Europee Danimarca: il sorprendente successo dei partiti mainstream europeisti

Breve riassunto

Le elezioni per il Parlamento nazionale sono state indette in Danimarca all’inizio del maggio 2019. Pertanto, gran parte dell’attenzione che sarebbe stata altrimenti dedicata alle elezioni del Parlamento Europeo è andata, invece, alla campagna elettorale nazionale. Eppure, le due elezioni si sono sovrapposte dal punto di vista delle tematiche affrontate. L’attenzione generale è stata rivolta in primis alla crisi climatica e, in secondo luogo, all’immigrazione. Questo focus ha assicurato il successo dei partiti verdi – Partito Popolare Socialista (F) e Partito Social-Liberale Danese (B) – alle elezioni europee. Ma anche i partiti mainstream, in particolare i Liberali (V), hanno goduto di un aumento nel numero degli Eurodeputati, a scapito dell’euroscettico Partito Popolare Danese (O).

La campagna elettorale in tre parole: clima, clima, immigrazione

Quando il primo ministro danese Lars Løkke Rasmussen (dei Liberali) ha convocato le prossime elezioni nazionali, che si terranno il 5 giugno 2019, la campagna elettorale del Parlamento Europeo è passata in secondo piano. Anteporre eventi nazionali cruciali, come le elezioni nazionali, alle elezioni del Parlamento Europeo, mette sempre a dura prova la reale possibilità di includere la dimensione europea nell’agenda politica (ad esempio, Hix e Marsch 2011). La lotta alla conquista della (scarsa) attenzione dell’elettorato è feroce –e la maggior parte delle volte a spuntarla è il contesto elettorale nazionale. Dopo tutto, le elezioni del Parlamento Europeo continuano ad essere elezioni di secondo ordine –persino in un paese famoso per mantenere alta l’affluenza alle urne anche in occasione delle elezioni europee (ad esempio, Nielsen e Franklin 2017).

Di conseguenza, in Danimarca l’attenzione mediatica per l’elezione del PE è arrivata molto tardi. Come al solito, c’è stata una sovrapposizione tra le tematiche nazionali e quelle europee. Prima di tutto, la crisi climatica ha suscitato l’attenzione critica degli elettori, posizionandosi costantemente al primo posto tra le preoccupazioni dei danesi, ogni volta che nei sondaggi (ad esempio Eurobarometro 90.3) sia stato chiesto quali fossero le tematiche a loro avviso assolutamente prioritarie. Altre questioni che hanno ricevuto molta attenzione sono state l’immigrazione, intesa come immigrazione sia da altri paesi europei sia da paesi terzi al di fuori dell’UE, la lotta all’evasione fiscale internazionale e al dumping sociale. Da quando la Danimarca ha ripristinato il controllo delle frontiere sul confine tra Danimarca e Germania nel gennaio 2016 in risposta alla crisi migratoria, è stata pesantemente criticata. La pattuglia di confine e, quindi, la sospensione dei regolamenti Schengen da parte della Danimarca continua ad essere una questione saliente nella politica danese. Nel frattempo, gli aspetti economici dell’UE, compreso il futuro dell’Eurozona, non sono questioni di vitale interesse in Danimarca, la quale non ha mai completato la terza fase dell’Unione Economica e Monetaria (ad esempio, Nielsen 2015).

Nonostante la loro reputazione di euroscettici, i danesi rimangono affezionati alla appartenenza all’UE. In termini accademici, si parla di euroscettici-soft (vale a dire riluttanti a integrare alcune aree di policy a livello europeo) o pragmatici dell’UE (ad es. Raunio 2007, Nielsen 2017, Nielsen e Franklin 2017). I danesi, tuttavia, non sono mai stati duramente euroscettici (non hanno cioè mai desiderato lasciare l’UE del tutto) (Nielsen 2017). Nonostante ciò, hanno ottenuto questa etichetta a causa delle forti tradizioni referendarie su questioni critiche dell’UE, in cui è capitato che una piccola minoranza rifiutasse, ad esempio, la piena partecipazione al trattato di Maastricht (1992) o all’Euro (2000). I dati pubblicati a poche settimane dalle elezioni del Parlamento Europeo del 26 maggio 2019 hanno mostrato che il 77% dei danesi avrebbe votato per rimanere all’interno dell’UE se fosse stato proposto un referendum simile a quello sulla Brexit del 2016. Su questo, la media registrata a livello europeo era del 68%. In generale, se la Danimarca dovesse o meno unirsi al Regno Unito in una cosiddetta “Dexit” è stata un’idea largamente diffusa tra i partiti danesi di sinistra e di destra. Tuttavia, poiché il negoziato sulla Brexit rende sempre più evidente la complessità dell’uscita dall’Unione, la Dexit non ha dominato affatto il dibattito politico sulle europee.

Dal momento che la Danimarca ha solo 13 eurodeputati – numero che aumenterà a 14 dopo l’attesa Brexit – i deputati danesi tendono ad affidarsi fortemente agli alleati e alle alleanze europee per far sentire la propria voce. Nella campagna elettorale per le europee 2019, in particolare due gruppi di cooperazione paneuropea sono stati seguiti da vicino dai media.

L’attenzione è stata in priimo luogo rivolta alla nuova alleanza col ministro italiano Matteo Salvini (Lega), composta da partiti anti-europei di destra, che includevano, tra gli altri, partiti dalla Finlandia (The True Finns), dalla Germania (Alternativ für Deutschland), e dall’Austria (Il Partito della libertà). Dalla Danimarca, il Partito Popolare danese, che appartiene al gruppo ECR al Parlamento europeo, si è unito alla formazione iniziale dell’alleanza di Salvini. Uno dei migliori candidati del partito -Anders Vistisen- è stato ritratto accanto a Salvini in occasione dell’incontro che annunciava la loro alleanza a Milano all’inizio di aprile 2019.

In secondo luogo, a sinistra, l’attenzione si è concentrata sul partito anti-establishment danese, l’Alternativa (“Alternativet”), che ha aderito al primo gruppo europeo con un’agenda prevalentemente incentrata sulla crisi climatica -“European Spring”. Questa lista, tuttavia, non ha attirato tanta attenzione quanto l’alleanza con Salvini.

I risultati elettorali: sorprendente il successo di partiti mainstream europeisti

Con le elezioni europee in Danimarca si è assistito a quattro trend di carattere generale. In primo luogo, al contrario di quanto accaduto nella maggior parte dei paesi europei, i partiti mainstream danesi hanno ottenuto un forte consenso (Tabella 1). Ad cominciare dai Liberali, che sono anche a capo dell’attuale governo di minoranza con il primo ministro Lars Løkke Rasmussen, hanno goduto di un aumento nella percentuale di voti ottenuti, dal 17% del 2014 al 24% del 2019, raddoppiando così i deputati da 2 (2014) a 4 (2019). Uno di questi deputati liberali è il cosiddetto “14º”, che la Danimarca ha ottenuto quando i seggi dei deputati britannici sono stati spartiti tra i restanti 27 Stati membri dell’UE in vista della Brexit. Poiché la Brexit è stata, però, rinviata al 31 ottobre 2019, il quattordicesimo membro danese diventerà solo allora un eurodeputato. Inoltre, anche il partito mainstream di opposizione, il Partito Social Democratico (A), ha ottenuto in queste elezioni un risultato migliore del previsto. Si è passati dal 19% (2014) al 22% (2019), mantenendo i 3 eurodeputati ottenuti nel 2014. Infine, il partito mainstream di centro, Il Partito Social-Liberale Danese (B), ha ottenuto una rappresentanza più forte a Bruxelles e ha raddoppiato il numero di eurodeputati da 1 (2014) a 2 (2019).

Il secondo trend è il successo dei partiti verdi di sinistra. Mentre l’Alternativa non è riuscita a ottenere un seggio per il suo candidato principale, il Partito Popolare Socialista (F) si è assicurato un altro eurodeputato, salendo da 1 (2014) a 2 (2019). Inoltre, anche l’Alleanza Rosso-Verde di sinistra è riuscita a conseguire un rappresentante al Parlamento europeo. Tuttavia, mentre la F si è effettivamente assicurata un esito elettorale positivo, è scoppiato uno scandalo pochi giorni dopo le elezioni, quando è diventato chiaro che uno dei suoi principali candidati aveva deciso di rinunciare al seggio in Europa a favore di un potenziale seggio al parlamento nazionale. Questo evento ha portato alla luce le controversie insite in un sistema elettorale che consente ai candidati di candidarsi contemporaneamente sia in Europa che a livello nazionale.

In terzo luogo, gli elettori danesi sono andati contro un trend, altrimenti di carattere fortemente europeo, di crescente sostegno ai partiti populisti di destra. Il principale perdente delle elezioni è stato infatti il Partito Popolare Danese (O), che è passato dall’avere 4 eurodeputati (2014) ad ottenerne uno solo (2019). Un altro partito anti-immigrazione di destra, Nye Borgerlige, ha attirato l’attenzione negli ultimi giorni di campagna, quando il suo leader ha annunciato che non sarebbe andato a votare per le elezioni europee.

Infine, i risultati delle elezioni per il Parlamento Europeo per il 2019 in Danimarca hanno visto diminuire il sostegno ai tradizionali partiti euroscettici di sinistra. Mentre il partito euroscettico-soft di sinistra –l’Alleanza Rosso-Verde– per la prima volta si è assicurato un eurodeputato, il Movimento contro l’UE, che per decenni è stata una voce danese dal tono euroscettica e fortemente critica nel Parlamento europeo, non è stato rieletto.

Come nella maggior parte degli altri paesi dell’UE, anche la Danimarca ha assistito a una crescita significativa nell’affluenza alle urne. Sebbene abbia sempre goduto di alti livelli di affluenza e sia sempre stata in questo superiore alla media europea, il 2019 ha visto un ulteriore aumento del 10% dell’affluenza elettorale dal 56% (2014) al 66% (2019). Questo è stato attribuito in particolare alla maggiore attenzione rivolta alla crisi climatica. L’attivista svedese per il clima Greta Thunberg ha guidato una marcia climatica molto popolare a Copenaghen il 25 maggio 2019 -un giorno prima delle elezioni- che ha evidenziato come molti danesi siano coinvolti da questa tematica.

Tab. 1 – Risultati delle elezioni per il Parlamento Europeo del 2019: Danimarca
Partito Gruppo parlamentare Voti (VA) Voti (%) Seggi Seggi in caso di Brexit Diff. di voti  dal 2014 (PP) Diff. di seggi dal 2014 Diff. di seggi  dal 2014 in caso di Brexit
I Liberali (V) ALDE 648.203 23,5 3 4 +6,8 +1 +2
Partito Social Democratico (A) S&D 592.645 21,5 3 3 +2,4 +0 +0
Partito Popolare Socialista (F) EFA 364.895 13,2 2 2 +2,2 +1 +1
Partito Popolare Danese (O) ECR 296.978 10,8 1 1 -15,8 -3 -3
Partito Social-Liberale Danese (B) ALDE 277.929 10,1 2 2 +3,6 +1 +1
Partito Popolare Conservatore (C) EPP 170.544 6,2 1 1 -2,9 +0 +0
Alleanza Rosso-Verde (Ø) 151.903 5,5 1 1 +5,5 +1 +1
Movimento popolare contro l’UE (N) GUE/NGL 102.101 3,7 0 0 -4,4 -1 -1
L’Alternativa (Å) 92.964 3,4 0 0 +3,4 +0 +0
Alleanza Liberale (I) 60.693 2,2 0 0 -0,7 +0 +0
Totale 2.758.855 100 13 14 +0,0 +0 +1
Affluenza (%) 66.1
Soglia di sbarramento (%) 4

Interpretazione dei risultati delle europee 2019 in Danimarca

I risultati delle europee 2019 in Danimarca fanno sorgere due domande: perché i partiti di destra euroscettici non hanno ottenuto il sostegno che si è invece registrato in altri paesi dell’UE? E perché i partiti mainstream hanno, invece, ricevuto un sostegno così inusuale quando sono di solito proprio i partiti al governo ad essere puniti nelle elezioni europee?

Le risposte a questi quesiti possono essere molte, ma una risposta ovvia alla prima domanda è il fatto che, in contrasto con le precedenti elezioni del Parlamento Europeo, questa volta la crisi climatica era già in cima all’agenda interna danese. Il clima è tradizionalmente un tema di sinistra e i partiti di destra non hanno dato la priorità a questo aspetto politico nella loro campagna. Inoltre, di pari passo con le complesse trattative sulla Brexit, è cresciuto in Danimarca un senso di affezione rispetto all’UE. Anche se è troppo presto per dire se questa evoluzione debba essere o meno attribuita alla Brexit, le elezioni del Parlamento Europeo 2019 in Danimarca hanno comunque evidenziato un forte sostegno da parte del popolo danese nei confronti di un’Europa cosmopolita difesa dai partiti tradizionali.

Referimenti bibliografici

Hix, S. e  Marsh, M. (2011), ‘Second-order effects plus pan-European political swings: An analysis of European Parliament elections across time’, Electoral Studies 30, pp. 4-15.

Nielsen, J. H. (2015), ‘Same, same but different: The Nordic EU members during the crisis’, in P. Bäckman (a cura di) Stockholm, The Swedish Institute for European Policy Studies (SIEPS).

Nielsen, J. H. (2017), ‘The Pragmatic Euroscepticism of Scandinavia’, in S. Usherwood e N. Startin (a cura di) Routledge Handbook of Euroscepticism, Londra, Routledge, pp. 231-243

Nielsen, J. H. e Franklin, M. N. (a cura di) (2017), The Eurosceptic 2014 European Parliament Elections: Second Order or Second Rate?, Palgrave European Union Series, Londra, Palgrave Macmillan

Raunio, T. (2007), ‘Softening but Persistent: Euroscepticism in the Nordic EU Countries’, Acta Politica, 42, pp. 191-210.

Dataset: Eurobarometer 90.3

Julie Hassing Nielsen è analista capo per i public affairs e ricercatore affiliato presso l'Università di Lund. Ha conseguito un dottorato di ricerca presso lo European University Institute (2012). I suoi interessi di ricerca includono la psicologia politica, l'integrazione europea e l'euroscetticismo. Suoi studi sono pubblicati, tra gli altri, su Political Psychology, European Union Politics, e Journal of Common Market Studies.