di Federico De Lucia
La netta sconfitta del centrodestra è stata determinata dal combinato agire di due fattori: la smobilitazione dell’elettorato di destra, e il comportamento strategico di quello di sinistra. Nella Tabella 1 presentiamo la dimostrazione più dettagliata di come questi fattori abbiano agito nei 6 casi in esame, singolarmente considerati. In via preliminare, ricordiamo come gli apparentamenti ufficiali intervenuti fra primo e secondo turno siano stati pochi e di scarsa importanza: l’UDC, non senza polemiche locali, ha scelto di sostenere esplicitamente il candidato di centrodestra a Vercelli; la Lega Nord si è apparentata con il candidato del PdL a Trieste; il candidato del centrosinistra a Pavia ha ottenuto il sostegno esplicito di due candidati minori, i Verdi e i Pensionati (ma non quello del candidato della FdS).
Tabella 1
Come si vede dalla Tabella, il centrosinistra ha vinto in 4 casi su 6: Pavia, Mantova, Trieste, Macerata. In 3 di questi, ovvero ovunque tranne che a Pavia, lo schieramento progressista partiva da un risultato del primo turno che lo vedeva in vantaggio rispetto agli avversari. A Trieste tale vantaggio era assolutamente evidente, in conseguenza da una parte della totale assenza di candidati di sinistra di disturbo e, dall’altra, della eccessiva frammentazione dell’offerta politica di centrodestra. A Mantova e a Macerata il vantaggio del centrosinistra nei confronti del centrodestra era invece limitato a qualche decimo di punto, ma in entrambi questi casi si registrava la presenza di candidati minori della sinistra radicale tutt’altro che ininfluenti dal punto di vista del consenso. A Pavia invece i progressisti partivano da uno svantaggio evidente, superiore ai 10 punti percentuali, che, cosa ancor più da rimarcare, non era affatto colmato dalle quote di consenso dei pur presenti candidati minori alla sinistra del PD. La vittoria del centrosinistra in questi contesti può essere considerata come il prodotto dei fattori sopraindicati, anche se presenti con dosature diverse a seconda del contesto: a Trieste è bastato in buona sostanza rimobilitare il proprio elettorato per ottenere la vittoria; a Mantova e a Macerata è intervenuto, in modo puntuale e quasi matematico, il voto strategico degli elettori che al primo turno avevano votato i candidati minori di sinistra; a Pavia, dove nemmeno quest’ultimo sarebbe bastato, è stata decisiva la smobilitazione dell’elettorato di centrodestra.
A Vercelli e a Reggio Calabria ha invece vinto il centrodestra. In entrambi questi casi era lo schieramento conservatore a partire da una posizione di forte vantaggio, ma per motivi diversi. A Vercelli si era sfiorata la vittoria già al primo turno nonostante la defezione dei candidati del terzo polo, e questo a causa della collocazione politica storicamente conservatrice dell’elettorato locale. Dopo un primo turno del genere, potrebbe stupire il minimo scarto con cui Vercellotti ha prevalso su Bobba al turno di ballottaggio: il riavvicinamento fra i due schieramenti è dipeso essenzialmente dallo stesso fenomeno che abbiamo visto a Pavia, ovvero dall’astensionismo degli elettori di destra, che, forse convinti di aver già vinto, hanno rischiato seriamente di regalare al centrosinistra anche Vercelli. A Reggio invece lo scarto di quasi venti punti che si era registrato al primo turno fra Raffa e Morabito è stato provocato dalla spaccatura del PD locale, in buona parte allettato dalla strategia terzista di Pietro Fuda. Una spaccatura che, non essendo intervenuti apparentamenti ufficiali fra i due candidati di sinistra, non è stata sanata in occasione del ballottaggio.