuttavia molto ampia (Soare e Tufiş 2019).

In vista delle elezioni europee, inizialmente si sono presentati 23 partiti ed alleanze e 7 candidati indipendenti. Dopo la verifica dei requisiti, 13 partiti ed alleanze e 3 candidati indipendenti sono rimasti in lizza per i 32 (+1 dopo il Brexit) seggi nel Parlamento Europeo. L’incremento iniziale dell’offerta è riconducibile ai cambiamenti nella regolamentazione della registrazione e del funzionamento dei partiti nel 2015 e, più precisamente, alla diminuzione del numero minimo dei membri necessari per registrare un partito (da 25.000 a 3 membri, senza alcun criterio di diffusione territoriale) (Popescu e Soare 2017).[1] Se ci riferiamo al numero di partecipanti effettivi alle elezioni 2014 non ci sono variazioni importanti; allora avevano partecipato 10 partiti/alleanze e 7 candidati indipendenti.

Dal punto di vista della composizione, l’offerta comprende importanti e numerose novità. Fra queste, ricordiamo: l’Unione Salvate la Romania creato nel 2015 con una piattaforma incentrata sulla lotta alla corruzione e una visione eurofila e il Partito Libertà Unità e Solidarietà (PLUS) creato dall’ex-Primo ministro e ex- commissario europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale, Dacian Cioloş con un programma liberale e pro-europeo[2]. Si presentano poi due partiti con origini riconducibili al Partito Social-Democratico (PSD): il Partito ProRomania creato dall’ex Primo ministro Victor Ponta e il partito Prodemo fondato da un ex europarlamentare PSD, Cătalin Ivan. Se nell’ultimo caso, il programma del partito è esplicitamente incentrato sulla difesa dei valori nazionali, ProRomania si presenta come un partito social-democratico moderno e pro-europeo.

La campagna elettorale

Come nelle competizioni precedenti, la campagna elettorale è stata svolta in chiave nazionale, anche se gli impegni istituzionali della Presidenza rumena, di riflesso, hanno portato l’UE nei dibattiti più che negli anni precedenti. Alla prevalenza della politica nazionale ha contribuito anche la decisione del Presidente Klaus Iohannis di indire un referendum sul tema della giustizia, iniziativa che segue una lunga serie di tensioni nate attorno a controverse riforme del Codice penale promossa dal partito di governo (PSD). Ricordiamo che nel dicembre 2019 sono previste le elezioni presidenziali nelle quali si prefigura un ballottaggio fra il presidente uscente, appoggiato dal partito liberale, e un candidato del partito di governo/appoggiato dal partito di governo ancora da decidere. L’organizzazione del referendum è stata interpretata come un’anticipazione dello scontro di dicembre su uno dei temi più caldi della vita politica rumena: l’anticorruzione. In questo contesto il comunicato del Partito Socialista Europeo (PSE)[3] sulle preoccupazioni riguardanti lo stato di diritto in Romania in seguito alle riforme previste dal principale partito di governo, il PSD, membro dei socialisti europei, ha apportato un aumento notevole della tensione. Il Presidente del PSE, Sergei Stanishev, ha informato nel maggio 2019 che fino a quando il governo rumeno non seguirà le raccomandazioni della Commissione europea sulla riforma della giustizia, il PES considererà le relazioni con il PSD “congelate” e da ridiscutere a giugno, all’indomani delle elezioni europee. In una situazione simile si ritrova anche il partner di governo del PSD, l’Alleanza dei Liberali e dei Democratici (ALDE), minacciata con l’esclusione dal gruppo dei liberali europei in seguito all’appoggio alla riforma della giustizia. Significativamente, il leader dei liberali europei, Guy Verhofstadt ha annunciato la sua partecipazione al meeting di chiusura della campagna dell’Alleanza 2020 USR PLUS.[4]

Durante la campagna elettorale, le crepe nel consenso pro-Europeo degli ultimi anni sono emerse con maggiore chiarezza. Lo dimostra l’accento su una campagna in chiave patriottica portata avanti dai principali tre partiti parlamentari: il PSD, l’ALDE e il Partito Nazional Liberale (PNL). Con lo slogan “Patriota in Europa”, il PSD ha incentrato la sua campagna sulla necessità di garantire una rappresentanza che “sappia parlare, desideri parlare, abbia il coraggio di parlare e di difendere l’interesse del Paese” nelle istituzioni europee.[5] Benché in opposizione, una visione simile è riscontrabile nella campagna dei liberali il cui slogan “Romania anzitutto” ricorda lo slogan della campagna presidenziale di Donald Trump. Inoltre il capolista dei liberali, il noto giornalista Rareş Bogdan, è conosciuto per il suo stile provocatorio e la sua preferenza per temi nazionalisti.[6] Lo slogan di ALDE mette l’accento sul rispetto per la Romania (“In Europa con dignità”); ne fa eco la veemenza della candidata ALDE Norica Nicolai che critica nell’aprile 2019 “i doppi standard” dell’UE nel giudicare la Romania e i vecchi Stati membri.[7]

I risultati

Se prendiamo in considerazione anche il numero dei cittadini rumeni non-residenti, la partecipazione alle elezioni europee del 2019 in Romania è stata del 51.07%, un aumento significativo rispetto all’affluenza registrata nel 2014 (32,44%). Questo incremento può essere ricondotto a due principali fattori. In primo luogo, le elezioni per il Parlamento Europeo si sono svolte dopo due anni e mezzo di pressioni esercitate dal PSD per modificare il Codice penale. I vari tentativi di riforma della giustizia hanno provocato una forte mobilitazione da parte di organizzazioni della società civile, con numerose proteste di piazza. Questo scontro ha alimentato una forte polarizzazione non soltanto a livello del Parlamento, ma anche a livello della popolazione. Si sono così mobilitati segmenti dell’elettorato che in precedenza erano meno inclini a votare. In secondo luogo, l’aumento della partecipazione è riconducibile al referendum sulla riforma della giustizia, organizzato in concomitanza con le elezioni pel Parlamento europeo. Bisogna, tuttavia, precisare che questi due fattori hanno contribuito all’aumento della partecipazione soprattutto nelle aree urbane (il 57,40% del totale dei voti).

Il PSD e l’ALDE, i partiti della coalizione di governo, hanno subito perdite significative. Benché, in base ai sondaggi pre-elettorali, ALDE avesse circa il 10% delle intenzioni di voto, il partito non è riuscito a raggiungere la soglia di sbarramento del 5% e sarà privo di rappresentanza nel PE. Alle elezioni del 2014, il PSD aveva ricevuto il 37,6% dei voti e aveva portato nel Parlamento Europeo un gruppo di 16 deputati. Nel 2019, sebbene abbia ricevuto un numero simile di voti, circa due milioni, l’aumento della partecipazione ha ridotto il peso relativo dei voti. Il PSD ha ricevuto così il 22,6% dei voti. Si piazza così sulla seconda posizione e ottiene una delegazione di 8 deputati europei.

Tab. 1 – Risultati delle elezioni per il Parlamento Europeo 2019: Romania
Partito Gruppo parlamentare Voti (VA) Voti (%) Seggi Variazione voti dal 2014 (PP) Variazione seggi dal 2014 (VA)
Partito Nazionale Liberale (PNL) EPP  2.447.985 27,0 10 +12,2 +4
Partito Social Democratico (PSD) S&D  2.040.472 22,5 8 -14,9 -8
Alleanza 2020 USR PLUS (USR-PLUS)  2.027.106 22,4 8 +21,9 +8
PRO Romania  583.898 6,4 2 +6,4 +2
Unione Democratica Magiara di Romania (UDMR) EPP  521.775 5,8 2 -0,9 +0
Partito del Movimento Popolare (PMP) EPP  476.763 5,3 2 -0,5 +0
Alleanza dei Liberali e dei Democratici (ALDE) ALDE  372.894 4,1 0 +4,1 +0
Gregoriana Carmen Tudoran (Indipendente)  130.969 1,4 0 +1,1 +0
George Nicolaie Simion (Indipendente)  117.039 1,3 0 +1,3 +0
Peter Costea (Indipendente)  100.640 1,1 0 +1,5 +0
Altri partiti  247.361 2,7 0 -7,4 +0
Partito Democratico Liberale (PDL) EPP  — 0,0 0 -12,2 -5
Mircea Diaconu (Indipendente) ALDE  — 0,0 0 -6,8 -1
Totale 100 32
Affluenza (%) 51,1
Soglia legale di sbarramento (%) 5

Al momento non è chiaro per tutti i partiti che hanno superato la soglia di sbarramento a quali gruppi parlamentari aderiranno. La situazione è chiara per il PNL, il PMP e l’UDMR: si conferma l’appartenenza al gruppo dei popolari. L’alleanza USR-PLUS ha volutamente evitato di toccare la questione. Nel tentativo di attrarre quanti più elettori, ha evitato una collocazione ideologica tradizionale, preferendo una mobilitazione in chiave europeista e anti-corruzione. Sono in trattative con ALDE ed è molto probabile che si uniranno a questo gruppo, soprattutto ora che l’ALDE rumeno non ha superato la soglia.A livello della comunità dei cittadini rumeni all’estero, l’alleanza USR-PLUS ha ottenuto quasi il 44% dei voti, il PNL quasi il 32%. In terza posizione si piazza il PMP (Partito Movimento Popolare) con l’8% dei voti. Tradizionalmente, il PSD gode di uno scarso consenso fra i cittadini che vivono all’estero. In quest’occasione il suo risultato è particolarmente basso: ha ottenuto meno del 2,5% dei voti della diaspora. Va ricordato che lo scarso risultato elettorale del PSD all’estero arriva dopo diverse elezioni (in particolar modo le presidenziali del 2014) che hanno reso molto difficile il voto della diaspora e dopo la protesta del 10 agosto 2018 organizzata dalla diaspora a Bucarest, manifestazione che si è conclusa con la reazione violenta delle forze d’ordine.Nonostante la collaborazione fra il PNL e il PSD durante gli anni degli scontri istituzionali fra il Parlamento e la Presidenza (2007-2012) e la loro collaborazione al governo (dicembre 2012 – marzo 2013), negli ultimi quattro anni i liberali e i nuovi partiti (USR e PLUS) sono stati le principali forze di opposizione nel Parlamento di Bucarest. Oltre all’opposizione al governo PSD, i rapporti fra il PNL, l’USR e PLUS rimangono fluidi; le elezioni presidenziali del dicembre 2019 porteranno maggiore chiarezza, in particolar modo qualora si optasse per una candidatura unica. Per ora è importante notare che il PSD ha perso la prima posizione in 19 delle 20 più grandi città della Romania, l’alleanza USR-PLUS ha occupato la prima posizione in 15 città e il PNL nelle rimanenti 4.Il vincitore delle elezioni è stato il PNL. I liberali sono passati dal 15% dei voti nel 2014 a circa il 27% nel 2019. Aumenta anche il numero della loro delegazione, che passa da 6 a 10. Il secondo vincitore indiscusso è l’Alleanza fra l’USR e PLUS. Ricordiamo che l’USR è un partito di creazione recente (2015) che ha ottenuto per la prima volta una rappresentanza nel parlamento di Bucarest nel 2016. PLUS è stato registrato come partito soltanto ad ottobre 2018. Entrambi i partiti hanno origini collegate ai movimenti civici che si sono organizzati a favore della lotta contro la corruzione, opponendosi alle riforme della giustizia promosse dal PSD. La nuova alleanza è riuscita a ottenere oltre il 21% dei voti, conquistando così otto seggi nel Parlamento Europeo.

Come già detto, inoltre, l’appartenenza del PSD al gruppo S&D è stata “congelata” prima delle elezioni. Tenuto conto del fatto che il leader del PSD, Liviu Dragnea, è stato arrestato all’indomani delle elezioni ed è stato sostituito dalla dirigenza del partito, è ragionevole ritenere che il PSD rinuncerà a promuovere una modifica del Codice penale e rientrerà nel gruppo S&D. Malgrado il suo debole risultato, il PSD è in grado di portare otto eurodeputati al gruppo S&D e questo rappresenta un importante atout. Rimane ancora sconosciuta la collocazione del Partito Pro Romania, una scissione del PSD raggruppata attorno a Victor Ponta, ex primo ministro del PSD. A partire da questo momento non è chiaro a quale famiglia europea aderirà.

Riassumendo, le elezioni europee del 2019 sono state caratterizzate dal livello più alto di partecipazione da quando la Romania è diventata uno Stato membro. Le dinamiche politiche interne hanno in qualche modo impedito ai partiti anti-UE di diventare attori rilevanti, sebbene in particolar modo il PSD abbia adottato un’argomentazione critica nei confronti dell’UE. Resta da vedere se il partito continuerà ad andare in questa direzione (in particolar modo se il gruppo S&D confermerà l’esclusione, il che non è molto probabile) o se, perdonato dal S&D, ritornerà ad una posizione più europeista.

Riferimenti bibliografici

Clapp, A. (2017), ‘Romania Redivivus’, New Left Review, 108, pp. 5-41, disponibile a: https://newleftreview.org/issues/II108/articles/alexander-clapp-romania-redivivus

Pytlas, B. e Kossack, O. (2015), ‘Lighting the fuse: The impact of radical right parties on party competition in central and Eastern Europe’, in M. Minkenberg (a cura di) Transforming the Transformation? The East European radical right in the political process,, Londra, Routledge, pp. 105-138.

Popescu, M. e Soare, S. (2017), ‘For things to remain the same, things will have to change. Party regulation as a form of engineering party competition and political legitimacy in Romania’, in F. Casàl Bertoa e I. van Biezen (a cura di), The Regulation of Post-communist Party Politics, Londra, Routledge, pp. 143-174.

Soare, S. e Tufiș, C. (2019), ‘Phoenix Populism’, Problems of Post-Communism, 66 (1), pp. 8-20.


[1] Bisogna tuttavia ricordare che il numero di firme necessarie per la registrazione delle candidature è stato un argomento di dibattito pre-elettorale, ampiamente criticato in quanto considerato un ostacolo per la partecipazione dei nuovi partiti e per i candidati indipendenti. Le procedure di registrazione prevedono almeno 200.000 firme per le candidature dei partiti politici e almeno 100.000 per i candidati indipendenti.

[2] I due partiti hanno formato un’alleanza (Alleanza 2020 USR PLUS).

[3] Per maggiori dettagli si veda: https://www.pes.eu/en/news-events/news/detail/PES-closely-monitoring-situation-in-Romania/.

[4] Per maggiori dettagli si veda: http://www.ziare.com/alegeri/alegeri-europarlamentare-2019/guy-verhofstadt-participa-la-mitingul-organizat-vineri-in-bucuresti-de-alianta-2020-usr-plus-1562428.

[5] Per maggiori dettagli si veda: https://m.adevarul.ro/news/politica/surse-primele-nume-psdpentru-europarlamentare-1_5c852ab8445219c57e17767e?fbclid=IwAR03JzLzLuEVcGSKPYcyjwMRdqTrBP7Z3Ql0Qht3p8YYKRROViX1rQp68pw.

[6] Per maggiori dettagli si veda: https://revista22.ro/opinii/rodica-culcer/unde-ne-sunt-liberalii.

[7] Per maggiori dettagli si veda: https://romania.europalibera.org/a/norica-nicolai-ie%C8%99ire-violent%C4%83-%C3%AEmpotriva-liderilor-alde-%C8%99i-ppe-destul-m-am-s%C4%83turat-de-dublul-vostru-standard-/29857345.html.

Sorina Soare è docente di Politica Comparata presso l’Università di Firenze. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienza Politica presso l’Université Libre di Bruxelles. Lavora nell’ambito della politica comparata e si interessa di partiti politici post-comunisti, del concetto di populismo e del processo di democratizzazione.
Claudiu Tufis è Professore Associato di Scienza Politica presso l’Università di Bucarest. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienza Politica presso la Pennsylvania State University. I suoi interessi di ricerca si concentrano su cultura politica e comportamento politico, democratizzazione e metodologia politica.