Fra rimonte impossibili e sfide all’ultimo voto: la competizione nei 66 comuni al ballottaggio

di Vincenzo Emanuele

Archiviato il primo turno delle elezioni amministrative, per le forze politiche e i candidati rimasti in competizione è già partita la corsa verso i ballottaggi che si terranno il 9 e 10 giugno in 66 comuni superiori ai 15.000 abitanti sugli originari 92. Già da questi numeri si comprende la rilevanza del turno di ballottaggio che chiarirà chi saranno i vincitori e gli sconfitti di queste elezioni amministrative. Il primo turno ha infatti lasciato aperte molte più sfide rispetto al passato (solo 26 comuni già assegnati contro i 45 della precedente tornata elettorale), complice anche la mutata struttura del nostro sistema partitico, meno bipolare rispetto a 5 anni fa.

In questo articolo esaminiamo la struttura della competizione nei 66 comuni superiori al voto domenica prossima, attraverso due dimensioni politicamente assai significative per comprendere il tipo di sfida che si configura nelle diverse città. La prima dimensione presa in esame è il distacco, in termini percentuali, tra primo e secondo candidato sindaco in ogni comune. Va da sé che la sfida del ballottaggio sarà quanto più aperta tanto minore è il distacco tra i due candidati che accedono al secondo turno. La seconda dimensione attiene invece al potenziale di voti “disponibili” da conquistare al ballottaggio. Essa consiste nella la percentuale dei voti raccolti dai candidati sindaco sconfitti al primo turno. Assumendo che non ci sarà una rimobilitazione di astenuti (è assai difficile che al ballottaggio l’affluenza cresca rispetto al primo turno), gli unici voti “sul mercato” sono quelli dei candidati già esclusi dalla competizione: maggiore è il numero di voti raccolti da questi candidati, più alte saranno le chances di rimonta per i candidati giunti secondi al primo turno e quindi tanto maggiore sarà lo spazio di competizione al ballottaggio.

Incrociando le due dimensioni sulla base dei valori mediani delle rispettive variabili otteniamo quattro possibili situazioni, che delineano una vera e propria tipologia della competizione nelle 66 città (vedi Figura 1).

Osservando la distribuzione dei punti nella Figura (ognuno dei quali rappresenta un comune) notiamo che questi si dispongono in forma piramidale, con i due quadranti inferiori che ospitano casi lungo tutto il range della variabile in ascissa, mentre nei due quadranti superiori i casi si concentrano nella parte centrale della Figura. Ciò non deve sorprendere: date le regole imposte dal sistema elettorale, non possono esservi casi di altissimo scarto tra i due candidati più votati al primo turno e contemporaneamente percentuali di voto per i candidati esclusi molto esigue (ciò vorrebbe dire che il primo classificato avrebbe superato il 50% dei voti e il ballottaggio non avrebbe luogo) o molto ampie (lo scarto tra i primi due non potrebbe essere troppo elevato dato che il totale percentuale non può ovviamente superare il 100%).

Se vi è un alto scarto di partenza tra i due candidati e un basso numero di voti raccolti dai competitors esclusi al primo turno, le possibilità di rimonta per i secondi sono ridotte al lumicino. In questi comuni la partita del ballottaggio è quasi una formalità. Per questo il tipo di competizione che si configura è stato denominato “Partita chiusa” (quadrante in alto a sinistra). Tra i comuni di questo “tipo” troviamo città come Imperia, Viareggio, Barletta e soprattutto Roma: qui la sfida per Alemanno appare proibitiva visto soprattutto l’alto distacco al primo turno (12,3 punti), a meno naturalmente di non ipotizzare una rimobilitazione di elettori che si erano astenuti: in questo caso vi sarebbe un enorme potenziale di recupero, ma in assenza della parallela competizione proporzionale per l’elezione del Consiglio comunale è al contrario assai probabile che l’area della partecipazione si restringa ulteriormente, rendendo così il vantaggio di Marino non colmabile.

Fig. 1 Tipologia della competizione nei 66 comuni al ballottaggio.

Partita chiusa: Roma, Imperia, Barletta, Carate Brianza, Cinisello Balsamo, Orbassano, San Donà di Piave, Viareggio, Falconara Marittima, Porto Sant’Elpidio, Fiumicino, Santa Marinella, Marano di Napoli, Scafati, Pontecagnano Faiano, Molfetta, San Nicandro Garganico.

Potenziale di rimonta: Ancona, Siena, Viterbo, Bareggio, Brugherio, Gorgonzola, Seveso, Bussolengo, Martellago, Piove di Sacco, Sestri Levante, Salsomaggiore Terme, Sulmona, Qualiano, Somma Vesuviana, Corigliano Calabro.

Corsa alla rimobilitazione: Brescia, Lodi, Treviso, Iglesias, Villafranca di Verona, Nettuno, Afragola, Boscoreale, Maddaloni, Melito di Napoli, Portici, Carovigno, Corato, Modugno, Noci, Acri.

Sfida aperta: Avellino, Bresso, Pergine Valsugana, Sona, Anzio, Formia, Pomezia, Sabaudia, Campagna, Castellammare di Stabia, Cercola, Marcianise, Acquaviva delle Fonti, Bisceglie, Manduria, Valenzano, Assemini.

Nel quadrante in alto a destra figurano invece quei comuni che associano ad un ampio distacco fra i due principali competitors anche un ampio numero di consensi raccolti dai candidati tagliati fuori dal ballottaggio. Rispetto al quadrante in alto a sinistra, in questi comuni i margini di rimonta sono assai maggiori e tutto dipende dalla capacità di conquistare i voti andati al primo turno ai terzi candidati. Qui si collocano casi come quelli di Siena, Ancona e Viterbo. Nel capoluogo laziale, ad esempio, il vantaggio di Michelini (Pd) su Marini (Pdl) è di 10,7 punti, ma l’area del voto “disponibile” è di ben 39 punti.

Vi sono poi i casi esattamente opposti, di comuni in cui un piccolo scarto fra i due candidati principali si associa a un basso numero di voti raccolti dagli “altri” al primo turno. In questo caso (quadrante in basso a sinistra), sarà decisiva la capacità dei due sfidanti al ballottaggio di rimobilitare i propri elettori al primo turno: dal momento che non ci sono molti altri voti in libera uscita, chi riporta i propri elettori alle urne conquista il comune. E’ il caso di Iglesias, in cui vi è stato un quasi perfetto bipolarismo al primo turno (solo 4,9 punti raccolti da altri candidati) e di altre grandi città del Nord, come Treviso, Lodi e Brescia, dove si profila una lotta all’ultimo voto tra Del Bono (Pd) e Paroli (Pdl), separati da appena 50 voti al primo turno.

Infine il quadrante in basso a destra è caratterizzato da un basso scarto tra i primi due candidati e un alto numero di voti ottenuti dagli esclusi. In questi comuni la partita è quanto mai aperta e incerta e tutto dipenderà dalla capacità dei sfidanti di mobilitare i propri sostenitori e al contempo conquistarne di nuovi nell’ampio mercato di elettori rimasti senza rappresentanza dopo il primo turno. Il caso di Avellino è emblematico: ad un distacco di appena 2 punti fra primo e secondo si associa la presenza di un enorme potenziale di voti “disponibili”, parti al 58% dei voti validi espressi al primo turno.

Come vediamo nella Tabella 1, la distribuzione dei comuni nelle quattro categorie della tipologia non è omogenea né per quanto concerne la Zona geopolitica né rispetto alla classe demografica del comune. I 6 comuni della Zona rossa si dispongono equamente fra i due quadranti superiori, poiché in tutti i 6 casi vi è un vantaggio del candidato del Pd superiore ai 10,3 punti (il valore mediano della variabile in ordinata). Anche i comuni del Nord tendono a concentrarsi nella parte superiore della Figura, e in particolare nel quadrante in alto a destra: ben 8 comuni settentrionali su 20 sono del tipo “Potenziale di rimonta”.

Tab. 1 Tipologia della competizione nei 66 comuni al ballottaggio per Zona geopolitica e classe demografica.

Al contrario, i comuni del Sud, complice la forza del Pdl, tendono a caratterizzarsi per un maggiore equilibrio tra i due sfidanti al ballottaggio: ben 26 comuni su 40 figurano nella parte bassa della grafico e fra questi ben 14 sono sfide aperte.

Per quanto riguarda la dimensione demografica, dividendo i 66 comuni in due classi di ampiezza, notiamo la maggiore competitività delle sfide nei comuni più piccoli, quelli inferiori ai 50.000 abitanti. Mentre infatti meno del 20% dei comuni piccoli (9 su 47) ha un ballottaggio dall’esito quasi scontato (il tipo “Partita chiusa”), il 42% delle città con oltre 50.000 abitanti (8 su 19) rientra in questa categoria.

Vincenzo Emanuele è professore associato in Scienza Politica presso la LUISS Guido Carli di Roma. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze con una tesi sul processo di nazionalizzazione del voto in Europa occidentale e le sue possibili determinanti. La sua tesi ha vinto il Premio 'Enrico Melchionda' conferita alle tesi di dottorato in Scienze Politiche discusse nel triennio 2012-2014 e il Premio 'Celso Ghini' come miglior tesi di dottorato in materia elettorale del biennio 2013-2014. È membro del CISE, di ITANES (Italian National Election Studies) e del Research Network in Political Parties, Party Systems and Elections del CES (Council of European Studies). I suoi interessi di ricerca si concentrano sulle elezioni e i sistemi di partito in prospettiva comparata, con particolare riferimento ai cleavages e ai processi di nazionalizzazione e istituzionalizzazione. Ha pubblicato articoli su European Journal of Political research, Comparative Political Studies, Party Politics, South European Society and Politics, Government and Opposition, Regional and Federal Studies, Journal of Contemporary European Research, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. La sua prima monografia Cleavages, institutions, and competition. Understanding vote nationalization in Western Europe (1965-2015) è edita da Rowman and Littlefield/ECPR Press (2018), mentre la seconda The deinstitutionalization of Western European party systems è edita da Palgrave Macmillan. Sulle elezioni italiane del 2018, ha curato la Special Issue di Italian Political Science ‘Who’s the winner? An analysis of the 2018 Italian general election’. Clicca qui per accedere sito internet personale. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.