Elezioni in Spagna, crolla il Psoe e avanzano i partiti minori

di Vincenzo Emanuele e Nicola Maggini

Domenica 20 Novembre 2011 gli spagnoli si sono recati alle urne per il rinnovo delle Cortes, in anticipo di sei mesi rispetto alla scadenza naturale della legislatura prevista nel 2012. Il risultato delle elezioni è inequivocabile: la Spagna ha scelto di svoltare a destra dopo due mandati consecutivi del Psoe a guida Zapatero. Il Partito Popolare ha stravinto le elezioni ottenendo il 44,6% dei voti, conquistando la maggioranza assoluta dei seggi e portando il suo leader Mariano Rajoj alla Moncloa dopo due sconfitte consecutive nel 2004 e nel 2008.

Il primo dato rilevante da sottolineare è il calo della partecipazione: l’affluenza è diminuita di poco più di 2 punti, per un totale di circa 1,5 milioni di voti validi in meno, in parte dovuto al drastico aumento delle schede nulle, raddoppiate rispetto al 2008, forse in conseguenza dell’invito di una parte del movimento degli Indignados a votare scheda nulla o per i partiti minori.

Passando all’esame del voto ai partiti vediamo come queste elezioni siano caratterizzate più dalla disfatta del Psoe che dall’aumento (che pure c’è stato) del PP. Il partito di Rajoj cresce di 4,7 punti rispetto al 2008, ma di “solo” 550.000 voti, mentre il partito di Rubalcaba ottiene appena il 28,7% dei voti, la percentuale peggiore dell’epoca post-franchista. In termini assoluti il Psoe perde oltre 4 milioni e 300.000 voti, probabilmente finiti in parte nell’accresciuta area del non voto e del voto nullo, e in parte alle forze minori. Rispetto al 2008, infatti, il sistema quasi-bipartitico spagnolo ha visto un incremento dei seggi guadagnati dalle altre formazioni politiche, sia nazionali che etno-regionali. In costante declino elettorale negli ultimi 15 anni (dal 10,5 del 1996 al 3,8% del 2008), Izquierda Unida ha interrotto il trend negativo risalendo al 6,9% e conquistando 11 seggi. Inoltre ha incrementato la propria rappresentanza alle Cortes anche un quarto partito nazionale, Unión Progreso y Democrazia, creatosi a partire da una scissione dal Psoe: nel 2008 aveva raccolto appena 1 seggio, il 20 Novembre ha vinto 5 seggi e ha quasi quadruplicato i voti.

Al fianco dei partiti nazionali, la Spagna conferma un’effervescente presenza di partiti etno-regionalisti che, favoriti da un sistema elettorale con piccole circoscrizioni, riescono a conquistare seggi al parlamento nazionale ottimizzando il proprio sostegno elettorale territorialmente assai concentrato. Ben 9 partiti regionalisti hanno ottenuto seggi (erano stati solo 6 nel 2008), raccogliendo complessivamente il 15,1% dei consensi, con una crescita di quasi 4 punti rispetto alla scorsa tornata. Fra questi partiti emerge in particolare l’exploit della nuova formazione della sinistra indipendentista basca erede di Herri Batasuna, Amaiur, che ottiene 7 seggi, superando per numero di rappresentanti alle Cortes l’altro storico partito basco, il PNV, che si ferma a 5 seggi pur mantenendo la supremazia nella regione in termini di voti. Altro dato significativo è la conquista, da parte dei nazionalisti moderati catalani del CiU, del primato nella propria comunità autonoma, ottenuto superando i socialisti, per la prima volta nella storia, sia in termini di voti che di seggi conquistati (16).

Questa tornata elettorale presenta peculiarità interessanti anche dal punto di vista della distribuzione territoriale del voto. Se nel 2008 la geografia elettorale spagnola vedeva un sostanziale equilibrio tra i due principali partiti, con il PP che deteneva il primato in 11 comunità autonome e 28 province, contro le 8 (e 24 province) del Psoe (V. Figura 1), il 20 Novembre la cartina della Spagna è diventata quasi monocolore: i popolari sono il primo partito il 17 comunità autonome e 45 province, un predominio dei conservatori mai osservato nella storia delle Spagna democratica (Figura 2). Inoltre le altre due comunità autonome dove non primeggia il PP sono la Catalogna e i Paesi Baschi, appannaggio dei partiti etno-regionalisti. La cartina enfatizza visivamente il crollo del Psoe, che non riesce a conquistare la maggioranza relativa dei voti in nessuna regione, nemmeno nei feudi storici dell’Andalusia, dell’Extremadura e della Catalogna, riuscendo solo a mantenere il primato nelle province di Barcellona e Siviglia. Le uniche altre province in cui il PP non è il primo partito sono le due basche, che vanno una ad Amaiur e una al PNV, e le altre 3 catalane (Tarragona, lleida e Girona) tutte conquistate dal Ciu.

Fig. 1: Spagna 2008 per provincia.

Fig. 2: Spagna 2011 per provincia.