di Roberto D’Alimonte
I dati del giorno dopo confermano il quadro. Le tendenze che si sono viste lunedì sono quelle che i dati completi (o quasi) confermano. Il centro-destra ha subito una netta sconfitta sia in termini di comuni vinti e persi sia in termini di voti, il centro-sinistra ha vinto molti comuni e molti altri li vincerà ai ballottaggi ma la sua base di consensi resta più o meno la stessa, il Movimento 5 Stelle è l’unico vero vincitore.
Vittorie secche e ballottaggi
Come era facile prevedere questa volta sono stati pochi i comuni in cui le elezioni si sono decise al primo turno. Nei 157 comuni sopra i 15.000 abitanti è successo solo in 37 casi con 25 vittorie dei candidati targati Pd e alleati, 7 candidati Pdl e alleati, e 2 candidati della Lega. Negli altri 120 comuni si deciderà al ballottaggio. In questi comuni è interessante vedere la distribuzione dei vari tipi di “duelli”. In 58 casi lo scontro è tra i candidati del blocco di centro-sinistra (nelle sue diverse configurazioni) e quello del Pdl e alleati. La Lega va al ballottaggio in 7 casi contro il candidato del Pd e in uno contro il candidato di una lista civica. I candidati del terzo polo (nei suoi vari formati) vanno al ballottaggio in 13 comuni contro i candidati del Pd e alleati e in 6 comuni contro quelli del Pdl e alleati. La sorpresa è il Movimento 5 Stelle che è riuscito a far passare al secondo turno 5 candidati che affronteranno tutti un candidato del blocco di centro-sinistra.
Partiti e blocchi
Il voto ai partiti è quello che attira sempre l’attenzione di tutti gli osservatori ma è un voto impossibile da decifrare in una elezione amministrativa in cui la presenza di tante liste collegate ai candidato-sindaco nasconde la vera forza dei partiti. L’unica cosa che si può dire è che i brand Pd, Pdl ecc. non hanno un grande appeal se per sostenere i propri candidati i partiti storici devono ricorrere ad altri brand con una immagine meno logora. In questa situazione di grande frammentazione sono più indicativi i dati aggregati per aree politiche (i blocchi), come abbiamo fatto nella tabella in pagina. I blocchi sono stati costruiti sommando nei 26 comuni capoluogo i voti ottenuti dai partiti tradizionali e quelli delle varie liste comprese nella coalizione che sosteneva lo stesso candidato sindaco. Dai dati emerge chiaramente che mentre il blocco di centro-sinistra (Pd, Idv, Sel + liste civiche) arretra relativamente poco rispetto alla sua consistenza nel 2008 (dal 43,1% al 37,7%) il blocco di centro-destra (Pdl, Nuovo-Psi, La Destra + liste civiche) passa dal 39,9% del 2008 al 25,7% di oggi. Quanto alla Lega che abbiamo separato dal blocco targato Pdl resta sulle stesse posizioni includendo Verona, grazie allo straordinario successo della lista di Tosi, ma in realtà perde significativamente senza Verona passando dal 4,7% al 2,3%. Per il Carroccio però è più significativo calcolare i voti solo per i comuni in cui era presente. Così facendo si vede che nei 14 comuni del 2012 per cui abbiamo anche il dato delle regionali del 2010 (manca Gorizia) il Carroccio passa dal 15,3% al 5,3%. Se a questo dato sommiamo anche i voti della lista Tosi a Verona il gap si riduce ma resta comunque molto negativo. Per il blocco di centro il discorso è più complicato. In realtà questo blocco non esiste. Non esiste nemmeno il terzo polo. Esistono dei partiti e delle liste collegate che insieme però hanno raccolto un discreto bottino. Ma il dato più significativo è che, nel momento in cui si assiste al netto smottamento dell’elettorato del Pdl e della Lega, l’Udc resta al palo.
Fig.1: il risultato proporzionale per partiti e blocchi
Il Movimento 5 Stelle
Fino a pochi giorni fa molti irridevano quei sondaggi che davano il movimento di Grillo sopra il 7% dei voti. E invece erano stime corrette. Anzi no, ma per la ragione inversa a quella degli scettici perché ora sappiamo che erano stime al ribasso. Nei 20 comuni capoluogo in cui si è presentato il movimento di Grillo ha ottenuto in media l’8,2% dei voti. Questo dato nasconde però una grande varianza. Nei 10 comuni del Nord (tutti quelli in cui si è votato) la percentuale è stata 11,3. Mentre nei quattro comuni capoluogo della ex zona rossa arriva al 13,1. Al Sud invece il movimento era presente solo in 6 comuni su 12 e i suoi consensi sono modesti, il 3,1%. Questa diversità territoriale non è una sorpresa. Era così anche prima di queste elezioni, ma è poco probabile che sia così dopo queste elezioni. Le condizioni politiche, economiche e sociali sono favorevoli ad una espansione del movimento anche nelle regioni meridionali. Il successo di oggi è destinato ad alimentare quello di domani se nulla cambierà nel campo dei partiti tradizionali.
Tra questi invece si assiste più al tentativo di demonizzare il pericolo rappresentato da Grillo che a dare risposte concrete ad alcune delle istanze che ne spiegano il successo.
Verso le politiche del 2013
Queste elezioni confermano un dato già rilevato da tutti i sondaggi di opinione negli ultimi mesi. La fine del ciclo berlusconiano ha aperto il mercato elettorale. Ci sono milioni di elettori disponibili a cambiare le loro scelte di voto, ma l’offerta di nuovi “prodotti” è praticamente inesistente. Una fetta di loro ha scelto Grillo. Ma sono molti di più quelli che non hanno ancora deciso per mancanza di alternative accettabili. Se non verranno fuori da qui alla prossima primavera non andranno a votare. Ci sarà una domanda inevasa che rischia di ingrossare ancora di più la marea montante della disaffezione nei confronti della politica e forse nei confronti delle istituzioni democratiche e dell’Europa.
Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 9/5