di Vincenzo Emanuele
Uno dei temi di maggiore attualità sotto il cielo della politica italiana riguarda la crisi di quello che fino a poco tempo fa era considerato il principale partito politico del paese: il Popolo della Libertà. Dopo la clamorosa sconfitta elettorale delle comunali la crisi del partito di Berlusconi e Alfano è ormai sotto gli occhi di tutti, ma le difficoltà del Pdl non nascono nelle ultime settimane, hanno origini più lontane: i problemi del governo Berlusconi legati alle difficoltà economiche (la recessione e gli attacchi speculativi sul nostro debito) e politiche (l’uscita di Fli dalla maggioranza), oltre che agli scandali legati alla vita privata del Presidente del Consiglio hanno incrinato il rapporto di fiducia fra gli elettori e il Pdl. I primi segni della crisi sono rintracciabili nell’inattesa perdita, alle amministrative del 2011, del comune di Milano, una storica roccaforte del centrodestra berlusconiano. La caduta dello stesso governo Berlusconi a novembre e il forzato sostegno al governo Monti, poco apprezzato dall’elettorato pidiellino, hanno contribuito a deteriorare ulteriormente il rapporto fra il maggior partito del centrodestra italiano e i suoi elettori, fino alla débâcle elettorale del maggio scorso.
L’Osservatorio politico CISE ha effettuato, nel corso dell’ultimo anno, tre rilevazioni (aprile 2011, 1500 casi; dicembre 2011, 1500 casi; aprile 2012, 2500 casi) relativi alla politica italiana e al rapporto tra i cittadini e i partiti. Risulta pertanto di particolare interesse esaminare i vari aspetti della crisi del Pdl attraverso l’analisi dei dati dei sondaggi Cise.
Cominciamo dal dato più semplice, ma forse anche più importante: le intenzioni di voto. Il calo del Pdl nei sondaggi è rilevato unanimemente da tutti gli istituti di ricerca e il dato medio che gli viene attribuito ad oggi (fine giugno 2012) è assai meno generoso del 21,8% della nostra rilevazione di aprile, precedente al tracollo elettorale e quindi già rivedibile al ribasso. Ciò che invece sorprende è l’andamento complessivo del partito di Berlusconi nel corso dell’ultimo anno, rappresentato nella Figura 1: nell’aprile 2011 il Pdl era ancora il primo partito italiano con quasi il 30% dei consensi. In un anno vede dilapidarsi oltre 8 punti percentuali, ossia più di un quarto dei propri voti e viene nettamente scalzato dal Pd nelle intenzioni di voto (il partito di Bersani è al 30%). Il grafico mostra chiaramente che la perdita maggiore di consensi è avvenuta tra aprile e dicembre 2011, ossia nei mesi coincidenti con la fase terminale del governo Berlusconi e l’avvento di Mario Monti e del suo “governo dei tecnici”.
Fig. 1 Andamento delle intenzioni di voto al Pdl
In questa fase il Pdl ha perso oltre 6 punti, per poi assestarsi nei mesi successivi con un ulteriore leggero calo fino all’odierno 21,8%.
L’andamento declinante del partito nel corso degli ultimi dodici mesi è sottolineato anche da altri indicatori. Uno di questi è l’identificazione di partito, che quantifica gli intervistati che dichiarano di sentirsi “vicini” ad un partito politico. Come vediamo nella Figura 2, la maggioranza assoluta degli italiani non si sente vicina ad alcun partito. Non solo, ma si assiste ad un netto aumento nel corso del tempo di questa categoria: se ad aprile 2011 coloro che non si identificavano in alcun partito erano il 51,5% oggi questi sono cresciuti fino al 60,8[1]%. Da questi dati si comprende come vi sia certamente una crisi che investe l’intero sistema partitico italiano. Se però confrontiamo i dati relativi alla seconda e alla terza categoria dei grafici della Figura 2 notiamo che il numero degli identificati negli altri partiti italiani diminuisce di circa tre punti, mentre il numero di coloro che si sentono vicini al Pdl crolla drammaticamente, passando dal 14,8% di aprile 2011 all’8,6% dello scorso aprile. In altri termini, se è vero che esiste una crisi generale dei partiti, per quanto concerne l’identificazione di partito il Pdl contribuisce per oltre i 2/3 (6,2 punti di calo nel numero di identificati su una diminuzione totale di 9,2 punti) mentre tutti gli altri partiti insieme concorrono per poco meno di 1/3 al calo di questo indicatore.
Fig. 2 Andamento dell’identificazione di partito
Per avere una misura ancora più precisa della crisi del Pdl un’altra variabile di particolare interesse è la cosiddetta propensione al voto per un partito (Ptv, propensity to vote). La Ptv viene misurata chiedendo all’intervistato quanto è probabile in futuro che possa mai votare per un partito (vengono testati tutti i principali partiti), su una scala da0 a 10 – dove 0 significa “per niente probabile” e 10 significa “molto probabile”. Si tratta di una domanda utile per due motivi: innanzitutto ci permette di intercettare gli orientamenti dell’intero campione, dal momento che la quasi totalità degli intervistati accetta di rispondere a queste domande (mentre sulle intenzioni di voto ai partiti risponde solo una minoranza, circa il 43%); in secondo luogo la Ptv ci permette di identificare – selezionando chi dà a un partito un punteggio particolarmente alto – il potenziale elettorale del partito. Un dato particolarmente utile in una fase di transizione come quella attuale.
Se si utilizza questo indicatore, si vede che nel corso dell’ultimo anno il potenziale elettorale del Pdl si è drasticamente ridotto. Nella Figura 3 abbiamo considerato l’andamento delle risposte che danno al partito di Berlusconi e Alfano un Ptv superiore a 5, risposte che ci permettono di identificare l’elettorato potenziale del Pdl. Quest’area costituiva quasi un terzo del campione degli intervistati ad aprile 2011, mentre oggi si è ridotta a meno di un quarto. L’elettorato potenziale del Pdl si è dunque ridotto di oltre 8 punti, tanto che oggi più del 75% degli intervistati non prende nemmeno in considerazione l’ipotesi di votare Pdl in futuro.
Fig 3 Andamento delle probabilità di voto al Pdl
Questi dati sembrerebbero inoltre confermare che la crisi del Pdl non è un fenomeno delle ultime settimane: già nel dicembre 2011, all’epoca della caduta del governo Berlusconi l’area di coloro che davano al Pdl un Ptv compreso fra 6 e 10 aveva già subito un calo di 5,5 punti percentuali rispetto alla prima ondata.
La fascia di elettori compresa tra un Ptv di 6 e di 10 è però assai eterogenea dal punto di vista delle future intenzioni di voto: è infatti ipotizzabile che coloro che assegnano una probabilità compresa tra 8 e 10 siano fortemente intenzionati a votare per il Pdl, mentre coloro che si collocano fra 6 e 7 si limitino a prenderlo in considerazione. Per capire se il calo del Pdl è avvenuto anche nel suo “zoccolo duro” abbiamo provato a restringere l’analisi solo a chi dà Ptv maggiori di 7. La dimensione di quest’area, come vediamo nella Figura 3, registra un calo ancora più consistente, passando dal 28,2 di aprile 2011 al 20,2 di novembre 2011 al 15,7% di aprile 2012. In un anno quindi il Pdl ha subito un vero e proprio tracollo della quota di elettorato che mostra la maggiore propensione a votarlo. A fuggire dal partito di Berlusconi non sono dunque tanto i semplici simpatizzanti quanto coloro che erano più propensi a votarlo e questo dato sembra confermare l’ipotesi che la crisi del partito non sia passeggera ma contenga degli elementi strutturali.
[1] La categoria “Non si sentono vicini ad alcun partito” comprende anche gli intervistati che non si sono espressi sulla domanda, optando per le opzioni “Non sa” e “Non risponde”. Questi intervistati comunque non superano il 3% del campione in nessuna delle tre ondate.