Marche, Acquaroli al 51,8%. Il centrodestra stacca Pd e M5S

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 30 agosto

Tra le regioni al
voto il 20-21 settembre, le Marche sono quelle dove l’esito è più carico di
significato simbolico e politico. Simbolicamente, il dato rilevante è la
probabile svolta al vertice. Tradizionale roccaforte rossa, la regione potrebbe
passare sotto la guida del centrodestra dopo anni di amministrazione
ininterrotta di centrosinistra. Secondo la stima Winpoll-CISE Francesco
Acquaroli, candidato di Fratelli d’Italia ed espressione del centrodestra
unito, sarebbe infatti in vantaggio di quasi 16 punti percentuali rispetto al
candidato del centrosinistra Maurizio Mangialardi (Figura 1): 51,8% contro il 36,1%.
Staccato e fuori partita il candidato del M5s Gian Mario Mercorelli (8,9%).

Fig. 1 – Intenzioni di voto ai candidati e liste

La partita dunque sarà
decisa in un confronto tra centrosinistra e centrodestra, con i grillini, però,
nel mezzo a fare da possibile ago della bilancia insieme con gli indecisi e
l’area del non voto. Questi due ultimi gruppi pesano rispettivamente per il 24
ed il 22% del campione.  Per recuperare
lo svantaggio stimato, Mangialardi dovrebbe riuscire a mobilitare questi gruppi
di elettori e attrarre voto utile, soprattutto grillino.  Né l’una né l’altra è cosa facile.

Il bacino elettorale del M5s è esiguo (appena l’8,9%).
Anche se Mangialardi riuscisse a convincere una parte di questo elettorato a
votare per lui, il divario tra centrosinistra e centrodestra non verrebbe
comunque colmato.  Dovrebbe recuperare
anche voti dall’astensione. Per quanto gli elettori del M5s siano oggi ideologicamente
più vicini al centrosinistra, ci sono diverse ragioni per cui l’opzione del
voto utile a favore del candidato dem è difficilmente percorribile.

In primis, la legge elettorale. Nelle Marche, al
contrario di quanto accade in altre regioni, il voto disgiunto non è previsto.
Gli elettori non possono votare per una lista e, contestualmente, per un
candidato presidente non collegato a questa stessa lista. Per gli elettori del
M5s, la possibilità del voto disgiunto avrebbe consentito di coniugare la
“fedeltà” al Movimento (il voto “con il cuore”) con un voto utile a
favore di Mangialardi. In assenza di questa possibilità, la risoluzione
dell’eventuale conflitto tra fedeltà ed opportunità è tutt’altro che scontata.
Per questo il mancato accordo su un candidato unico tra Pd e Movimento pesa qui
ancor più che in altre regioni.

Molto dipenderà, in secondo luogo, dall’appeal di Mangialardi. Quest’ultimo è senz’altro conosciuto (è sindaco di Senigallia e presidente dell’ANCI nelle Marche). Eppure, stando ai dati, la sua capacità di mobilitazione al di fuori dell’area di centrosinistra (in particolare tra gli elettori pentastellati) è limitata. Guardando i flussi di voto tra le Europee del 2019 e le stime delle regionali del 2020 (Figura 2), si vede che solo il 23% di chi che aveva votato M5s alle Europee dichiara oggi di voler votare per il candidato di centrosinistra. Un quarto si riversa su Acquaroli e un altro 23% si colloca tra gli incerti e gli astenuti. Tra questi ultimi gli ex elettori del Movimento formano un gruppo rilevante, di fatto contendibile, ma per il quale è difficile stabilire 1) se sarà disposto realmente a mobilitarsi; 2) in favore di quale candidato.

Fig. 2 – Flussi di voto tra europee e regionali

Grava inoltre su Mangialardi la debolezza del PD, a cui fa da contraltare la forte crescita di Lega e Fdi. Il PD è oggi stimato nelle Marche al 22,8%, non distante da quanto aveva ottenuto alle europee dello scorso anno (22,3%) (vedi Figura 3), ma ben 12,3 punti percentuali in meno rispetto alle regionali del 2015 quando ottenne il 35,1%.  In forte calo anche il M5s che alle regionali aveva preso il 18,9% e oggi invece è stimato all’8,9%.

Fig. 3 – Trend elettorali nelle Marche nelle ultime tornate elettorali

Nel centrodestra è sorprendente la crescita della Lega e, soprattutto di FdI rispetto alle precedenti regionali. Nel 2015 la Lega ottenne il 13% dei voti, mentre FdI si fermò al 6,5%. Oggi il partito di Salvini è stimato al 23,3%, mentre FdI al 18,1% (un divario di poco più di cinque punti percentuali). Il dato relativo a FdI non deve sorprendere visto che Acquaroli viene da lì e che il partito della Meloni è in crescita ormai da mesi. Il fatto però interessante (e che restituisce plasticamente l’evoluzione politica della regione) è che anche nel 2015 Acquaroli fu il candidato alla presidenza di Lega e FdI (ma non di Forza Italia in quell’occasione). Il successo del centrodestra di oggi, quindi, non sembra attribuibile alla forza del candidato presidente, quanto piuttosto ad un profondo mutamento degli orientamenti politici degli elettori marchigiani. Come l’Umbria, si può parlare anche delle Marche come di una ex regione della Zona Rossa.

Un ultimo elemento è il mancato effetto Covid. Contrariamente a quanto accaduto in altre regioni (dove la buona gestione dell’emergenza ha offerto ai governatori uscenti la possibilità di rafforzare o rilanciare la propria immagine), la gestione della crisi sanitaria non sembra aver prodotto effetti particolarmente rilevanti sulle scelte di voto degli elettori marchigiani. L’amministrazione uscente di centrosinistra guidata da Luca Ceriscioli viene infatti ampiamente promossa sull’emergenza Covid: il 62% degli intervistati ritiene che la regione abbia gestito molto o abbastanza bene l’emergenza, con maggioranze assolute di giudizi positivi non solo tra gli elettori di PD e M5s, ma anche di Forza Italia e FdI. Un dato in linea con quanto accaduto in altre regioni al voto (è il caso di Zaia in Veneto e di De Luca in Campania). Eppure Mangialardi, che è stato preferito dal PD a Ceriscioli come candidato alla presidenza, non sembra aver raccolto i frutti di quella che viene considerata una buona gestione dell’emergenza.  C’è da chiedersi se non abbia fatto male il Pd a sacrificare Ceriscioli, che pure poteva correre per un secondo mandato.

Infine il referendum sul taglio dei parlamentari. Come già rilevato in altre regioni, i SI prevalgono sui NO in modo piuttosto trasversale (unica eccezione, la Lega dove il sostegno al SI si ferma al 44%). Complessivamente i Sì sono il 61% (Figura 4). Più o meno quello che abbiamo visto nelle altre regioni. (lilyjackson.com.au)

Fig. 4 – Il referendum costituzionale

Nota metodologica

Soggetto committente: Sole 24 Ore – Cise. Soggetto realizzatore: Winpoll – Cise. Periodo di realizzazione interviste: 25-27 agosto 2020. Popolazione di riferimento: popolazione marchigiana, maschi e femmine dai 18 anni in su, segmentata per sesso, età, comuni capoluogo e non, proporzionalmente all’universo della popolazione marchigiana. Metodo di campionamento: stratificato per provincia, comuni capoluogo e non, casuale ponderato per genere, fasce di età e voto alle ultime europee. Metodologia delle interviste: mista. Numero di interviste: 1000: 500 cati-cami (2621 rifiuti), 500 cawi. Margine di errore con intervallo di confidenza al 99%: 2,4%.

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.
Davide Angelucci is a lecturer at the Department of Political Science of Luiss University, Rome. He has been a visiting student at Royal Holloway University of London and at the Instituto de Ciências Sociais da Universidade de Lisboa. He is currently a member of the Italian Centre for Electoral Studies (CISE) and part of the editorial board of the journal Italian Political Science (IPS). His research interests include elections and electoral behaviour, party politics, class politics, and public opinion. His work has been published in journals like European Union Politics, West European Politics, South European Society and Politics, Swiss Political Science Review and others.