di Vincenzo Emanuele
Il 26 e 27 maggio prossimi oltre 6 milioni di elettori italiani saranno chiamati alle urne per il rinnovo delle amministrazioni di 569 comuni di cui 92 superiori ai 15.000 abitanti, dei quali fanno parte 16 capoluoghi di provincia. Successivamente, il 9 e 10 giugno 2013, in concomitanza con il turno di ballottaggi, andranno al voto anche 143 comuni siciliani (fra i quali vi sono 4 capoluoghi e altri 35 comuni superiori).
Nonostante la scarsa attenzione che i media stanno dedicando alla consultazione, si tratta di un test molto importante in chiave nazionale. E’ infatti la prima tornata elettorale successiva alle politiche del 24 e 25 febbraio e costituisce quindi la prima occasione per valutare lo stato di forma dei partiti ed in particolare delle tre forze politiche principali del nostro sistema partitico “tripolare”. Il Pdl continuerà la risalita che attualmente gli viene attribuita dai sondaggisti o pagherà le vicissitudini giudiziarie del Presidente Berlusconi? Quale sarà la reazione dell’elettorato del Pd dopo i drammatici eventi di questi ultimi tre mesi che hanno portato alle dimissioni di Bersani e all’elezione di Epifani a segretario “traghettatore” in attesa del nuovo Congresso in autunno? Il Movimento 5 Stelle avrà una nuova avanzata elettorale dopo il boom delle politiche o pagherà elettoralmente per la propria intransigenza e l’assoluta indisponibilità ad ogni ipotesi di coalizione? La formazione del governo Letta e la grande coalizione tra Pd e Pdl avrà un impatto sul voto? Questi sono i principali motivi di interesse in chiave nazionale di queste elezioni nei comuni, che però naturalmente verranno influenzate in primo luogo dallo specifico contesto locale e dalle rispettive dinamiche di competizione dei singoli comuni al voto.
Il 26 e 27 maggio, come detto, si voterà in 16 comuni capoluogo, un numero inferiore a quello della tornata 2011[1] (allora furono 30) e del 2012[2] (26) ma impreziosito dalla presenza del comune di Roma. Prima di approfondire, nei successivi articoli, l’offerta elettorale (liste e candidati) dei diversi comuni, vediamo qual è la situazione di partenza, in termini di colore politico del sindaco e della giunta uscente, nelle 16 città al voto.
Innanzitutto c’è da notare il fatto che nella metà esatta dei capoluoghi al voto (8 su 16) il rinnovo del Consiglio comunale non avviene alla naturale scadenza della legislatura. E’ molto importante analizzare correttamente questo dato iniziale, poiché da esso discende il suo inquadramento all’interno del ciclo politico nazionale. Così, mentre 8 comuni rivotano dopo 5 anni, 3 (Imperia, Ancona e Avellino) rinnovano l’amministrazione eletta nel 2009, Lodi rivota dopo 3 anni, Siena, Berletta e Iglesias dopo 2 e infine Isernia torna alle urne dopo solo un anno di legislatura. In particolare si nota la tendenza dei comuni del Sud a ritornare di fronte al corpo elettorale in anticipo rispetto alla scadenza naturale: ben 6 comuni meridionali su 8 tornano al voto prima dei 5 anni teoricamente previsti. L’eccezione è rappresentata dai due comuni laziali, Roma e Viterbo. Notiamo inoltre che il ciclo politico nazionale sembra giocare un suo ruolo: quanto più l’anno delle precedenti comunali è ravvicinato, quanto più tende a prevalere il centrosinistra. Fra le 8 amministrazioni che rinnovano a scadenza naturale la situazione di partenza è di 4 sindaci di centrodestra (3 del Pdl e 1 della Lega), 3 del centrosinistra (tutti del Pd) e uno che governa una giunta di sinistra radicale (Il sindaco Pucci di Massa, appartenente a Rifondazione comunista). Le elezioni del 2008, avvenute sull’onda del successo di Berlusconi alle politiche di aprile, rappresentano certamente l’ondata più favorevole al centrodestra rispetto a quelle degli anni successivi, caratterizzati dalla progressiva crescita dei consensi per l’opposizione di centrosinistra e dall’emergere di crescenti problemi nella coalizione di governo (primo fra tutti la rottura con Fini e l’uscita di Fli dalla coalizione nell’autunno 2010). In effetti, se guardiamo gli 8 comuni nei quali l’elezione precedente è avvenuta dal 2009 al 2012, l’equilibrio tra centrodestra e centrosinistra osservato nel 2008 scompare: in questo gruppo il centrosinistra controlla 6 amministrazioni (tutte con un sindaco del Pd), il centrodestra solo 2 (un sindaco del Pdl e uno dell’Udc).
Tab. 1 Il quadro dei 16 comuni capoluogo di provincia al voto nel 2013. (https://wbctx.com)
Scendendo al livello delle singole Zone geopolitiche, notiamo che al Nord come al Sud vi è un perfetto equilibrio per quanto concerne le coalizioni uscenti (in entrambe le aree il risultato di partenza è 3 a 3). Nelle 6 città settentrionali il centrodestra dovrà difendere Brescia, Imperia e la roccaforte leghista di Treviso, tutte città vinte al I turno alle ultime elezioni. Il Pd dovrà invece provare a riconfermarsi a Lodi, Vicenza e Sondrio. La sfida appare particolarmente ardua in quest’ultima città, capoluogo dell’unica provincia in cui la Lega ha conquistato la maggioranza relativa dei consensi alle ultime politiche.
La Zona rossa si conferma appannaggio del centrosinistra. Delle 4 città al voto, 3 sono controllate dal Pd (Pisa, Siena e Ancona), mentre a Massa governa addirittura una giunta di sinistra radicale. Qui la sfida più interessante riguarda il comune di Siena, città investita dalla crisi del Monte dei Paschi che ha portato alle dimissioni del sindaco Ceccuzzi. Riusciranno i democratici a mantenere il potere nella roccaforte rossa senese o si verificherà l’alternanza per la prima volta dopo oltre 60 anni?.
La partita più importante di questa tornata di elezioni amministrative si giocherà a Roma, con l’uscente Alemanno, vittorioso 5 anni fa dopo 15 anni di dominio del centrosinistra (con le giunte Rutelli e Veltroni) che cercherà di ottenere la riconferma battendo la concorrenza agguerrita di Pd e Movimento 5 Stelle, in una sfida che si concluderà quasi certamente al ballottaggio del 9 e 10 giugno. Negli altri 5 comuni meridionali al voto il Pd è al governo ad Isernia, Avellino e Barletta, il Pdl a Viterbo e l’Udc (in una coalizione a cui afferiscono anche Pdl e gli autonomisti del Partito sardo d’Azione) nel comune di Iglesias.
Infine c’è da fare un’ultima considerazione osservando l’ultima colonna della Tabella 1, concernente il turno di elezione del sindaco nelle ultime comunali: in 7 casi si trattò di un’elezione decisa al I turno, in ben 9 fu necessario il ballottaggio per assegnare il vincitore. Ebbene, senza bisogno di spingerci a fare previsioni sul risultato delle amministrative, non sembra difficile ipotizzare che, a causa della destrutturazione del sistema partitico emerso dalle politiche del 24 e 25 febbraio e della configurazione sostanzialmente tripolare del nuovo sistema (con Pd, Pdl e M5S che configurano 3 poli attorno al 25% dei voti), si verificherà un aumento del numero dei ballottaggi in tutto il paese.
[1] Per un’analisi delle elezioni comunali 2011 si veda De Lucia e Maggini [2012].
[2] Per un’analisi delle elezioni comunali 2012 si veda il Dossier CISE 1 a cura di Lorenzo De Sio e Aldo Paparo.