Autore: Elisa Volpi

  • Regionali 2015: le elezioni in Toscana tra conferme e sorprese

    Regionali 2015: le elezioni in Toscana tra conferme e sorprese

    di Elisa Volpi

    In una regione in cui l’esito politico delle elezioni era (quasi) scontato il primo dato che colpisce è quello relativo all’astensionismo. Meno della metà degli elettori toscani si è recato alle urne questa domenica: ha votato il 48,3% degli aventi diritto, con una flessione di 12,4 punti percentuali rispetto alle elezioni regionali del 2010. Se poi confrontiamo il risultato di questa tornata elettorale con quello delle regionali di dieci anni fa (aprile 2005), il calo dell’affluenza è di 23 punti. Non si tratta di un crollo drammatico come quello registrato alle elezioni regionali in Emilia-Romagna nell’inverno scorso, ma è pur sempre un dato significativo per una delle regioni con maggiore cultura civica e in cui, da sempre, si vota con percentuali superiori alla media nazionale. E a questo proposito, l’aspetto ancora più sorprendente è che la Toscana ha registrato l’affluenza più bassa di queste elezioni regionali. Le province in cui si è votato di meno sono state Massa-Carrara e Lucca, mentre soltanto ad Arezzo e Siena si è superato la soglia del 50% degli elettori.

    Passando invece al risultato dei candidati presidente, l’esito non ha portato a grandi soprese, almeno per quanto riguarda il centrosinistra, da sempre ben radicato in Toscana. Il Presidente uscente Enrico Rossi ha ottenuto il 48% dei voti ed è stato riconfermato al primo turno. Rispetto alle precedenti elezioni regionali, però, Rossi ha perso diversi consensi (circa 12 punti percentuali)[1].

    Il secondo posto invece è andato a Claudio Borghi, sostenuto da Lega Nord e Fratelli d’Italia, che ha ottenuto il 20% dei consensi, più del doppio dell’altro candidato di centrodestra Stefano Mugnai (9.1%) appoggiato da Forza Italia. Un potenziale candidato unico di centrodestra non sarebbe stato quindi in grado di mettere a rischio la vittoria di Rossi. Inoltre, nella competizione maggioritaria, il centrodestra è calato rispetto alle regionali precedenti, quando il candidato unitario di Lega e Popolo della Libertà aveva ottenuto il 34,4% dei voti.

    Il terzo miglior risultato è stato quello di Giacomo Giannarelli del Movimento 5 Stelle, che è stato votato dal 15% degli elettori. Tommaso Fattori, nonostante i numerosi endorsement ricevuti, compreso quello da parte del leader di Podemos Pablo Iglesias, si è fermato al 6,3%. Infine, negativa la performance del candidato di Udc e Ncd, Gianni Lamioni, che ha ottenuto appena l’1,3% dei voti, con un calo di 3,3 punti percentuali rispetto al 2010, quando il candidato dell’Udc si era piazzato terzo.

    Se la competizione maggioritaria non ha registrato grandi novità rispetto al passato, decisamente più interessanti sono i dati sulla competizione tra liste.

    Per quanto riguarda il centrosinistra, il Pd si conferma il primo partito della regione. Rispetto al 2010, il Pd cresce di circa 4 punti percentuali, passando dal 42,2% al 46,4%, ma cala rispetto alle elezioni europee dello scorso anno, quando aveva ottenuto il 56,4% dei voti. Sempre nell’area di sinistra, la lista Sì Toscana a Sinistra, espressione della Lista Tsipras, Sel e Prc, migliora rispetto a tutte le elezioni precedenti.

    Ma a sorprendere è soprattutto il risultato della Lega Nord che diventa il secondo partito della regione, con il 16,2% dei voti. Un vero e proprio successo per il partito di Salvini che guadagna voti anche in termini assoluti, nonostante il calo dell’affluenza. La Lega ha ottenuto 10 punti percentuali e quasi 116mila voti in più rispetto al 2010; ancora più impressionante il balzo rispetto alle europee di quasi 14 punti percentuali, ma soprattutto in confronto alle politiche del 2013 (+15,5 punti). In questo modo la Lega Nord non soltanto ha scalzato il Movimento 5 Stelle (rimasto sostanzialmente stabile rispetto alle europee, con appena 1,6 punti percentuali in meno) che adesso è il terzo partito in Toscana, ma anche tutti gli altri partiti di centrodestra. In particolar modo, si è ulteriormente ridotto il consenso nei confronti di Forza Italia, che non raggiunge neanche la doppia cifra e si ferma all’8,5%, perdendo 3 punti percentuali rispetto alle europee 2014 e 9 punti rispetto alle politiche 2013. Stesso andamento per Ncd-Udc che perdono rispetto alle tornate elettorali precedenti. Va meglio invece a Fratelli d’Italia, alleato della Lega, che raddoppia i consensi rispetto alle elezioni europee.

    Per quanto riguarda la distribuzione del voto per provincia, Rossi e il Pd vincono in tutte le circoscrizioni, quasi sempre seguiti dal candidato leghista e da quello del Movimento 5 Stelle. Uniche eccezioni Arezzo e Livorno. Nel primo caso ad arrivare terzo è stato il candidato di Forza Italia che ha ottenuto circa il 14,5% dei consensi, contro il 13,1 del candidato a 5 stelle. A Livorno, invece, Giannarelli si è piazzato dietro Rossi, ma con uno scarto minimo (poco più di un punto percentuale di differenza) rispetto al candidato della Lega Nord.

    Per concludere, la Toscana si conferma “terra rossa” e i rapporti di forza tra centrosinistra e centrodestra non sembrano essere sostanzialmente cambiati. Trasformazioni invece sembrano essere in corso all’interno del blocco di centrodestra, con un risultato della Lega Nord a dir poco straordinario. A far riflettere, però, resta come sempre negli ultimi anni, il risultato dell’astensionismo, che è diventato il primo partito anche in una regione come la Toscana tradizionalmente caratterizzata da una partecipazione civica e politica diffusa.

    Tab. 1 – Risultati delle elezioni regionali 2015 in Toscana. Valori assoluti, percentuali e seggi[2]

     

    Tab. 2 – Risultati delle elezioni regionali 2015 nelle dieci province della Toscana. Valori assoluti e percentuali


    [1] E’ vero che nel 2010 Rossi era appoggiato non solo dal Pd, ma anche da Sel, Idv e Federazione della Sinistra, ma anche se sommassimo ai voti di Rossi quelli presi dal candidato della sinistra più radicale Tommaso Fattori, la percentuale di voti per Rossi sarebbe comunque inferiore rispetto al 2010.

    [2] Mancano ancora 2 seggi da scrutinare nella circoscrizione di Arezzo.

  • Elezioni Regionali in Piemonte: vittoria del centrosinistra o disfatta del centrodestra?

    di Elisa Volpi

     Dopo una lunga vicenda giudiziaria, iniziata subito dopo le elezioni regionali del 2010 e non ancora del tutto conclusa, che ha portato all’annullamento delle consultazioni di quattro anni fa, il Piemonte è stato chiamato a scegliere il successore di Roberto Cota. Le elezioni regionali si sono svolte contestualmente a quelle europee e hanno sicuramente risentito del clima particolarmente favorevole nei confronti del Partito Democratico.

    Per quanto riguarda la partecipazione elettorale, dopo anni in cui l’affluenza alle regionali era sensibilmente calata, si è avuto una lieve flessione positiva: il 66,4% degli aventi diritto si è recato alle urne, contro il 64,33% del 2010. Non si è quindi registrata la crisi di partecipazione che si è invece verificata in altre consultazioni regionali, come in Sardegna a febbraio 2014, o in Basilicata nell’autunno del 2013. Nonostante l’astensione non sia cresciuta, essa si attesta comunque a livelli superiori rispetto a quelli delle politiche: nel 2013 per il rinnovo del Parlamento si era recato a votare circa il 77% degli aventi diritto. Per quanto il trend abbia invertito il suo senso, siamo molto lontani dai livelli di partecipazione che le elezioni regionali piemontesi avevano registrato in passato (si veda figura 1). Nel 1995 si era astenuto appena il 17% degli elettori, percentuale che è salita a circa il 28% nel 2000 e 2005 per poi balzare al 36% nel 2010, con un aumento di ben 8 punti percentuali. L’astensione del 2014 quindi, pur non crescendo, resta in linea con i dati degli ultimi anni e colpisce circa un terzo dell’elettorato piemontese.

    Fig.1 – Affluenza alle elezioni regionali in Piemonte, 1995-2014

    I due terzi di piemontesi che sono andati a votare potevano scegliere tra 6 candidati Presidente e 17 liste. Il Piemonte nella Seconda Repubblica, dopo i dieci anni di presidenza di Enzo Ghigo (eletto per la prima volta nel 1995 e  confermato nel 2000), ha poi conosciuto un’alternanza tra centrodestra e centrosinistra al governo della regione: dal 2005 al 2010 Mercedes Bresso ha governato con la sua coalizione di centrosinistra, seguita da Roberto Cota, appoggiato da un ampio schieramento di centrodestra (2010-2014). Possiamo quindi considerare il Piemonte come una regione competitiva dal punto di vista elettorale, come confermano i risultati di queste consultazioni. Ma l’esito delle elezioni correnti era (quasi) scontato: i sondaggi avevano dato Chiamparino e la sua coalizione in netto vantaggio sugli altri candidati. Al vantaggio di Chiamparino hanno contribuito due fattori: il clima di sfiducia nei confronti del centrodestra dopo lo scandalo rimborsi di cui sono stati protagonisti alcuni dei consiglieri regionali dello schieramento e la mancata unità del centrodestra, che ha presentato tre candidati diversi. Gilberto Pichetto era il candidato sostenuto da Forza Italia e Lega Nord (più altre liste minori), Guido Crosetto il candidato di Fratelli d’Italia e Enrico Costa quello del Nuovo Centro Destra-UDC.

    Il risultato delle urne ha confermato le aspettative: Chiamparino ha ottenuto il 47,1% dei voti, staccando di 25 punti percentuali il rivale Pichetto che si è fermato al 22,1%. Il candidato di Forza Italia e Lega ha sopravanzato di pochissimo Davide Bono del Movimento 5 Stelle che ha conquistato il 21,5% dei voti. Molto indietro sono rimasti, invece, gli altri tre candidati Presidente che non hanno neppure raggiunto il 10% delle preferenze (Crosetto: 5,2%; Costa 2,9%; Filingeri 1,1%). Nonostante la vittoria annunciata, confrontando i risultati di domenica con quelli di quattro anni fa, ci accorgiamo che Chiamparino non ha guadagnato poi molti voti in confronto a quelli presi dalla Bresso. In termini percentuali la Bresso ottenne il 46,9% delle preferenze, cioè 1.033.989 voti. Chiamparino ha preso 1.057.031 voti, quindi appena 23mila in più della Bresso. Se guardiamo alla performance di Pichetto vediamo come il bacino di voti del centrodestra si sia drasticamente ridotto rispetto al 2010. Il candidato di Forza Italia e Lega ha conquistato poco meno di 500mila preferenze, contro 1.043.275 che aveva ottenuto Cota. Anche se sommassimo i voti presi da Pichetto quelli ottenuti da Crosetto e da Costa (con un’operazione un po’ generosa nei confronti del centrodestra, dal momento che l’UDC nel 2010 appoggiava il candidato del centrosinistra) arriveremmo a circa 681mila sostegni, che sono molto lontani dagli oltre 1 milione di voti che aveva conquistato Cota. Se il centrodestra non può certo sorridere davanti a questo risultato elettorale, una certa soddisfazione può invece averla il candidato del Movimento 5 Stelle Bono, alla sua seconda campagna per la Presidenza della regione Piemonte. Bono nel 2010 aveva ottenuto poco più di 90mila voti, mentre domenica gli elettori piemontesi che gli hanno accordato la loro fiducia sono stati ben oltre 481mila, cinque volte di più rispetto alle elezioni precedenti.

    Tab. 1 – Voti assoluti e percentuali per i candidati Presidente

    CANDIDATI PRESIDENTE VOTI %
    Sergio Chiamparino (CSX) 1,057,031 47.1
    Gilberto Pichetto (FI+ Lega) 495,993 22.1
    Davide Bono (M5S) 481,453 21.5
    Guido Crosetto (FdI) 117,807 5.2
    Enrico Costa (NCD-UDC) 67,025 2.9
    Mauro Filingeri (Altro Piemonte a Sinistra) 25,193 1.1

    Chiamparino quindi sembra aver vinto non tanto perché è riuscito a portare dalla parte della sua coalizione molti nuovi elettori, ma perché la destra ha subito un vero e proprio tracollo (pari almeno a 400mila voti, secondo i calcoli appena visti). Un’analisi approfondita dei flussi potrebbe chiarire se i voti persi dai partiti di centrodestra siano andati a favore dello schieramento di Chiamparino o invece verso il Movimento 5 Stelle.

    Passando all’analisi dei voti ottenuti dalle liste, colpisce la straordinaria performance del Partito Democratico che passa dal 25% ottenuto alle elezioni politiche del 2013 (dato già superiore al 23,2% delle regionali 2010) al 36,2%, con aumento di quasi 40mila voti assoluti, che rendono il partito di Renzi il primo della regione. Se il risultato della competizione maggioritaria può essere soddisfacente per il candidato grillino Bono, non si può dire altrettanto della lista pentastellata che ha perso diversi voti rispetto alle politiche 2013, quando aveva superato quota 700mila voti (corrispondenti a più del 27% dei consensi). Domenica il M5S ha preso poco meno di 400mila preferenze che lo hanno portato ad affermarsi come secondo gruppo politico più forte in Piemonte. Certo, se il confronto viene fatto non con le politiche delle scorso anno, ma con le elezioni regionali precedenti, l’aumento di peso del Movimento di Grillo appare consistente, dal momento che nel 2010 le preferenze erano state “appena” 69mila. La rappresentanza grillina all’Assemblea regionale del Piemonte passa così da 2 ad 8 seggi. Altrettanto consistenti le perdite in casa del centrodestra: la Lega Nord non riesce a confermare l’ottimo esito delle regionali del 2010 quando le preferenze furono oltre 317mila. Nel 2014 il partito di Salvini ha ottenuto meno della metà dei consensi (141.741) e vede ridursi il numero dei propri rappresentanti da 9 a 2. Il confronto con le politiche 2013 rivela però come la Lega Nord abbia in realtà recuperato qualche consenso rispetto allo scorso anno, quando i voti erano stati circa 122mila. Più complesso valutare le perdite di Forza Italia: nelle due elezioni precedenti infatti il partito di Berlusconi non aveva ancora subito la scissione degli alfaniani del Nuovo Centro Destra che a queste consultazioni hanno presentato una lista unica insieme all’UDC. Per risolvere questo inconveniente e valutare il peso relativo della componente alfaniana possiamo detrarre dai voti ottenuti dalla lista unica di Casini e Alfano (circa 49mila) i voti che l’Unione di Centro aveva ottenuto alle politiche del 2013 (circa 30mila). Restiamo quindi con 19mila voti che possono essere sommati a quelli conquistati da Forza Italia (302.743) per un totale di quasi 322mila consensi, un risultato a dir poco insoddisfacente se confrontato con le oltre 474mila preferenze ottenute nella primavera del 2010 e alle 506mila prese alle ultime politiche. Berlusconi vede quindi più che dimezzata la propria rappresentanza in Piemonte (da 13 a 6 seggi).

    Tab.2 – Il voto alle liste e confronto con politiche 2013 e regionali 2010, valori assoluti e percentuali

    LISTA REGIONALI 2014 POLITICHE 2013 REGIONALI 2010 DIFF. REG.- DIFF. REG.-
    VOTI % VOTI % VOTI % POL. punti perc. REG. punti perc.
    PD 704,541 36.2 643,863 25 439,663 23.2 11.2 13
    SEL 40,873 2.1 76,186 2.9 27,198 1.4 -0.8 0.7
    SC 29,313 1.5 270,623 10.5 _ _ -9 _
    IDV (Rivoluzione civile)1 13,658 0.7 53,614 2.1 130,649 6.9 -1.4 -6.2
    ALTRI CSX 142,516 7.4 _ _ 303,027 16 _ -8.6
    FI (PDL)2 302,743 15.5 506,584 19.9 474,431 25 -4.4 -9.5
    LN 141,741 7.3 122,366 4.9 317,065 16.7 2.4 -9.4
    ALTRI CDX 34,805 1.9 _ _ 98,420 5.2 _ -3.3
    NCD-UDC (UDC)2 49,059 2.5 30,739 1.2 74,412 3.9 1.3 -1.4
    FdI (PDL)1 72,776 3.7 65,930 2.6 _ _ 1.1 _
    M5S 481,453 21.5 706,652 27.5 69,448 3.7 -6 17.8
    ALTRI 19,467 0.9 55,857 _ _ 1.8 _ -0.9
    1 in parentesi lista alle politiche 2013; 2 in parentesi lista alle politiche 2013 e alle regionali 2010
    Nota: UDC nel 2010 faceva parte della coalizione del centrosinistra

    In conclusione, l’analisi disaggregata della competizione ha mostrato come la vittoria del fronte di centrosinistra sia stata determinata dalle consistenti perdite che hanno colpito il principale schieramento avversario. Dall’altra parte l’ottima performance del Partito Democratico consente a Chiamparino di scongiurare un problema che si sarebbe potuto verificare con un altro esito elettorale. Il sistema elettorale del Piemonte, infatti, a seguito di due sentenze della Corte Costituzionale è stato modificato e non garantisce più la maggioranza assoluta dei seggi al primo schieramento. Ma la tenuta della coalizione di centrosinistra e l’exploit del PD assicurano a Chiamparino quasi il 65% dei seggi disponibili a Palazzo Lanfranchi, scongiurando il rischio ingovernabilità che alla vigilia di queste elezioni era stato sottolineato da diverse parti.