di Nicola Maggini
Le elezioni politiche del 24 e del 25 febbraio hanno mostrato, come evidenziato in un precedente articolo, l’arretramento elettorale delle due coalizioni di centrosinistra e di centrodestra rispetto alle precedenti elezioni del 2008. Oltre al rendimento di coalizioni e partiti, a questo punto è opportuno guardare anche al rendimento dei due “blocchi” di centrosinistra e centrodestra. I blocchi sono “specifici segmenti dello spazio politico – definito in termini sinistra-destra – dai quali le coalizioni attingono tanto le proprie componenti partitiche, quanto il loro potenziale consenso elettorale” [Chiaramonte 2007, 374]. I blocchi del 2013 sono stati costruiti a partire dall’origine politica e “coalizionale” dei vari partiti in lizza: in altre parole fanno parte dei due blocchi di centrosinistra e di centrodestra tutti quei partiti e quelle liste che sono riconducibili politicamente alle tradizionali aree di centrodestra e di centrosinistra e che nel 2006 facevano parte o dell’Unione o della Casa delle Libertà, compresi i partiti e le liste nate da scissioni di partiti che in passato facevano parte delle due coalizioni.[1] In questa maniera possiamo vedere quali sono i rapporti di forza tra le due tradizionali aree politiche dell’Italia. Il blocco di centrosinistra è così composto dai partiti della coalizione di Bersani (esclusa la Svp), da Rivoluzione Civile di Ingroia e da altri partiti minori (radicali, Pcl). Il blocco di centrodestra è formato dalle liste della coalizione di Berlusconi, dalle liste della coalizione di Monti e da altri partiti minori (Fn, Ft). Abbiamo così confrontato, per i due rami del Parlamento,[2] i risultati ottenuti dal blocco di centrosinistra e da quello di centrodestra in queste elezioni politiche con i risultati ottenuti dagli stessi blocchi nelle due precedenti elezioni politiche (2006 e 2008). Durante tutto il periodo considerato il centrodestra è in vantaggio sul centrosinistra. Le elezioni in cui la differenza tra centrodestra e centrosinistra è minore in termini percentuali sono quelle del 2006: 3,1 punti percentuali a favore del centrodestra alla Camera e 4 al Senato. Si tratta del resto di elezioni caratterizzate da una struttura della competizione perfettamente bipolare, con coalizioni di centrosinistra e di centrodestra “extra-large”. Il 2008 è invece l’anno in cui la differenza in termini percentuali tra i due blocchi è maggiore: 12,3 punti percentuali a favore del centrodestra alla Camera e 12,5 al Senato. Infine, anche alle recenti elezioni del 2013 il blocco di centrodestra supera nettamente il blocco di centrosinistra: +8,3 punti percentuali alla Camera e +6,2 al Senato. Si ha una conferma, quindi, del fatto che in Italia il blocco moderato-conservatore possiede un radicamento elettorale maggiore rispetto all’area progressista.
Se si effettua un confronto diacronico per ciascun blocco, si nota come il blocco di centrosinistra ottenga il risultato migliore sia in termini percentuali che in valori assoluti nel 2006, quando tale area politica totalizzò alla Camera il 47,9%, pari a circa 18 milioni e 300mila voti. Nel 2013 il blocco di centrosinistra è calato al 31,8%, lasciando per strada quasi sette milioni e 300mila voti, ossia il 41% dei suoi consensi del 2006. Il calo rispetto al 2008 è invece stato di circa 5 milioni di voti (-31%). In sette anni quindi l’area del centrosinistra ha perso quasi la metà dei propri elettori. Se guardiamo al blocco di centrodestra, si nota come quest’area politica ottenga il risultato migliore alla Camera nel 2008, con il 55,4%, pari a circa 20 milioni e 200mila voti. Nel 2013 il blocco di centrodestra è invece calato al 40,1%, perdendo circa 6 milioni e 600mila voti, ossia il 32% dei suoi consensi del 2008. Rispetto al 2006, infine, il calo è stato di circa sei milioni di voti (-30%). Risultati simili si possono vedere anche al Senato, anche se il blocco di centrodestra perde più consensi rispetto al 2008 del blocco di centrosinistra (-32% vs -26%). I dati della Camera sono simili a quelli relativi alle coalizioni presentati in un precedente articolo [D’Alimonte e Maggini 2013], con la differenza che quando si esaminano i risultati relativi ai blocchi, la perdita di consensi rispetto al 2008 è praticamente la stessa per l’area di centrodestra e l’area di centrosinistra (-32% vs -31%). Nel caso delle coalizioni, invece, è il centrodestra ad aver perso di più rispetto al 2008: in particolare la coalizione di Berlusconi ha perso poco più di 7 milioni di voti, ossia il 42% dei suoi consensi del 2008, mentre la coalizione di Bersani ha perso più di tre milioni e mezzo di voti, vale a dire il 27% dei suoi consensi nel 2008. Si deve ricordare, come detto in precedenza, che nel blocco di centrosinistra sono ricompresi anche i voti della lista di Ingroia (oltre che quelli di alcuni partiti minori) e nel blocco di centrodestra anche i voti della coalizione di Monti (oltre che quelli di alcuni partiti minori). Pertanto il dato che emerge è ancora più significativo di quello che deriva dall’analisi del voto alle coalizioni: le due tradizionali aree politiche di centrodestra e di centrosinistra hanno perso un numero considerevole di elettori, al di là delle specifiche alleanze elettorali che i partiti dei due blocchi hanno formato alle politiche del 2013. Questa erosione delle due tradizionali aree politiche del Paese può essere spiegata guardando l’ultima colonna delle Tab.1 e 2: l’enorme crescita nel 2013 rispetto alle due precedenti elezioni politiche della categoria “Altri”. Questa categoria, che nel 2006 e nel 2008 era residuale con percentuali al di sotto del 2%, nel 2013 raggiunge il 28% alla Camera e il 25,2% al Senato grazie all’exploit elettorale di una formazione politica non classificabile nei due tradizionali blocchi politici di centrosinistra e di centrodestra: il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.
Tab.1
Tab.2
Le Tab. 3 e 4 riportano, per la Camera e per il Senato, le percentuali di voto raccolte dai blocchi politici tra il 2006 e il 2013 in ciascuna regione, mostrando anche la variazione percentuale dei consensi per il blocco di centrosinistra e per il blocco di centrodestra rispetto sia al 2008 che al 2006. I dati di Camera e Senato sono simili, con le differenze maggiori riguardanti il fatto che il blocco di centrosinistra al Senato perde mediamente meno voti rispetto alla Camera nel confronto col passato. Concentrandoci sul dato della Camera (che è quello più rappresentativo data la platea elettorale più ampia), si nota come il blocco di centrodestra perda voti in tutte le regioni, ma in particolare in Liguria (-39% rispetto al 2008 e -40% rispetto al 2006), in Sicilia (-46% rispetto al 2008 e -42% rispetto al 2006), in Sardegna (-38% rispetto alle due precedenti elezioni politiche), e nelle Marche (-36% rispetto al 2008 e -35% rispetto al 2006). Nettamente al di sotto della media nazionale sono invece le perdite registrate in Lombardia, in Campania e in Trentino. In maniera simile, il calo del blocco di centrosinistra avviene in tutte le regioni italiane. Le perdite maggiori, chiaramente al di sopra della media nazionale, si registrano in Molise (ma al di sotto della media nel confronto col 2006), nelle Marche (-38% rispetto al 2008 e -44% rispetto al 2006), in Abruzzo (-38% rispetto al 2008 e -46% rispetto al 2006), in Campania (-34% rispetto al 2008 e -46% rispetto al 2006), in Calabria (-36% rispetto al 2008 e -49% rispetto al 2006) e, infine, in Liguria (-35% rispetto al 2008 e -45% rispetto al 2006). Attorno alla media o al di sotto di essa sono invece le perdite registrate nella maggior parte delle regioni della ex zona rossa(in particolare in Toscana ed Emilia-Romagna) e del Nord (in particolare in Lombardia).
La categoria “Altri”, che nel 2006 e nel 2008 raccoglieva percentuali significative solo in Trentino Alto Adige grazie all’Svp, nel 2013, a causa del boom elettorale del Movimento 5 Stelle, diventa in tutte le regioni un vero e proprio blocco politico distinto da quelli tradizionali e con una massa critica molto simile. Infatti alla Camera il Movimento 5 Stelle ha ottenuto poco più di 8 milioni e mezzo di voti divenendo il primo partito con una percentuale pari al 25,6%. Se si considera che il blocco “Altri” ha ottenuto il 28% a livello nazionale, si capisce come esso sia quasi interamente composto dai voti del movimento di Grillo. Il blocco “Altri”, in linea con il dato del Movimento 5 Stelle, ha una forza elettorale abbastanza omogenea a livello nazionale, con una regione in cui sfiora la maggioranza assoluta dei voti: il Trentino Alto-Adige (dove oltre al Movimento 5 Stelle nel blocco “Altri” è presente anche l’Svp).
In conclusione, queste elezioni sono state segnate da un lato da una crescente disaffezione nei confronti della politica, con il conseguente significativo aumento dell’astensione e dall’altro dal successo di un nuovo attore politico, ossia il Movimento 5 Stelle, non classificabile nei tradizionali blocchi politici di centrosinistra e di centrodestra. Un nuovo attore politico che proprio grazie alla sua trasversalità ha dimostrato di essere altamente competitivo, risultando appetibile in termini elettorali per molti elettori che nel 2008 e nel 2006 avevano votato per partiti di centrodestra o di centrosinistra. Tutto ciò ha provocato una evidente emorragia elettorale nelle due tradizionali aree di centrosinistra e di centrodestra, con delle conseguenze in termini di destrutturazione del nostro sistema partitico.
Tab. 3
Tab. 4
[1] In maniera simile sono stati costruiti i blocchi per il 2008 e per il 2006. Nel 2006 ad esempio l’Udeur (facente parte della coalizione di centrosinistra) viene considerato nel blocco di centrodestra dal momento che da tale area aveva avuto origine.
[2] I risultati dei blocchi sono stati determinati a partire dai voti proporzionali alle liste: per il Senato abbiamo quindi escluso dall’analisi anche il Trentino Alto Adige dal momento che in questa regione la competizione avviene in collegi uninominali.