Autore: Piret Ehin

  • Europee Estonia: un quadro delineato dalle precedenti elezioni politiche

    Europee Estonia: un quadro delineato dalle precedenti elezioni politiche

    Traduzione di Irene Fratellini.

    Contesto

    Le elezioni per il Parlamento Europeo in Estonia nell’anno corrente si sono svolte in un clima politico piuttosto acceso che ha prevalso all’indomani delle elezioni generali tenutesi appena tre mesi prima. In un “notevole fallimento della politica tradizionale” (Walker, 2019), due partiti liberali, Riforma e Centro (entrambi membri del gruppo ALDE al PE), non sono riusciti a collaborare con successo al processo di formazione del governo. Dopo aver respinto l’invito del Partito Riformatore ad avviare le trattative di coalizione, il Partito di Centro in carica ha formato una coalizione con due partiti di destra, tra cui il moderato Pro Patria e l’illiberale, xenofobo ed euroscettico Partito Popolare Conservatore Estone (EKRE). L’accesso al governo di un partito populista di estrema destra ha allarmato sia l’Estonia che l’estero. Tale inclusione è infatti considerata come una minaccia ai valori liberali, alla reputazione internazionale dell’Estonia e ai legami di alleanza da cui dipende la sicurezza del paese. Al momento dell’elezione del Parlamento Europeo, il nuovo governo era in carica da meno di un mese, segnato da un inizio accidentato vista la serie di scandali associati a EKRE, l’enfant terrible della coalizione. Alla luce di ciò, il voto nelle elezioni del Parlamento europeo è stato fortemente condizionato dalle valutazioni dei cittadini sugli sviluppi politici interni dalle elezioni del 3 marzo.

    L’Estonia ha sei seggi nel Parlamento Europeo. L’uscita del Regno Unito aumenterà il numero di deputati eletti dall’Estonia a sette. L’intero paese è una singola circoscrizione elettorale. Questo, combinato con un sistema elettorale di liste aperte che prevede il voto per un candidato specifico rispetto a una lista di partito nel suo complesso, fa sì che le elezioni dell’Europarlamento in Estonia siano focalizzate principalmente sul candidato.

    Contendenti e campagna elettorale

    Complessivamente, nove partiti politici hanno concorso alle elezioni del Parlamento Europeo del 2019, di cui cinque sono rappresentati nel parlamento nazionale. Il più grande è il Partito Riformatore, un partito liberale a favore del mercato con un forte impegno nell’Unione Europea e nella NATO. Il Partito Riformatore, nonostante fosse uscito vittorioso dalle elezioni nazionali nel marzo 2019, è rimasto all’opposizione dopo l’inaspettata alleanza del Partito di Centro con Pro Patria e EKRE. Al vertice della lista dei candidati del Partito Riformatore per le elezioni europee c’era Andrus Ansip, primo ministro dell’Estonia nel 2005-2014 e vicepresidente della Commissione Europea. L’elenco delle riforme comprendeva altri candidati di spicco come l’ex primo ministro Taavi Rõivas e l’ex ministro e parlamentare Urmas Paet. Il secondo maggiore concorrente, il Partito di Centro, è stato il partito del Primo Ministro dalla fine del 2016. Pur perseguendo una strategia ‘piglia-tutto’, il Centro è stato scelto dalla stragrande maggioranza dei russofoni in Estonia. Il principale candidato di quest’ultimo partito alle elezioni del Parlamento Europeo è stato Yana Toom, eurodeputata e portavoce della minoranza russa, le cui critiche contro le sanzioni occidentali contro la Russia hanno sollevato diverse polemiche, insieme alla posizione presa in merito agli attacchi statunitensi alla Siria e delle dichiarazioni sprezzanti sulla lingua e la cultura estone.

    I socialdemocratici (SDE) sono entrati nella competizione come un piccolo partito di opposizione. Tuttavia, la loro lista era guidata da un altro eminente politico, Marina Kaljurand, ex ministro degli Esteri, diplomatico e concorrente alle elezioni presidenziali estoni nel 2016. Kaljurand ha dimostrato un vantaggio significativo rispetto a tutti gli altri candidati nei sondaggi d’opinione prima delle elezioni europarlamentari. Infine, i due partiti conservatori in coalizione, Pro Patria e EKRE, hanno ottenuto un punteggio inferiore nei sondaggi pre-elettorali. In particolare, EKRE sembra aver nominato candidati senza un interesse genuino e delle realistiche prospettive di conquistare un seggio in Parlamento Europeo, puntando invece sulla popolarità del partito in modo più in più ampio. EKRE è anche l’unico partito politico in Estonia che ha adottato un euroscetticismo piuttosto duro. Tuttavia, a fronte di livelli molto alti di sostegno pubblico per l’UE in Estonia (Commissione europea, 2019), il partito si è astenuto dal condannare l’adesione all’UE e ha limitato la sua retorica a criticare la federalizzazione europea, nonché la decaduta sovranità degli Stati membri. Nel complesso, la campagna elettorale non è stata notevolmente attiva vista anche la mancanza di finanziamenti a seguito delle elezioni nazionali molto contestate pochi mesi addietro. Inoltre, i partiti di opposizione hanno definito esplicitamente le elezioni del Parlamento Europeo come un’opportunità per protestare contro l’inclusione di populisti di estrema destra nel governo. In quanto tale, l’elezione si è rivelata classicamente di secondo ordine, utilizzata dagli elettori per punire la classe politica in carica (Reif e Schmitt, 1980).

    Risultati

    L’affluenza è stata del 37,6%, praticamente uguale a quella delle elezioni del Parlamento Europeo del 2014 (36,5%). La più alta partecipazione elettorale si è registrata nelle due maggiori città e nell’area circostante la capitale, mentre ha raggiunto solo il 24,3% nella contea nord-orientale dell’Ida-Viru, dove i russofoni costituiscono la maggioranza. La scarsa affluenza tra i russofoni è stata attribuita per lo più alla loro crescente alienazione dal Partito di Centro che per quasi due decenni è stato prediletto dalle minoranze etniche dell’Estonia. L’alienazione ha a che fare con la disapprovazione da parte dei russi della decisione del Partito Centrale di entrare in una coalizione con l’estrema destra EKRE, così come i recenti scandali che coinvolgono la rete locale del partito nella contea di Ida-Viru. Quasi la metà di tutti i voti in queste elezioni (47,2%)  sono stati espressi elettronicamente, dimostrando così una forte fiducia nel sistema di votazione da remoto in Estonia, il quale viene utilizzato nelle elezioni locali, nazionali e del Parlamento Europeo dal 2005 (si veda anche Vassil et al., 2016).

    I due partiti dell’opposizione parlamentare -il Partito Riformatore e i Socialdemocratici- sono stati i vincitori principali di queste elezioni. Il Partito Riformatore ha preso il 26,2% dei voti, assicurandosi due seggi. Il SDE ha ottenuto il 23,3% dei voti, conquistando due seggi. Marina Kaljurand della SDE è stata la ‘star’ di questa elezione, ricevendo 65.549 preferenze su 332.104 totali. L’ottimo risultato da lei ottenuto ha fornito la necessaria spinta al candidato SDE in seconda posizione, l’ex ministro degli esteri e della difesa Sven Mikser (2886 voti), assicurandogli un seggio. Andrus Ansip, il miglior candidato nella lista del Partito Riformatore, è stato il secondo più votato in queste elezioni (41.017 voti). Come critico di spicco della coalizione Centro-EKRE-Pro Patria, ha strumentalizzato la protesta contro il nuovo governo, mentre le sue credenziali come ex Primo Ministro dell’Estonia e Commissario Europeo hanno garantito un forte sostegno. Un altro politico ben noto del Partito Riformatore, Urmas Paet, ha ottenuto 30.014 voti.

    Il Partito di Centro, in carica, ha ottenuto il peggior risultato nelle elezioni. Il suo 14,4% dei voti (corrispondente ad un seggio) è in netto contrasto con la quota di voti (23,1%) ottenuta nelle elezioni generali circa tre mesi prima. Più di metà dei voti espressi per il Partito di Centro è andato a Yana Toom, portavoce della minoranza russofona e rappresentante di spicco dell’opposizione interna del Partito di Centro che si era espressa contro l’alleanza del suo partito con l’EKRE. Di fatto, la sconfitta del Centro dopo solo un mese in carica al governo è stato indice della delusione dei propri elettori in merito alla sopracitata coalizione. Quest’ipotesi è confermata da 20.640 voti (6,2%) raccolti dal candidato indipendente Raimond Kaljulaid, un ex politico popolare del Partito di Centro e funzionario municipale di Tallinn, che ha lasciato il partito prima delle elezioni del Parlamento Europeo in aperta opposizione alla coalizione con EKRE. Tutto sommato, le scarse prestazioni del Centro confermano la percezione che, aggrappandosi al potere a costo di accomodare l’estrema destra, il primo ministro Jüri Ratas abbia allontanato i classici elettori del partito e causato danni a lungo termine alle sue prospettive elettorali.

    I due partiti del governo neoeletto hanno ottenuto un risultato migliore del partito del primo ministro. Con il 12,7% dei voti e un seggio, l’EKRE è stato il quarto partito più popolare. Questo risultato contrassegna una caduta rispetto alle elezioni generali del marzo 2019 in cui l’EKRE aveva ottenuto il 17,8% dei voti. L’unico seggio dell’EKRE è andato a Jaak Madison (16.631 voti), che è stato proattivo nel collaborare con altre forze di estrema destra in Europa. Pro Patria si è piazzata quinta con il 10,3% dei voti, il che darà al partito un seggio se la Brexit si materializza. Riho Terras (21.477 voti) sarà quindi l’unico eurodeputato estone nel gruppo PPE. Diversi commentatori hanno sottolineato l’auspicabilità di ottenere rappresentati nel più grande gruppo politico del Parlamento Europeo, considerando che l’Estonia è un piccolo paese.

    Circa il 13% dei voti è andato a piccoli partiti extraparlamentari e candidati indipendenti, nessuno dei quali ha vinto un seggio nel PE. Eesti 200, un nuovo partito liberale, ha ottenuto il 3,2% dei voti. A differenza dei loro pari in molti altri paesi, i Verdi estoni non hanno mobilitato gli elettori – il partito ha ottenuto solo l’1,8% dei voti.

    Tab. 1 – Risultati delle elezioni per il Parlamento Europeo: Estonia
    Partito Gruppo parlamentare Voti (VA) Voti (%) Seggi Seggi in caso di Brexit Diff. di voti dal 2014 (PP) Diff.  di seggi dal 2014 Diff.  di seggi  dal 2014 in caso di Brexit
    Partito Riformatore Estone ALDE 87.160 26,2 2 2 +1,9 +0 +0
    Partito Socialdemocratico (SDE) S&D 77.375 23,3 2 2 +9,7 +1 +1
    Partito di Centro Estone ALDE 47.799 14,4 1 1 -8,0 +0 +0
    Partito Popolare Conservatore Estone (EKRE) MENL 42.265 12,7 1 1 +8,7 +1 +1
    Patria EPP 34.188 10,3 0 1 -3,6 -1 +0
    Raimond Kaljulaid (candidato indipendente) 20.640 6,2 0 0 +6,2 +0 +0
    Estonia 200 10.700 3,2 0 0 +3,2 +0 +0
    Verdi Estoni Greens/EFA 5.824 1,8 0 0 +1,5 +0 +0
    Totale 325.951 100 7
    Affluenza (%) 55,5
    Soglia legale di sbarramento (%) Nessuna

    Conclusioni

    Nel complesso, i risultati estoni parlano di una continua dominazione delle principali forze politiche liberali: tre dei sei seggi dell’Estonia (sette dopo la Brexit) sono andati all’ALDE, due al gruppo dei Socialisti e Democratici, uno al Partito Popolare Europeo (condizionale alla Brexit) e uno andrà a rafforzare un futuro gruppo euroscettico nel PE. Sebbene le reazioni all’inclusione di un partito populista di estrema destra nel governo nazionale hanno avuto le conseguenze principali per le elezioni del Parlamento Europeo del 2019, sarebbe sbagliato concludere che la dimensione europea sia stata del tutto assente. In effetti, il panorama nazionale e quello europeo/internazionale appaiono intrecciati, poiché l’ascesa di EKRE è stata vista da molti come una minaccia per l’orientamento politico filooccidentale del paese, un orientamento che è stato un pilastro della politica estone sin dalla riconquista dell’indipendenza.

    Riferimenti bibliografici

    Commissione Europea (2019). Standard Eurobarometer 2004-2019, Bruxelles, Unione Europea, disponibile presso: https://ec.europa.eu/commfrontoffice/publicopinion.

    Reif, K. e Schmitt, H. (1980), ‘Nine Second-Order National Elections: A Conceptual Framework for the Analysis of European Election Results’, European Journal of Political Research, 8 (1), pp. 3–44.

    Vassil, K., Solvak, M., Vinkel, P., Trechsel, A. H. e Alvarez, M. (2016), ‘The diffusion of internet voting. Usage patterns of internet voting in Estonia between 2005 and 2015’, Government Information Quarterly, 33 (3), pp. 453–459.

    Walker, S. (2019), ‘Racism, sexism, Nazi economics: Estonia’s far right in power’, The Guardian, 21 maggio, disponibile presso: https://www.theguardian.com/world/2019/may/21/racism-sexism-nazi-economics-estonia-far-right-in-power-ekre.

  • Estonia: A Scene Set by the Preceding National Election

    Estonia: A Scene Set by the Preceding National Election

    Context

    2019 EP elections in Estonia took place amidst a heated political atmosphere that prevailed in the aftermath of the general election held less than three months prior. In a “remarkable failure of mainstream politics” (Walker, 2019), two liberal parties, Reform and Centre (both members of the ALDE group in the EP), failed to cooperate in the process of government formation. Having rejected an invitation by the victorious Reform Party to start coalition talks, the incumbent Centre Party formed a coalition with two right-wing parties, including a moderate Pro Patria and an illiberal, xenophobic, and eurosceptic Estonian Conservative People’s Party (EKRE). The inclusion of a far-right populist party in the government caused an alarmed reaction both at home and abroad. It was seen as a threat to liberal values, Estonia’s progressive international reputation, and to alliance ties on which the small country’s security so heavily depends. By the time of the EP election, the new government had been in office for less than a month. It had been off to an extraordinarily bumpy start, marked by a variety of scandals associated with EKRE, the coalition’s enfant terrible. Against this backdrop, vote choice in EP elections was strongly influenced by one’s evaluation of domestic political developments since the March 3 election.

    Estonia has six seats in the EP. The exit of the United Kingdom will increase the number of MEPs elected from Estonia to seven. The entire country is a single constituency. This, combined with an open-list electoral system that entails voting for a specific candidate as opposed to a party list as a whole makes EP elections in Estonia highly candidate-centred.

    Contenders and campaigns

    Altogether, nine political parties competed in the 2019 EP election, including five that are represented in the national parliament. The largest is the Reform Party, a liberal pro-market party with strong commitment to the EU and NATO membership, which, despite emerging as a winner of the national election in March 2019, remained in opposition after the Centre Party’s unexpected alliance with Pro Patria and EKRE. At the top of Reform’s candidate list for the European election was Andrus Ansip, Prime Minister of Estonia in 2005—2014 and Vice President of the European Commission. Reform’s list included other candidates of clout such as former Prime Minister Taavi Rõivas and former minister and MEP Urmas Paet. The second largest contender, the Centre Party, had been the prime ministerial party since late 2016. While pursuing a catch-all strategy, the Centre has been the party of choice for the vast majority of Russian-speakers in Estonia. The Centre’s leading candidate at the EP election was Yana Toom, MEP and spokesperson for the Russian minority, who has caused controversy with her criticism of Western sanctions against Russia, US attacks on Syria and dismissive statements about the Estonian language and culture.

    The Social Democrats (SDE) entered the race from the position of a smallish opposition party. However, their list was headed by another eminent politician, Marina Kaljurand, former Minister of Foreign Affairs, diplomat and contestant in the Estonian presidential election in 2016. Kaljurand demonstrated a significant lead compared to all other candidates in opinion polls ahead of the EP election. Finally, two conservative coalition parties, Pro Patria and EKRE, scored lower in pre-election polls. EKRE in particular appeared to make little effort to nominate candidates with a genuine interest and a realistic prospect of taking up a seat in the EP, instead putting their stakes on the party’s popularity more generally. EKRE is also the only political party in Estonia that has embraced hard euroscepticism. However, in the context of very high levels of public support for the EU in Estonia (European Commission, 2019), the party refrained from condemning EU membership, and limited its rhetoric to criticizing European federalization and decrying member states’ decreased sovereignty. Overall, the election campaigns were characterized by low intensity and a lack of funding following the highly contested national election just a few months prior. Moreover, opposition parties explicitly framed EP elections as an opportunity to voice protest against the inclusion of far-right populists in the government. As such, the election was set out to be classically second-order, used by voters to punish the political incumbents (Reif and Schmitt, 1980).

    Results

    Turnout was 37.6% – virtually the same as in the 2014 EP election (36.5%). Electoral participation was highest in two largest cities and the area surrounding the capital, while reaching only 24.3% in the North-Eastern Ida-Viru county where Russian-speakers constitute a majority. The low turnout among Russian-speakers was widely attributed to their growing alienation from the Centre Party which had, for nearly two decades, served as the party of choice for Estonia’s ethnic minorities. The alienation has to do with Russian-speakers’ disapproval of the Centre Party’s decision to enter a coalition with the far-right EKRE, as well as recent scandals involving the local party branch in the Ida-Viru county. Almost half (47.2%) of all votes in these elections were cast electronically, signalling strong trust in Estonia’s remote internet voting system which has been used in local, national and EP elections since 2005 (see also Vassil et al., 2016).

    The two parliamentary opposition parties –Reform Party and the Social Democrats– were the main winners of these elections. The Reform Party took 26.2% of the vote, securing two mandates. The SDE got 23.3% of the vote, also filling two seats. SDE’s Marina Kaljurand appeared as the brightest star of this election, receiving 65,549 personal votes out of 332,104 votes cast in total. Her extraordinary result provided the much-needed boost to the second-placed SDE candidate, former foreign and defense minister Sven Mikser (2,886 votes), securing him a seat. Andrus Ansip, top candidate on the Reform Party’s list, was the second-biggest vote magnet in these elections (41,017 votes). As a prominent critic of the Centre-EKRE-Pro Patria coalition, he capitalized from protest against the new government, while his credentials as Estonia’s longest serving PM and a European Commissioner guaranteed a strong backing. Another well-known Reform politician, Urmas Paet, attracted 30,014 votes.

     

    Table 1 – Results of the 2019 European Parliament elections – Estonia
    Party EP Group Votes (N) Votes (%) Seats Seats in case of Brexit Votes change from 2014 (%) Seats change from 2014 Seats change from 2014 in case of Brexit
    The Estonian Reform Party ALDE&R 87160 26.2 2 2 +1.9 +0 +0
    The Social Democratic Party (SDE) S&D 77375 23.3 2.0 2 +9.7 +1.0 +1
    The Center Party ALDE&R 47799 14.4 1.0 1 -8.0 +0.0 +0
    The Conservative People’s Party of Estonia (EKRE) MENL 42265 12.7 1.0 1 +8.7 +1.0 +1
    Pro Patria EPP 34188 10.3 0.0 1 -3.6 -1.0 +0
    Raimond Kaljulaid (independent candidate) 20640 6.2 0.0 0 +6.2 +0.0 +0
    Estonia 200 10700 3.2 0.0 0 +3.2 +0.0 +0
    Estonian Greens Greens/EFA 5824 1.8 0.0 0 +1.5 +0.0 +0
    Total 325951 100 7
    Turnout (%) 37.6
    Legal threshold for obtaining MEPs (%) none

     

    The incumbent Centre Party was the biggest loser of the election. Its 14.4% of the vote (corresponding to one mandate) stand in stark contrast to its vote share (23.1%) in general elections less than three months prior. Over a half of all votes cast for the Centre Party went to Yana Toom, a spokesperson for the Russian-speaking minority and a leading representative of the “internal opposition” of the Centre Party who had spoken out against her party’s alliance with EKRE. The Centre’s defeat after a mere month of leading a new government sent a clear signal that the party’s voters considered a coalition with EKRE to be a major mistake. This interpretation is confirmed by 20,640 votes (6.2%) collected by independent candidate Raimond Kaljulaid, a former highly popular Centre Party politician and Tallinn municipal official, who quit the party prior to EP elections over the coalition with EKRE. All in all, the Centre’s poor performance confirms the perception that by clinging on to power at the cost of accommodating the far-right, PM Jüri Ratas has alienated the party’s traditional vote base and caused long-term damage to the party’s electoral prospects.

    The two junior government parties performed better than the PM’s party. With 12.7% of the vote and one mandate, EKRE was the fourth most popular party. This result is a relapse compared to March 2019 general election where EKRE won 17.8% of the vote. EKRE’s sole mandate went to Jaak Madison (16,631 votes) who has been proactive in liaising with other far-right forces in Europe. Pro Patria placed fifth with 10.3% of the vote, which will give the party a mandate if Brexit materializes. Riho Terras (21,477 votes) will then be the only Estonian MEP in the EPP group. Several commentators have pointed out that being represented in the EP’s largest political group is desirable for a small country.

    About 13% of the vote went to small extraparliamentary parties and independent candidates, none of which won a seat in the EP. Eesti 200, a liberal newcomer, got 3,2% of the vote. In contrast to their peers in several other countries, the Estonian Greens have failed to mobilize voters – the party gained just 1.8% of the vote.

    Conclusion

    All in all, the Estonian results speak of continued domination of mainstream liberal political forces: three of Estonia’s six (or in the case of Brexit, seven) mandates went to ALDE, two to the Socialists and Democrats group, one to the European People’s Party (conditional on Brexit), and one will boost the ranks of a future eurosceptic group in the EP. While reactions to the inclusion of a populist far-right party in the national government was the key determinant of vote choice in 2019 EP elections, it would be wrong to conclude that the European dimension was entirely absent. In fact, the domestic and the European/international seem intractably interwoven, as the rise of EKRE was seen by many as undermining the firm westward orientation that had been a mainstay of Estonian politics since the restoration of independence.

     

    References

    European Commission (2019). Standard Eurobarometer 2004-2019, Brussels: European Union. Available at: https://ec.europa.eu/commfrontoffice/publicopinion. Accessed 28 May 2019.

    Reif, K. and Schmitt, H. (1980). Nine Second-Order National Elections: A Conceptual Framework for the Analysis of European Election Results. European Journal of Political Research, 8(1), 3–44.

    Vassil, K., Solvak, M., Vinkel, P., Trechsel, A. H. and Alvarez, M. (2016). The diffusion of internet voting. Usage patterns of internet voting in Estonia between 2005 and 2015. Government Information Quarterly, 33(3), 453–459.

    Walker, S. (2019). Racism, sexism, Nazi economics: Estonia’s far right in power. The Guardian, 21 May. Available at: https://www.theguardian.com/world/2019/may/21/racism-sexism-nazi-economics-estonia-far-right-in-power-ekre. Accessed 28 May 2019.