di Vincenzo Emanuele e Aldo Paparo
Fra poco più di due mesi ( il primo turno si svolgerà il 6 e 7 maggio) oltre 8 milioni di elettori italiani saranno chiamati alle urne per il rinnovo delle amministrazioni di circa 1000 comuni, di cui 176 superiori ai 15.000 abitanti, dei quali fanno parte 28 comuni capoluogo di provincia.
Si tratta di un test molto importante in chiave nazionale per diverse ragioni. In primo luogo è la prima tornata elettorale dopo la fine della lunga stagione berlusconiana e l’instaurazione del “governo dei professori” guidato da Mario Monti; in secondo luogo, sarà l’ultimo banco di prova per i partiti italiani prima delle elezioni politiche del 2013 e dunque si tratterà dell’ultima occasione per sperimentare assetti coalizionali e alleanze possibili e testare la risposta degli elettori, anche alla luce della rottura della decennale alleanza Pdl-Lega che inevitabilmente aprirà nuovi scenari di competizione nel Nord del paese. Un ulteriore motivo di interesse è rappresentato dal fatto che le elezioni locali immediatamente antecedenti le politiche possono svolgere un ruolo significativo nell’orientarne l’esito in caso di affermazione netta di una delle due coalizioni, come è avvenuto più volte nel corso della Seconda Repubblica: si pensi alle regionali del 2000 che provocarono la caduta del governo D’Alema e spianarono la strada alla grande vittoria della Casa delle Libertà nel 2001, o a quelle del 2005, con il cappotto dell’Unione ai danni del centrodestra (11 regioni a 2), preludio del ritorno di Prodi a Palazzo Chigi nel 2006.
Il 6 e 7 maggio, come detto, si voterà in 28 comuni capoluogo, un numero simile a quello della tornata elettorale del 2011 (allora furono 30), sebbene questa volta manchino le grandi metropoli (l’anno scorso votarono Milano, Napoli, Torino, quest’anno le principali città al voto saranno Palermo, Genova e Verona). In attesa della definizione dell’offerta (liste e candidati) nei diversi comuni, in molti dei quali in queste settimane si stanno svolgendo le elezioni primarie per la scelta del candidato sindaco, vediamo qual è la situazione di partenza, in termini di colore politico del sindaco e della giunta uscente, nelle 28 città al voto.
TAB.1 Il quadro dei 28 comuni capoluogo di provincia al voto nel 2012.
In ben 26 comuni capoluogo su 28 la precedente elezione comunale è quella del 2007, mentre le due eccezioni sono rappresentate da Brindisi (2009) e Catanzaro, in cui si è votato l’anno scorso. E’ molto importante analizzare correttamente tale dato iniziale, a partire dal suo inserimento nel ciclo politico nazionale: nella primavera del 2007, infatti, le elezioni si svolsero in una fase di generale malcontento nei confronti del governo di centrosinistra e videro una netta affermazione del centrodestra, antipasto del trionfo di Pdl e Lega alle politiche del 2008. Non deve dunque stupire il dato sui sindaci uscenti nei 28 comuni: la situazione di partenza è di 18 a 10 a favore del centrodestra, con 14 sindaci uscenti del Pdl contro i soli 7 del Pd.
Scendendo al livello delle singole zone geopolitiche, possiamo notare la grande vittoria della coalizione berlusconiana al Nord: nelle 10 città settentrionali la situazione è di 7 a 3 in favore del centrodestra, con la sinistra che nel 2007 risultava vincente solo a ovest del Ticino, nelle due città liguri (Genova e La Spezia) e a Cuneo (sempre con sindaci esponenti del Pd), mentre le coalizioni Pdl (allora ancora Forza Italia e AN) e Lega (con l’apporto dell’Udc ovunque tranne che ad Asti) conquistavano Gorizia, Verona, Belluno, Como, Monza, Alessandria e Asti. Di questi, 5 comuni presentano un incumbent del partito di Berlusconi, mentre Verona (con Tosi) e Monza (con Mariani) vedono un esponente leghista a capo della giunta.
Si voterà anche in 5 comuni della Zona rossa, in cui emerge una situazione di equilibrio tra le due coalizioni, con il centrodestra al governo a Lucca e a Parma (con Pietro Vignali, ex Udc a capo di una lista civica), due città che si pongono tradizionalmente ai margini della subcultura dominante nelle regioni appenniniche, e il centrosinistra che dovrà difendere le vittorie del 2007 a Piacenza, Pistoia e Carrara (l’unico caso dell’area in cui il sindaco non è del Pd: si tratta di Angelo Zubbani del Psi).
La partita più importante di questa tornata di elezioni amministrative si giocherà nel Sud, in cui vanno al voto ben 13 comuni capoluogo, con una situazione di partenza che vede il centrodestra in vantaggio per 9 a 4 sulla coalizione rivale. In quest’area del paese la situazione coalizionale risulta più variegata rispetto alle altre zone geopolitiche. In 8 comuni su 9 governati dal centrodestra il sindaco uscente è un esponente del Pdl (sono i casi di Palermo, Trapani, Catanzaro, Lecce, Brindisi, Trani, Isernia e Rieti), con l’eccezione rappresentata dal comune di Oristano, dove il sindaco Eugenia Nonnis appartiene ai Riformatori sardi. Eppure l’omogeneità del colore politico del sindaco nasconde un’ampia varietà di formule coalizionali: in 4 comuni la giunta uscente è formata da Pdl e Udc (Lecce, Trani, Rieti e Isernia), nei due comuni siciliani (Palermo e Trapani) si affianca a questi due partiti anche l’Mpa; a Catanzaro è l’Udeur a governare insieme al partito di Berlusconi e a quello di Casini; a Brindisi infine abbiamo un monocolore Pdl. Il centrosinistra governa invece in 4 comuni meridionali, di cui due (L’Aquila e Frosinone) vedono la presenza di un sindaco del Pd ed una coalizione di supporto formata dal partito di Bersani e dagli altri partiti progressisti. A Taranto, invece, il sindaco Ippazio di Sel è al governo con una coalizione di sinistra che ha confinato il Pd fra i banchi dell’opposizione in consiglio comunale. Ancora più curioso ciò che è avvenuto nel 2007 ad Agrigento, in cui il sindaco Marco Zambuto dell’Udc è alla testa di un’eterogenea coalizione che unisce anche gli ex Ds e l’Udeur.
Infine, c’è da sottolineare come nella scorsa tornata elettorale in ben 20 casi su 28 la competizione per la conquista della carica di primo cittadino si è decisa al primo turno, indice del fatto che si era di fronte ad alternative coalizionali di tipo catch-all che lasciavano poco spazio a forze terze in grado di far perdere voti alle due principali alternative e portare la competizione al secondo turno. In particolare erano stati assegnati al primo turno tutti e 10 i comuni del Nord, 9 su 13 del Sud e solo uno su 5 nella Zona rossa, segno evidente del generale stato di debolezza dell’Unione nella particolare contingenza politica della primavera 2007. Senza bisogno di spingerci a fare previsioni sul risultato delle amministrative non sembra difficile ipotizzare che, a causa della destrutturazione del sistema di alleanze consolidatosi nel corso della Seconda Repubblica si verificherà un aumento del numero dei ballottaggi sia nel Nord, in cui il venir meno del sodalizio Pdl-Lega svilupperà nei fatti una competizione tripolare, sia nel Sud in cui il Terzo Polo (Udc, Fli, Api ed Mpa) se rimarrà unito ed esprimerà candidati comuni potrà creare non pochi problemi ai due schieramenti principali.