Il voto alle coalizioni nei comuni: sotto i 50.000 abitanti Berlusconi è davanti, Bersani vince grazie alle città

di Vincenzo Emanuele

Dopo aver analizzato, in un precedente articolo, il voto ai partiti nei comuni, ordinati in categorie di dimensione demografica, vediamo adesso quali sono state le performance elettorali delle quattro coalizioni principali negli 8.018 comuni italiani (la Valle d’Aosta è esclusa). Sappiamo che a livello nazionale la coalizione di Bersani ha vinto alla Camera per un soffio (29,5% contro il 29,2% del centrodestra), mentre il Movimento 5 Stelle è giunto terzo con il 25,6% e la coalizione guidata da Mario Monti ha deluso fermandosi appena al 10,6% (vedi Tabella 1). Entrando nel dettaglio delle categorie di dimensione demografica dei comuni, però, questo quadro si arricchisce di particolari interessanti.

Il centrodestra perde voti all’aumentare della grandezza dei comuni, grazie soprattutto al contributo della Lega Nord, il cui voto è fortemente concentrato nei piccoli centri. Il centrosinistra segue il percorso opposto, anche se la presenza in coalizione degli autonomisti sudtirolesi dell’SVP (fortissimi nei microcomuni della provincia di Bolzano, tanto da raggiungere l’1,4% nazionale in questa categoria) attenua la sottorappresentazione nei comuni fino a 5.000 abitanti. La conseguenza di questa dicotomia città-campagna che si riflette nelle due principali coalizioni è ben evidenziata nella Figura 1: la coalizione di Berlusconi è prima nei comuni fino a 50.000 abitanti, mentre il centrosinistra riesce a sorpassare gli avversari e vincere il premio alla Camera solo grazie al voto dei medi e dei grandi centri urbani. Nelle grandi città la sinistra compie un balzo di oltre 4 punti rispetto ai medi centri, raggiungendo il 33,4%, mentre specularmente il centrodestra crolla al 25% venendo superato anche dal Movimento 5 Stelle.

Tabella 1 Voto alle coalizioni per categorie di dimensione demografica dei comuni

 

Figura 1 Andamento delle tre coalizioni nei comuni italiani

 

Disaggregando i risultati per Zone geopolitiche emergono altre evidenze empiriche degne di rilievo. Nel Nord ovest si registrano le differenze più eclatanti. Qui tra il folto tessuto di microcomuni piemontesi e liguri e le tre grandi città della zona sembrano svilupparsi strutture di competizione nettamente distinte. Fino ai 5.000 abitanti, infatti, il centrodestra è saldamente in vantaggio sul partito di Grillo, mentre il centrosinistra è addirittura terzo staccato di quasi 7 punti. A partire dai piccoli centri però, mentre il centrosinistra inizia la sua risalita, il centrodestra comincia a perdere voti, tanto che in questa categoria è il Movimento 5 Stelle a risultare vincente. Nei comuni con oltre 15.000 abitanti, invece, il centrosinistra recupera portandosi davanti agli altri due rivali, allargando poi la misura del vantaggio nelle due categorie “urbane”, fino ad avere, nelle grandi città, oltre 12,5 punti di vantaggio sul centrodestra, sceso al 21,6%. Anche nel Nord est avviene qualcosa di simile, ma qui, la relativa debolezza di Grillo e soprattutto la forza della Lega trascinano il centrodestra a mantenere il primo posto fino ai medi centri urbani, mentre nelle grandi città Bersani riesce a prendere il sopravvento distanziando Berlusconi di oltre 5 punti. Il Nord est è anche l’area di forza relativa del Polo montiano che raggiunge il 12,2% e il 14,2% nelle grandi città, mentre a Sud del Po rimane confinato su percentuali ad una cifra.

Nella Zona rossa il dominio del centrosinistra è incontrastato, nonostante la perdita di oltre 10 punti rispetto alla performance di Veltroni del 2008. Il centrodestra, invece, storicamente debole in quest’area, crolla al 21,1% e viene superato dal Movimento 5 Stelle. Nelle grandi città il divario tra progressisti e conservatori è di oltre 22 punti (42,1% a 19,7%). Così, mentre nel Nord est, dopo 15 anni di dominio del centrodestra, la coalizione di Bersani ha accresciuto la sua capacità competitiva, riducendo il distacco complessivo a circa 5 punti, le regioni rosse rimangono completamente off limits e la leadership della sinistra non appare sfidabile.

L’andamento delle tre coalizioni principali al Sud è assai curioso. Se infatti il dato complessivo del Mezzogiorno vede il centrodestra nettamente davanti a tutti e il centrosinistra addirittura terzo superato da Grillo, disaggregando i comuni in base alla loro dimensione demografica notiamo che Bersani è in vantaggio seppure di un soffio nei microcomuni (30% a 29,9%). Nei piccoli centri però accusa una perdita secca di 4,5 punti, mentre crescono sia Berlusconi che Grillo, i quali diventano rispettivamente primo e secondo nelle tre categorie centrali (i comuni compresi tra i 5 e i 100 mila abitanti). Nelle grandi città avviene la consueta rimonta del centrosinistra che si porta al primo posto, mentre il centrodestra finisce terzo, scavalcato dal Movimento 5 Stelle.

Nel complesso delle 20 categorie di dimensione demografica dei comuni (5 fasce per 4 Zone geopolitiche) il centrosinistra è primo in 11 (le grandi città di tutte le zone, l’intera Zona rossa, i comuni di cintura e i medi centri del Nord ovest e i microcomuni del Sud), il centrodestra è primo in 8 (i microcomuni del Nord ovest, tutto il Nord est eccetto le grandi città, i piccoli centri, i comuni di cintura e i medi centri del Sud), mentre il partito di Grillo è davanti a tutti nei piccoli centri del Nord est.

Un altro strumento particolarmente efficace per comprendere i risultati elettorali perseguiti dalla coalizioni nei comuni italiani è l’utilizzo degli indici di posizione, come i quartili. Si tratta di ordinare gli 8.018 comuni italiani sulla base della percentuale di voto raccolta da ciascuna coalizione e successivamente prendere in considerazione il 25% di comuni in cui la coalizione realizza la migliore performance e il 25% di quelli in cui essa riceve meno consensi. La Tabella 2 riporta, per le tre coalizioni principali, il totale dei comuni, per categoria di dimensione demografica, compresi nel migliore e nel peggior quartile. Il centrosinistra conferma la propria connotazione in termini decisamente urbani: include infatti ben 24 grandi città su 45 nel miglior quartile della propria distribuzione, mentre solo 3 figurano nel peggior quartile (Giugliano in Campania, Latina e Catania). Il profilo city oriented della coalizione progressista è lievemente “sporcato” dalla presenza in coalizione della SVP che, come abbiamo detto in precedenza, è molto radicato nei microcomuni dell’Alto-Adige, in cui raccoglie percentuali sempre superiori al 50% dei voti, portando così la categoria di comuni fino a 5.000 abitanti a risultare lievemente sovrarappresentata nel miglior quartile della coalizione di Bersani. Il centrodestra, invece, accentua rispetto al 2008 la propria connotazione rurale: nel suo miglior quartile figura una sola città con oltre 100.000 abitanti (Giugliano in Campania) e appena 7 medi centri. In generale, su 140 enti con oltre 50.000 abitanti, solo 8 (il 5,7%) figurano nel 25% di comuni con le più alte percentuali per il centrodestra, mentre ben 45 (quasi un terzo) compaiono nel suo peggior quartile (e tra questi alcune delle città più importanti del paese, come Venezia, Firenze, Bologna, Genova, Torino e Roma). Volendo allargare ancora di più lo sguardo, considerando l’intero insieme di comuni superiori a 15.000 abitanti, il centrodestra ne include 100 su 722 (il 13,9%) nel suo miglior quartile ed esattamente il doppio (200) nel suo peggior quartile. In questo quadro il risultato del Movimento 5 Stelle sembra assomigliare più a quello del centrosinistra che a quello del centrodestra. Sebbene descritto come un partito sostanzialmente indifferente alla dimensione demografica, il partito di Grillo risulta debole nei microcomuni (solo il 22% di questi figura nel miglior quartile del partito a 5 stelle), mentre è sovrarappresentato nelle altre 4 categorie, in particolare nei comuni di cintura e nei medi centri urbani. Considerando le città con oltre 50.000 abitanti, il partito di Grillo appare più city oriented della coalizione di Bersani, con ben 49 comuni nel miglior 25% e appena 13 nel quartile peggiore. Allargando lo sguardo e includendo tutti i comuni superiori ai 15.000 abitanti il confronto è addirittura schiacciante: il 35% di questi comuni figura nel miglior quartile grillino, mentre quelli inclusi nel peggiore sono meno del 10% (per il centrosinistra il rapporto risulta meno accentuato, rispettivamente 23% a 18%).

Tabella 2 Comuni compresi nel migliore e nel peggior quartile della distribuzione delle tre coalizioni principali.