Comunali 2011: il voto ai partiti per zona geografica

di

Vincenzo Emanuele

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di Vincenzo Emanuele e Aldo Paparo

Il 15 e 16 Maggio si è votato in 14 comuni capoluogo. Di questi, 10 (Napoli, Salerno, Caserta, Benevento, Barletta, Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza, Crotone, Latina) hanno votato anche alle scorse regionali e dunque solo per questi siamo in grado di effettuare un confronto completo fra i dati aggregati del ciclo elettorale 2006-2011. L’elemento che risalta osservando i quattro grafici qui presenti è il calo generalizzato di tutti e quattro i partiti presenti in Parlamento e, addirittura, di tutti i partiti “nazionali”: perfino Grillo, la Sel e la Federazione della sinistra perdono terreno rispetto al 2010. Questo arretramento generale è dovuto solo in minima parte alla nascita di nuovi soggetti politici (Fli è solo all’1,9%), dal momento che la vera ragione appare essere l’incontenibile proliferazione di liste civiche e personali promosse da imprenditori politici che, grazie al voto di preferenza, cercano di sfruttare la vetrina delle comunali per conquistare qualche seggio. La proliferazione è tale che tutte sommate le liste nazionali principali totalizzano meno di due terzi del totale dei oti validi dell’area.

Fig.1: I due partiti maggiori, dati percentuali.

Chi accusa le perdite maggiori è sicuramente il Pdl che scende al 23,2%, la metà circa dell’exploit delle politiche del 2008 (46,1%). Il dato si pone in continuità con il voto delle regionali 2010 in cui il partito di Berlusconi era sceso di 12,5 punti. Adesso ne cede altri 12,3, facendo addirittura peggio delle comunali 2006 (-2,6 punti). In valori assoluti si tratta del più basso risultato di sempre nel Mezzogiorno: appena 222.000 voti che, pur consentendogli di rimanere di gran lunga il primo partito, sono ben poca cosa rispetto ai 433.000 voti del 2008. Anche rispetto al 2010 il Pdl arretra pesantemente, perdendo 56.000 voti, pari al 20,1% del suo elettorato: in pratica, rispetto alle scorse regionali, un elettore su 5 ha lasciato il Pdl.

Fig. 2: I due partiti maggiori, migliaia di voti.

Discorso analogo per il Pd che scende al livello più basso dal 2006: 16,7% e appena 159.000 voti. Cifre da Ds più che da Pd. Solo un elettore su 6 ha dato il suo voto ai democratici. Il partito di Bersani perde 6,4 punti e 32.000 voti rispetto. Appare così lontanissimo dai livelli del 2008 (33,8% e 318 mila voti) rispetto ai quali risulta dimezzato, ma anche da quelli delle scorse comunali (25,3% e 267 mila voti).

Fig 3: I partiti minori in Parlamento, dati percentuali

Più lievi le perdite per Idv e Udc. Il partito di Di Pietro non riesce a trasformare il boom di De Magistris a Napoli (un successo del candidato più che del partito) in un traino elettorale: è al 5%, sugli stessi livelli delle politiche in calo di quasi un punto rispetto alle regionali ma ancora di gran lunga avanti rispetto al 2,7% delle scorse comunali. In voti assoluti quello dell’Italia dei Valori è un sostanziale pareggio: 47.200 voti, sostanzialmente gli stessi delle ultime due tornate ma quasi 19.000 in più del 2006.

Fig.4: I partiti minori in Parlamento, migliaia di voti

Anche per l’Udc questa tornata elettorale al Sud fa registrare luci ed ombre: i voti in percentuale registrano una leggera flessione, dal 6,4% delle regionali al 6%, un risultato che rimane comunque superiore a quello di comunali e politiche (rispettivamente 5,1 e 5,2%). Se guardiamo i valori assoluti il partito sviluppa un trend leggermente ascendente: dopo aver toccato il punto più basso alle politiche 2008, unica occasione in cui l’Udc scende sotto i 50.000 voti (sembra incredibile, ma il Sud è l’unica area del paese in cui l’affluenza risulta più alta alle comunali che alle politiche), il partito di Casini è risalito nel 2010 a poco meno di 53.000 validi e la scorsa settimana ha sfiorato i 57.000 voti. In sostanza, l’Udc regge: non è un caso che in 6 delle 10 città analizzate (Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza, Crotone, Latina e Caserta) si presentava alleato alla coalizione nella quale gli elettori sono da anni abituati a vederlo: quella di centrodestra.