di Vincenzo Emanuele
A poche ore dalla chiusura dei seggi il dato più rilevante che emerge, prima ancora del conteggio di vittorie e sconfitte delle varie forze politiche, è il crollo storico della partecipazione. Non c’era mai stata in Italia un’affluenza così bassa alle elezioni amministrative. Il dato finale parla di una partecipazione del 51,4% nel totale dei comuni in cui si è votato, ma appena del 45,1% nei 19 capoluoghi. Nelle principali città dunque più di un elettore su due resta a casa, con un calo di oltre 17 punti rispetto ad appena due settimane fa. Sono numeri impressionanti, che rivelano un malessere generale nei confronti dell’attuale politica e che si traduce soprattutto in una crescente indifferenza e apatia verso la cosa pubblica e solo in minima parte nel voto a forze politiche nuove (come il Movimento 5 Stelle).
Se confrontiamo questi dati con quelli delle comunali dell’anno scorso la differenza è netta: nel 2011 si tennero i ballottaggi in 13 comuni capoluogo ed anche in quel caso si notò una diminuzione dell’affluenza rispetto al primo turno: si passò infatti dal 65,3% al 59,3%, con un calo di 6 punti (vedi Tabella 2), certamente significativo ma tuttavia considerabile come fisiologico dal momento che ai ballottaggi si vota solo per la scelta del sindaco e dunque manca il traino delle liste che, soprattutto al Sud, esercitano una spinta decisiva al primo turno.
Quello di oggi non è certamente un calo fisiologico, anzi sembra proprio un sintomo grave del precario stato di salute in cui versa la democrazia italiana.
Scendendo nel dettaglio delle singole zone (Tabella 1), si nota un’inversione significativa rispetto a quanto accaduto al primo turno. Le città meridionali, che due settimane fa erano state quelle con la maggiore partecipazione, vedono crollare l’affluenza di 21,1 punti (al 44,8%), seguite dal Nord, già maglia nera della partecipazione al primo turno (58,2 % nelle 19 città considerate), che oggi tocca il punto più basso fra le tre aree del paese (42,1%). La Zona rossa è invece l’area in cui si assiste al calo più contenuto di votanti (-7,2 punti), dato che riporta le tre città della zona sensibilmente sopra la media nazionale (55,2%), soprattutto grazie al risultato di Parma (61,2%), la città in cui vi è la diminuzione più bassa di votanti (-3,4 punti).
Quali sono le variabili che incidono sulla maggiore o minore affluenza alle urne? Nonostante il calo generale, infatti, troviamo un’ampia variabilità di risultati fra le 19 città: si passa da un minimo del 39,1% di Genova ad un massimo del 63,5% a Isernia. Abbiamo testato la partecipazione nelle 19 città considerate con due variabili, legate ai risultati del primo turno: i punti percentuali di distacco fra i primi due candidati classificati e il totale percentuale raccolto dagli stessi. L’ipotesi è che un maggior distacco al primo turno disincentivi la partecipazione alle urne (il primo candidato è già dato per vincente), mentre una maggior percentuale dei primi due classificati tenda ad essere correlata con una più alta affluenza (il totale dei cittadini “coinvolti” dal ballottaggio è infatti maggiore). I risultati confermano l’ipotesi appena esposta. Come vediamo nella Tabella 1, assistiamo ad una correlazione negativa (r= -.366) tra distacco al primo turno e affluenza. I casi di Genova, Palermo, Taranto e Lucca confermano questo dato: in tutti questi casi la distanza fra i due candidati al ballottaggio si attestava fra i 30 e i 33 punti percentuali e in questi quattro comuni registriamo una partecipazione sempre inferiore alla media nazionale, oscillante fra il 39 e il 45%. Per quanto concerne la seconda variabile, il totale percentuale di voti raccolti al primo turno dai due candidati al ballottaggio incide positivamente sulla partecipazione: la correlazione è infatti piuttosto forte (.505). I casi di Isernia, Piacenza, Trani e L’Aquila rendono bene l’idea: in queste quattro città i due candidati sommavano oltre il 70% dei voti espressi al primo turno e la partecipazione oggi risulta sensibilmente sopra la media nazionale (fra il 54,2 e il 63,5%). Altre variabili, come ad esempio il tipo di duello che caratterizzava il ballottaggio nelle singole città (centrosinistra contro centrodestra, o terzo polo, o sinistra radicale) non sembrano incidere sulla partecipazione in modo significativo.