Solo il ballottaggio frena la frammentazione

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 13 Novembre

Quattro elezioni in quattro anni. Questa è la Spagna di oggi. Eppure c’è qualcuno in Italia che vorrebbe importare da noi il sistema elettorale spagnolo. Piace a chi pensa che la frammentazione e i suoi effetti si possano limitare con un proporzionale corretto come quello spagnolo. In Spagna i seggi non vengono assegnati a livello nazionale ma nelle circoscrizioni. Dato che queste sono mediamente piccole, i piccoli partiti fanno fatica a prendere seggi. Infatti, meno sono i seggi da attribuire più difficile è che i piccoli partiti possano raggiungere la percentuale di voti minima per ottenere un seggio, cioè il quoziente elettorale. Quindi in teoria anche i sistemi proporzionali possono essere disproporzionali e favorire la governabilità. In Spagna è stato così per un lungo periodo. Ma non è più così da quando si sono indeboliti i due maggiori partiti del sistema, Socialisti e Popolari. La frammentazione è aumentata e con essa la difficoltà a fare i governi.

Invece di quattro elezioni in quattro anni gli spagnoli avrebbero potuto risolvere il problema del governo con una sola elezione, con due turni elettorali in due settimane. Basta ricorrere a sistemi elettorali che mettano in condizione gli elettori di esprimere una seconda preferenza, quella appunto che si può usare al secondo turno. Gli elettori di Podemos, di Ciudadanos, di Vox e dei partiti regionalisti avrebbero potuto decidere il governo del paese votando al secondo turno per partiti o candidati ‘meno peggio’. E con un sistema basato sulle liste, e non sui collegi uninominali, avrebbero comunque avuto una adeguata rappresentanza parlamentare.

Finchè l’esito del voto è affidato all’utilizzo delle sole prime preferenze degli elettori è sempre più difficile che le elezioni diano risultati tali da garantire un minimo di governabilità. Non solo in Spagna. La lezione viene dal caso francese. È vero che la Francia è un regime semipresidenziale, ma la vera differenza tra la Francia e gli altri paesi europei è il sistema a doppio turno che come è noto viene utilizzato sia per l’elezione del presidente che per quella dei deputati. Senza il doppio turno e le seconde preferenze non solo non si sarebbe materializzato il fenomeno Macron ma la Francia sarebbe uno dei paesi più instabili d’Europa.

Però -dice qualcuno- il proporzionale a un turno funziona in Germania. Dunque, non è vero che sia sinonimo di instabilità. Ma come funziona ora? Una volta, come in Spagna, funzionava in modo tale da garantire una alternanza periodica tra destra e sinistra. Spesso con i Liberali ago della bilancia. Come in Spagna c’erano due grandi partiti, la Spd e la Cdu-Csu, che avevano la possibilità di arrivare alla maggioranza assoluta dei seggi da soli o con alleati minori. Da qualche tempo non è più così. E le grandi coalizioni sono diventate la norma. Grandi coalizioni fatte da partiti tradizionali. In Germania la cultura della stabilità e del compromesso consente la formazione e la durata di accordi del genere. Ma alla lunga anche in Germania, e certamente in altri paesi europei tra cui l’Italia e la Spagna, soluzioni di questo tipo favoriscono la crescita del populismo. E la competizione diventa una lotta tra i partiti del vecchio ordine politico e quelli nuovi che lo sfidano in nome della discontinuità e della sfiducia nelle vecchie élites. Come Vox in Spagna e l’Afd in Germania.

A Madrid pare che la soluzione che si prospetta sia quella della coalizione di tutte le forze progressiste e regionaliste. Per la Spagna è un fatto nuovo. Sarebbe il primo governo di coalizione dai tempi della Repubblica. Vedremo come funzionerà. In ogni caso non è escluso che -prima o poi- anche a Madrid si porrà il problema se cambiare o meno il sistema elettorale per rendere le elezioni uno strumento per decidere chi governa e non solo per contare i voti. Da noi il problema è già tornato di attualità. Pare che in questi giorni si stia rimettendo in moto il processo per cambiare il sistema elettorale in vigore, il cosiddetto Rosatellum. Né il proporzionale spagnolo né quello italiano con soglia nazionale sono la strada da seguire. E non va bene nemmeno quello britannico con cui si voterà tra qualche settimana a Londra. È un sistema troppo distorsivo come vedremo la sera del 12 Dicembre.

Continuiamo a ripeterlo. Un buon sistema elettorale non è la panacea di tutti i mali e non è una priorità per la massa degli elettori. Ma è una condizione necessaria per trovare una soluzione soddisfacente al problema del governo in condizioni di elevata frammentazione. Dopodiché per arrivare al buon governo ci vuole certamente altro. Ma senza stabilità come ci si potrà mai arrivare?

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.