Perdite e guadagni dei principali partiti. Solo FdI guadagna voti

Il risultato delle elezioni politiche è inequivocabile: la coalizione di centrodestra ha vinto in maniera netta raggiungendo la percentuale del 43,8%, con il centrosinistra che si è fermato al 26,1%. Praticamente l’intera coalizione di centrosinistra ha una percentuale di voti quasi identica a quella ottenuta da sola da Giorgia Meloni con FdI, un partito che quattro anni fa aveva solo circa il 4%. Mai nessun partito della destra erede del MSI aveva ottenuto una percentuale simile. In una precedente analisi del CISE abbiamo analizzato il risultato elettorale guardando alle percentuali di voto ottenute dalle liste e dalle principali coalizioni alla Camera dei Deputati seguendo le classiche disaggregazioni territoriali del CISE per regioni e zone geopolitiche. Per avere un quadro ancora più completo del risultato di queste elezioni politiche, si è deciso di procedere al confronto tra i voti ottenuti dai principali partiti in queste elezioni politiche e i voti ottenuti nelle precedenti elezioni politiche del 2018, riportando nella Tabella 1 sia i valori assoluti che le variazioni percentuali, disaggregate per zona geopolitica. Nelle elezioni politiche del 2018 l’affluenza è stata del 72,9%. In queste elezioni la partecipazione al voto si è fermata al 63,9%, il dato più basso di sempre. Quasi 4,5 milioni di elettori hanno quindi deciso di unirsi al nutrito gruppo di chi non ha votato (16 milioni di elettori sono rimasti a casa). Se guardiamo ai risultati espressi in termini assoluti e alle percentuali calcolate sul numero di elettori (tenendo quindi conto anche degli astenuti), si può vedere come in generale i partiti abbiano oggi scarso sostegno nella società. Anche il partito che è uscito come chiaro vincitore, ossia FdI, è stato scelto dal 15,8% dell’intero corpo elettorale, cioè da 7,2 milioni di persone. Meno di una persona su otto tra quelle che vivono in Italia. Gli altri partiti hanno ovviamente un peso elettorale ancora minore nella società italiana nel suo complesso. In ogni modo, nonostante il forte calo dell’affluenza rispetto al 2018, FdI non solo ha migliorato la propria performance in termini percentuali (passando, come detto prima, dal 4% al 26%), ma ha addirittura preso quasi 5,7 milioni di voti in più, incrementando il proprio elettorato di ben il 407,3%. La zona dove FdI ha registrato l’incremento maggiore è stato il Nord, dove il partito di Meloni ha aumentato i propri voti del 516,2% rispetto alle politiche 2018, risultando di gran lunga la prima forza nel Settentrione, svuotando così la Lega di Salvini. Ma l’incremento è stato impressionante anche nella (ex) Zona Rossa (+484,6%), dove FdI è riuscito a superare il Pd di quasi 45mila voti. Al Sud l’incremento, anche se inferiore rispetto alle altre aree del paese, è stato comunque del 291,7%.  Se si scende nel dettaglio delle singole regioni (vedi Tabella 2), si nota come in tutte l’incremento di voti di FdI supera il 200%: l’incremento maggiore avviene, in ordine decrescente, in Emilia-Romagna (+578,2%), in Veneto (+576,8%), in Trentino-A.A. (+537,4%) e in Lombardia (+531%).

Gli altri partiti arrivati nelle prime cinque posizioni hanno invece tutti perso voti. Il Pd è il partito che ha retto di più da questo punto di vista: ha perso “solo” il 13% dei suoi elettori, pari a 762.565 voti finiti ad altri partiti o all’astensione. Se quindi dal punto di vista delle percentuali di voto il Pd sembra essere andato leggermente meglio rispetto al 2018 (19% vs 18,7%), in realtà guardando ai valori assoluti la performance risulta peggiore. La zona dove il Pd ha perso più voti è il Nord (-15,5%), seguito dalla sua tradizionale roccaforte (-14,1%). Quest’ultima resta la zona dove il Pd va meglio, mentre quella in cui va nettamente peggio (il Sud) è anche quella che vede una erosione elettorale minore (-8,7%). Le regioni che registrano le perdite maggiori (sopra il 20%) sono l’Umbria (-28,9%), la Basilicata (-27,3%), la Calabria (-23,6%) e la Toscana (-21,6%). Si tratta in alcuni casi di regioni tradizionalmente di sinistra e questo non è un bel segnale per il principale partito del centrosinistra. Come consolazione, tra le regioni dove registra le perdite minori figura un altro storico bastione elettorale, l’Emilia-Romagna (-3,1%). Anche in Abruzzo, in Puglia e in Sardegna le perdite sono molto contenute (-3,5%, -2,7% e -2,4%, rispettivamente), mentre in Trentino-A.A. il Pd aumenta perfino i voti rispetto al 2018 (+3,8%).

Gli altri partiti sono andati nettamente peggio, perdendo più della metà dei voti ottenuti nel 2018. Il M5S è il partito che ha subito il tracollo maggiore, perdendo poco più di 6 milioni di voti per strada rispetto alle politiche, ossia il 59,2% dei consensi del M5s nel 2018. Le perdite rispetto ai consensi ottenuti nel 2018 sono state addirittura del 70,3% nelle regioni settentrionali, dove il M5s ha perso per strada poco più di 2 milioni di elettori. Il Nord è anche la zona del paese dove il M5s ottiene le percentuali più basse. A livello di singole regioni, il M5s perde voti in tutte, registrando le perdite maggiori (superiori al 70%) in Veneto (-78,5%), in Trentino-A.A. (-76,4%) e in Friuli-Venezia Giulia (-74,2%). Simile al Nord è stato il crollo nella ex Zona Rossa, dove il M5s ha perso il 64,3% dei suoi consensi del 2018. Al Sud le perdite sono state chiaramente inferiori, anche se pur sempre superiori al 50% (-52,1%). Perdite di voti inferiori al 50%  si registrano solo in Calabria (-47,7%) e in Campania (-45,7%). Tuttavia, nelle regioni meridionali il M5s è riuscito a mantenere la prima posizione come partito più votato (2.740.617 elettori).

La performance della Lega è stata molto simile a quella del M5s: il partito di Salvini ha perso per strada 3.183.653 elettori, pari al 57,1% del suo elettorato nel 2018. Le perdite maggiori si sono registrate nella ex Zona Rossa (-65,1%) e subito dopo nelle sue tradizionali roccaforti settentrionali (-59,4%). Per ciò che concerne le singole regioni, perdite superiori al 63% dei voti 2018 si registrano in Umbria (-67,3%), in Toscana (-67%), in Emilia-Romagna (-64,5%) e in Friuli-Venezia Giulia (-63,8%). Le perdite minori si sono invece registrate nella sua zona di più recente insediamento, ossia il Sud: -41,6%. In particolare, sotto al 50% sono le perdite in Puglia (-31,4%), in Molise (-25,9%), in Campania (-21,6%), in Calabria (-20,8%) e in Sicilia (-16,4%). In Basilicata la Lega addirittura aumenta i voti rispetto al 2018 (+11,8%). Tuttavia il Sud è anche la zona dove il partito di Salvini ha il minore peso elettorale.

Infine, Forza Italia perde poco più della metà dei consensi rispetto al 2018 (-50,7%), pari a 2.279.989 elettori. Le perdite in questo caso sono distribuite in maniera abbastanza omogenea dal punto di vista territoriale, con un decremento maggiore (-52,8%) nella zona dove va meglio, ossia il Sud. A livello di singole regioni, Forza Italia perde voti in tutte, con decrementi superiori al 55% in Campania (-59,6%), in Liguria (-57,4%) e in Trentino-A.A. (-57,1%), mentre sotto al 45% sono le perdite di voti registrate in Veneto (-42,6%), nelle Marche (-41,4%), in Basilicata (-41%), in Calabria (-40,5%) e in Abruzzo (-37,9%).

Tab. 1 – Perdite e guadagni dei principali partiti disaggregati per zona geopolitica, politiche 2022 e politiche 2018 (valori assoluti e variazioni percentuali)

Tab. 2 – Perdite e guadagni dei principali partiti disaggregati per regione, politiche 2022 e politiche 2018 (valori assoluti e variazioni percentuali)

 

In conclusione, le perdite e i guadagni in termini assoluti dei vari partiti tra le ultime due elezioni politiche sono riportate per facilitare il lettore anche nella Figura 1, da cui il successo di FdI risulta ancora una volta più evidente. C’è un solo vincitore in queste elezioni ed è il partito di Giorgia Meloni.

Fig. 1 – Perdite e guadagni 2022-2018 in valore assoluto




Nicola Maggini è ricercatore in scienza politica. È membro del laboratorio di ricerca spsTREND "Hans Schadee" presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano, del CISE (Centro Italiano Studi Elettorali) e di ITANES (Italian National Election Study). In precedenza è stato Jean Monnet Fellow presso lo Schuman Centre for Advanced Studies dell’Istituto Universitario Europeo e ha partecipato a due progetti di ricerca europei Horizon 2020: Sirius-Skills and Integration of Migrants, Refugees and Asylum Applicants in European Labour Markets e TransSol-Transnational solidarity at times of crisis. Si è addottorato, con lode, in Scienza della Politica all’Istituto Italiano di Scienze Umane nel marzo 2012. Ha pubblicato articoli in diverse riviste scientifiche italiane e internazionali, tra cui European Political Science Review, Journal of Common Market Studies, West European Politics, American Behavioral Scientist, South European Society and Politics, Italian Political Science Review, Journal of Contemporary European Research, Quality & Quantity, Italian Political Science, Italian Journal of Electoral Studies, International Sociology e Quaderni di Scienza Politica. Ha pubblicato, per Palgrave MacMillan, il libro Young People’s Voting Behaviour in Europe. A Comparative Perspective (Palgrave Macmillan, 2016). È inoltre coautore di diversi capitoli in volumi collettanei e ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE. Ha curato (con Andrea Pedrazzani) Come siamo cambiati? Opinioni, orientamenti politici, preferenze di voto alla prova della pandemia (Fondazione Feltrinelli, 2021). Infine, è autore di diverse note di ricerca pubblicate nella serie dei Dossier CISE. I suoi interessi di ricerca si concentrano sullo studio degli atteggiamenti e comportamenti socio-politici, dei sistemi elettorali, del comportamento di voto e della competizione partitica in prospettiva comparata.