Il compromesso per la governabilità

di Roberto D’Alimonte

Pubblicato sul Sole 24 Ore il 9 novembre 2012

Prima delle elezioni siciliane il progetto di riforma elettorale su cui i partiti stavano lavorando si basava sulla sostituzione dell’attuale premio di maggioranza con un premio di governabilità in cifra fissa. Dopo mesi di trattative l’accordo era stato raggiunto su un premio del 12,5%. Al partito o alla coalizione con un voto più degli altri veniva dato alla Camera un bonus di 62 seggi. Questo era lo schema. Poi si è bloccato tutto per l’ennesima volta. La proposta di riforma presentata sulle pagine di questo giornale (si veda Il Sole 24 Ore di domenica) tende a superare l’impasse. L’idea di fondo è quella di modificare l’attuale sistema di voto lasciando in piedi un premio tale da garantire la maggioranza assoluta dei seggi al partito o alla coalizione con più voti ma alla condizione che ottengano almeno il 40% dei consensi. In questo caso gli verrebbe assegnato un premio tale da garantire il 54% dei seggi.

 Martedì scorso in Senato questo meccanismo è stato approvato anche se la soglia è stata fissata al 42,5% con il voto contrario di Pd e Idv. È un fatto positivo: rispetto allo schema pre-Sicilia questa soluzione offre ai partiti un’opportunità in più. Oggi è difficile immaginare che ci sia una coalizione in grado di arrivare a “quota 40”, ma quello che vale oggi potrebbe non valere domani. (crossover99.com) In fondo un premio che assicura la maggioranza assoluta dei seggi può spingere partiti affini a coalizzarsi prima del voto. Questo non è un fatto negativo. È invece un elemento di maggiore responsabilizzazione della classe politica. Perché le coalizioni che si fanno dopo il voto dovrebbero essere “migliori” di quelle che si fanno prima? Però affinché questo incentivo funzioni occorre che la soglia non sia troppo alta. Se lo fosse i partiti non sarebbero indotti ad aggregarsi. Anzi. Una soglia alta incoraggerebbe i partiti minori, soprattutto quelli più centrali, a stare fuori da ogni coalizione per giocare dopo il voto un ruolo pivotale contando sul fatto che il premio non venga assegnato.

Ma la soglia non esaurisce il problema della riforma. Visto che oggi è difficile che questa soglia venga raggiunta è cruciale che sotto la soglia ci sia un meccanismo che comunque garantisca un minimo di governabilità proprio nel caso in cui il premio di maggioranza non venga assegnato. Nella proposta citata questo meccanismo è un premio del 10% da dare al partito che ottiene più voti. Questo elemento non è stato recepito nel testo approvato in commissione al Senato. E molto probabilmente questo è il vero motivo della opposizione del Pd. In breve, nello schema approvato se nessuno raggiungesse la soglia tutti i seggi verrebbero assegnati con una formula proporzionale, quindi senza nessun correttivo. In pratica questo significa il ritorno ad un sistema proporzionale puro.

Se fosse confermata sarebbe una decisione grave. In questo quadro politico frammentato e volatile l’esito certo sarebbe l’ingovernabilità. Ci auguriamo quindi che il voto dell’altro giorno sia solo un episodio contingente legato a una trattativa complessa. Ci sono partiti che vogliono una soglia più alta e un premio di governabilità più basso. Ma se prevarrà la ragionevolezza un compromesso è possibile. In fondo il Pd, che è il partito che ha più da perdere dalla riforma elettorale, ha fatto un primo passo. Nello schema pre-Sicilia aveva accettato un premio del 12,5%, mentre oggi sarebbe disposto – pare – ad accettare un premio del 10%. Pone però una condizione: che questo premio più basso sia accompagnato dalla possibilità di ottenere la maggioranza assoluta dei seggi nel caso in cui riuscisse a mettere insieme una coalizione che arrivi a “quota 40”. È una disponibilità da non sottovalutare. La prossima settimana vedremo se gli altri protagonisti della trattativa dimostreranno la stessa volontà di compromesso.