Elezioni Emilia-Romagna: L’incognita voto-disgiunto

La sfida emiliano-romagnola potrebbe essere decisa da una variabile della legge elettorale, prevista nella maggior parte delle regioni italiane: il voto disgiunto. Stando alle ultime rilevazioni di SWG, pubblicate il 9 gennaio, Bonaccini godrebbe di un vantaggio di 2 punti su Borgonzoni, specularmente però a quello della coalizione di centrodestra sul centrosinistra. Dopo l’introduzione dell’elezione diretta del Presidente della Regione, non sarebbe la prima volta che un’elezione si risolva in questo modo. Nella Tabella 1 vengono riepilogati i precedenti appuntamenti terminati con questo esito. Un dato emerge sugli altri: in 6 delle 8 tornate il centrosinistra vince grazie al rendimento del candidato governatore, capace di prevalere sul diretto competitor al contrario delle liste collegate, sconfitte dalla coalizione di centrodestra. È quanto successo – ultima elezione in ordine di tempo – con la riconferma di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio nel 2018. L’attuale segretario del Pd batté Parisi, che godeva dell’appoggio della coalizione più votata.

Tab. 1 – Elezioni regionali italiane decise dal voto disgiunto

Ciò conferma un trend già accertato per le elezioni comunali, dove pure si vota contestualmente – consentendo di diversificare la scelta – per l’organo monocratico e quello assembleare. Tra gli elettori di centrosinistra, s’è scritto, si tende a privilegiare la scelta del sindaco in luogo di quella del consigliere comunale (Emanuele 2012). Quanto influirà questa tendenza nella regione rossa per antonomasia, governata ininterrottamente dal Pci e i suoi eredi fin dal 1970? In Emilia-Romagna, complice un radicamento notevole del partito, il rendimento coalizionale risulta meno marcato che altrove. Lo scarto presidente/liste collegate nelle regionali non ha mai oltrepassato l’1%. Lo stesso Bonaccini, quando venne eletto nel 2014, prese poco meno dello 0,7% di quanto raccolto dalla coalizione. Soltanto nel 1995 Bersani patì oltre 3 punti di distacco, complice lo strappo di Rifondazione Comunista.

Nello scenario politico attuale esisterebbe un attore del genere, in grado di sottrarre consensi al candidato presidente del centrosinistra? Teoricamente sì, e sarebbe il M5s. Nelle elezioni regionali il Movimento registra quasi sempre un rendimento coalizionale con segno positivo, con picchi ripetuti in alcune regioni (Sicilia, Friuli-Venezia Giulia, Lazio). Diversi, tra gli elettori pentastellati, combinano la spinta anti-sistemica nel voto al proprio candidato presidente al richiamo della deferenza esercitata dai candidati al consiglio regionale. Il comportamento ha assunto in passato dimensioni consistenti, come visibile nella Tabella 2: si pensi alle regionali siciliane del 2017, oppure alle già citate regionali del Lazio nel 2018. In quest’ultima occasione si votò insieme alle politiche, con differenze significative nei risultati: il M5s primeggiò col 32,86% al Senato, mentre la candidata presidente Lombardi si fermò al 26,98% e ancor meno, al 22,06%, la lista a lei collegata. Eppure, la storia elettorale del M5s rischia di invertirsi in queste elezioni: il sondaggio SWG accredita, sorprendentemente, di una percentuale superiore potenzialmente di 2 punti la lista del M5s rispetto al suo candidato presidente Benini.  Un rovesciamento delle dinamiche sinora registrate, per cui la consultazione emiliano-romagnola potrebbe essere il quarto caso, delle 24 elezioni regionali regolate dal voto disgiunto a cui il M5s ha partecipato, in cui il rendimento coalizionale del partito è negativo. Se il divario tra Bonaccini e Borgonzoni fosse ristretto ad una forbice di 2 punti, conquistare gli elettori M5s “infedeli” sarebbe la chiave per vincere le elezioni.

Tab. 2 – Rendimento Coalizionale del M5S, elezioni regionali 2010-2019

Bonaccini potrebbe ottenere in questo modo la rielezione, nonché il connesso premio di maggioranza che assicura la maggioranza assoluta in assemblea, a prescindere dal minor numero di voti raccolti dalle liste. La sinistra continuerebbe a governare la Regione, come nei precedenti 50 anni, ma non per la forza dell’apparato quanto per la popolarità del suo presidente, beneficiario diretto delle conseguenze del voto disgiunto.

Riferimenti bibliografici:

Emanuele V., “Tra dinamiche territoriali e voto personale: le elezioni comunali a Palermo nel 2012”, in “Quaderni dell’osservatorio elettorale”, numero 69, 2013, pagine 6-34.

Sondaggio SWG 09/01/2020, https://tg.la7.it/politica/testa-a-testa-bonaccini-borgonzoni-nellultimo-sondaggio-prima-del-voto-in-emilia-romagna-09-01-2020-146062.

Alessandro Riggio è dottore magistrale in Governo e Politiche presso la LUISS Guido Carli e collaboratore del CISE. Si è laureato con una tesi dal titolo 'Il Gattopardo in laboratorio: anatomia dei partiti, trasformazioni elettorali e mutamenti politici in Sicilia (2001-2012)'. I suoi interessi di ricerca riguardano lo studio dei partiti, del comportamento di voto e della geografia elettorale. Con uno specifico riferimento al caso siciliano