Le elezioni regionali in Campania, la regione più popolosa del Sud, rappresentano un appuntamento importante nel panorama politico italiano. In un contesto in cui il centrosinistra parte da una posizione di vantaggio, l’offerta politica, la tenuta dell’affluenza, i trend elettorali e il ruolo delle preferenze delineano uno scenario ricco di spunti. Con l’ex presidente della Camera Roberto Fico (M5s) per il centrosinistra e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli (FdI) per il centrodestra, la sfida si gioca anche sull’eredità di Vincenzo De Luca e sulle strategie di mobilitazione nei diversi territori.
La predominanza del centrosinistra
Dal 2000 a oggi la Campania ha conosciuto una chiara predominanza del centrosinistra, interrotta solo nel 2010 con la vittoria del centrodestra guidato da Stefano Caldoro, presidente per un solo mandato. All’epoca, però, il centrodestra si era affermato grazie anche al sostegno di forze centriste come quella di Mastella, oggi nell’orbita del centrosinistra. La forza della coalizione progressista è testimoniata simbolicamente, tra gli altri, dalla città di Napoli, che dal 1993 a oggi non ha mai avuto un sindaco di centrodestra. Per la tornata di quest’anno, il centrosinistra si presenta con otto liste e un fronte ampio, che include il campo largo al completo e liste personali come quelle di Mastella e di De Luca. È la prima volta nella Regione che Pd e M5s si presentano insieme in coalizione. Come per altre elezioni regionali, la domanda è se il Movimento sarà in grado di mantenere il proprio consenso all’interno di un’alleanza più ampia.
Affluenza: il peso delle dinamiche locali
La partecipazione elettorale in Campania segue un trend discendente, come nel resto d’Italia, ma con alcune specificità: le regionali mobilitano meno delle politiche, ma – al contrario, ad esempio, del Veneto – più delle europee, e senza scendere fino ad ora sotto il 50%. Le mappe territoriali mostrano fenomeni interessanti: alle regionali 2020, la partecipazione è risultata particolarmente alta nell’area costiera e nel salernitano, mentre si registra un forte calo nella zona nord di Napoli alle politiche. Questa divergenza territoriale suggerisce una diversa percezione del voto regionale, più legata a dinamiche locali (ha grande importanza il voto di preferenza).
La Napoli “rossa” e popolare
Dal 2013 in avanti, con l’affermazione del M5s, il centrodestra non ha mai superato il 40% in nessuna delle principali elezioni. Un dato che indebolisce la sua capacità competitiva. La mappa del consenso mostra un campo largo molto forte soprattutto a Napoli e provincia, dove il vantaggio rispetto al centrodestra supera in 138 Comuni i 22 punti percentuali. Napoli è una delle aree urbane più grandi d’Europa, e comprende numerosi Comuni popolosi che ne estendono l’influenza politica. Qui, a differenza di altre grandi città meridionali come Palermo e Catania, il consenso delle periferie non si dirige verso il centrodestra, ma in misura significativa verso il centrosinistra, con un ruolo di primo piano del Movimento 5 Stelle.
Quanto contano le preferenze
Il tasso di preferenze espresse è molto variabile tra i partiti. Alle regionali del 2020, la media generale si attestava intorno allo 0,8, con picchi oltre lo 0,9 in alcune province. Ma nel M5s questo dato crolla drasticamente: solo il 40% degli elettori Cinque Stelle ha espresso una preferenza. Un tratto coerente dell’elettorato pentastellato. Tra i cosiddetti “signori delle preferenze” emergono alcune conferme e pochi cambi di casacca. Sono appena tre i candidati che hanno cambiato coalizione rispetto al 2020: Livio Petitto, Giovanni Zannini e Vincenzo Santangelo, per un totale stimato di circa 40.000 voti in transito su 512.000. Un dato che, almeno sulla carta, non dovrebbe alterare significativamente gli equilibri. Va ricordato che Fico può contare su una macchina elettorale piuttosto strutturata, sostenuta da liste forti.
Le incognite
Se da un lato i dati storici e territoriali delineano una situazione favorevole al centrosinistra, dall’altro restano alcune incognite. Il candidato Roberto Fico, pur noto a livello nazionale, non ha il radicamento territoriale di De Luca, che nel 2020 aveva trascinato la coalizione a un exploit senza precedenti (oltre il 69%). La sua assenza potrebbe indebolire il campo largo. Il centrodestra con Cirielli punta su temi ad alto impatto come il condono edilizio. Un’offerta che cerca di intercettare il disagio in alcune aree della Regione. Tuttavia, i dati analizzati mostrano un contesto strutturalmente favorevole al centrosinistra: se questo dovesse perdere, sarebbe un segnale di portata ben più ampia, forse nazionale.
