di Federico De Lucia
Alle regionali molisane del novembre 2011, il Presidente uscente Michele Angelo Iorio era riuscito ad avere la meglio sul candidato del centrosinistra Paolo di Laura Frattura di una manciata di voti, nonostante una pesantissimo voto disgiunto esercitato ai suoi danni da una componente significativa degli elettori delle liste che lo sostenevano (minino 12.000 elettori, più del 10% della coalizione di centrodestra). La vittoria era stata determinata dalla capacità del centrodestra di costruire una coalizione larga e articolata in una molteplicità di liste centriste, che valorizzassero e mettessero a frutto la natura dell’elettorato molisano, fortemente vincolato ai candidati di lista.
Il riscontro di alcune pesanti irregolarità nella raccolta delle firme ha condotto, nell’ottobre scorso, ad una sentenza del Consiglio di Stato di annullamento delle elezioni del 2011, e all’indizione di nuove elezioni nell’election day di quest’anno.
Sia il Presidente uscente Michele Iorio che il suo sfidante Paolo Frattura hanno scelto di ricandidarsi alle elezioni del 2013, capeggiando rispettivamente le coalizioni di centrodestra e di centrosinistra, e così ha fatto anche Antonio Federico, il candidato del Movimento 5 Stelle. Sono però significative le differenze di offerta elettorale che si riscontrano rispetto alle elezioni annullate del 2011. Innanzitutto, uno spezzone significativo del centrosinistra, il movimento Costruire Democrazia di Massimo Romano, ex IDV e terzo classificato alle primarie che nel 2011 incoronarono Frattura, ha scelto di presentare la propria candidatura autonoma, sostenuta dal suo movimento, da Fare per Fermare il Declino e da una lista civica. Questa defezione rischiava di sottrarre alla coalizione di centrosinistra una quota di sostegno decisiva nella lotta per la conquista della Regione, ma Frattura ha scelto di adottare la stessa strategia inclusiva che sino a qualche tempo fa aveva caratterizzato il centrodestra: ben due importanti segmenti del centrodestra del 2011, ovvero l’Udeur del consigliere Vincenzo Niro, e la ex Alleanza di Centro (ora Rialzati Molise) del consigliere Mario Pietracupa, hanno abbandonato Iorio per sostenere il centrosinistra, e si sono pertanto aggiunti alle altre liste progressiste, ovvero il PD, l’IDV, il PSI, due liste di sinistre radicale (SEL e PDCI) e due liste civiche (tra cui una, Unione per il Molise, composta esclusivamente da amministratori locali). A sostegno di Iorio sono rimasti invece in pochi: il PDL, l’UDC, Grande Sud, Progetto Molise, e la Destra (che nel 2011 era corsa invece da sola). Fuori dai poli, oltre a Romano e a Federico del Movimento 5 Stelle, solo due liste minori.
I risultati parlano chiaro: la vittoria è andata nettamente a Paolo Frattura, che con quasi 20 punti percentuali di vantaggio strappa la Regione a Iorio dopo 15 anni di dominio. Nel corso della campagna elettorale è però intervenuto un fatto molto rilevante, che ha contribuito certamente ad indirizzarne gli esiti: l’esclusione della lista del PDL dalla Provincia di Isernia (dove nel 2011 aveva preso 13.000 voti, risultando nettamente la prima a livello provinciale). È evidente quanto questo sia risultato decisivo, non solo nel produrre la pessima prestazione del PDL a livello regionale, ma anche nel determinare, prima delle elezioni, la percezione che esse non potessero essere vinte. Questo, in un contesto clientelare, produce conseguenze notevolissime anche sulle altre liste, e ce ne rendiamo conto osservando la Tabella 1, dove sono riportati, in valori assoluti e percentuali, i risultati del 2013 a confronto con quelli del 2011.
Tab. 1 Elezioni regionali 2013 in Molise a confronto con quelle, annullate, del 2011
Come si vede, in un contesto in cui l’affluenza è rimasta sostanzialmente la stessa (attorno al 60%), Frattura ha mantenuto sostanzialmente le proprie posizioni del 2011 dal punto di vista dei voti al candidato, mentre ha aumentato sensibilmente il proprio totale di voti di lista. Curiosamente, li ha aumentati di una cifra quasi identica a quei 12.000 voti disgiunti che nel 2011 avevano disertato Iorio. Per quest’ultimo si tratta invece di una debacle: un vero e proprio dimezzamento in termini di consensi assoluti. Oltre alla (inevitabilmente) pessima prestazione del PDL, orfano di una delle due liste provinciali, anche le liste centriste e clientelari che hanno scelto di restare ad esso coalizzate (UDC, Grande SUD, Progetto Molise) si sono tutte prodotte in prestazioni molto negative, mentre al contrario quelle che hanno abbandonato Iorio per sostenere Frattura (ovvero Rialzati Molise e UDEUR) hanno visto un incremento del loro consenso. A questo si aggiunga l’ottima prestazione della lista degli amministratori locali di centrosinistra, Unione per il Molise, e la discreta crescita del PD (che in buona parte però a dovuta al rientro in lista di alcuni notabili che un anno e mezzo fa si erano presentati nella lista dell’API). L’IDV di Di Pietro, nelle catastrofe nazionale, riesce a tenere le posizioni (e a far rieleggere Cristiano Di Pietro in Consiglio regionale), e lo stesso vale per le due liste di sinistra radicale. La saggia politica di costruzione dell’alleanza, tutte queste prestazioni positive, oltreché il crollo dell’avversario principale, hanno consentito al centrosinistra di non soffrire affatto la concorrenza d’area esercitata da Massimo Romano e dalla sua Costruire democrazia, che pure hanno ottenuto un ottimo risultato, anche a confronto con il 2011.
Per chiudere due parole sul risultato del Movimento 5 Stelle, che passa da 10.000 a 32.000 voti per quanto riguarda il voto al candidato, e da 4.000 a 20.000 per quanto riguarda il voto di lista. Un successo notevole, ovviamente da mettere in connessione con le vicende nazionali. Da notare, a tal proposito, due differenze: in primo luogo la fortissima differenza di prestazione fra il candidato e la lista, da riconnettersi alla natura profondamente atipica del voto a 5 stelle, del tutto slegato dal radicamento territoriale dei candidati di lista; in secondo luogo, ma in stretta connessione con quest’ultimo punto, la grande differenza, in negativo, che il M5S registra rispetto alle contemporanee politiche (nelle quali ha ottenuto 54.000, pari al 27% dei voti validi), agone nel quale ovviamente i grillini soffrivano la dura concorrenza degli aspiranti consiglieri presenti nelle altre liste.