«Impossibile dire se la riforma elettorale questa volta andrà in porto, anche se sono abbastanza pessimista. Siamo in un momento di grandi incertezze… Per fare pronostici devono chiarirsi alcuni elementi: Berlusconi decadrà? Il governo terrà?».
– C’è chi pensa di tornare al Mattarellum.
«A me non dispiacerebbe, ma mi sembra molto difficile che si realizzi. Berlusconi e i suoi sono convinti che i collegi uninominali non si addicono a “Elettra”, come chiamo l’elettorato della destra italiana. Hanno visto, nel 1996 e nel 2001, che i loro candidati nei collegi conquistavano meno consensi delle liste collegate a quei nomi: una differenza di un milione e mezzo di voti».
– Come mai?
«Perché l’elemento che tiene unita la destra italiana è la “colla Berlusconi”. Insomma, funziona se l’elezione è concentrata sul leader nazionale. Così Berlusconi ha inventato un sistema perfetto per sé: i voti di lista che si trasferiscono automaticamente alla coalizione. Quindi la resurrezione di Lazzaro, ossia dei collegi uninominali, non avverrà. Certamente non con il suo consenso».
– Magari con il Movimento 5 stelle?
«Nessuno sa, forse neppure loro, che idea abbiano sulla riforma elettorale».
– Se non si torna al Mattarellum…
«Potrebbe accadere soltanto se si unisse all’elezione diretta del presidente, che è la condizione posta dalla destra. Ma una forte componente del Pd è contraria, temendo una deriva populistica e plebiscitaria». (aaluminum.com)
– …quali modifiche sono realistiche?
«Si parla di una riforma ponte, per accogliere le richieste del Quirinale e della Corte costituzionale. In questa ottica, penso che il centrodestra sarebbe disponibile a fissare una quota del 40/45% per far scattare il premio di maggioranza. Il problema è che, se nessuno la raggiunge, il sistema diventa proporzionale: così non cambierebbe nulla rispetto a oggi e resteremmo nel pantano di un governo di larghe intese conflittuali».
– Dunque, quale opzione scegliere?
«Mesi fa ho scritto e detto in vari convegni del doppio turno di lista. Con due possibilità: se nessuna lista o coalizione arriva al 50%, le due più votate si affrontano al ballottaggio per ottenere il premio di maggioranza che porta al 55% dei seggi. L’alternativa è quella di dare il premio a chi arriva al 40%. Se nessuno lo fa, le due liste più votate vanno al ballottaggio».
– Lo ha proposto Violante.
«Sono contento che abbia sposato la mia idea; ma mi avrebbe fatto piacere sentire un suo riferimento a me e al Cise».
– Resterebbero premi e corpi elettorali diversi tra Camera e Senato.
«Per me il governo Letta ha commesso un errore procedurale: avrebbe dovuto stralciare dalla riforma generale quella del Senato. Perché il Senato è un pasticcio, nato dai cattivi consigli dati a suo tempo al presidente Ciampi da un gruppo di costituzionalisti».
– A chi fa riferimento?
«Non faccio nomi. Ma dico che il Porcellum nasce dai banali errori matematici, statistici, di chi ha poca dimestichezza con numeri e dati. E adesso di nuovo: abbiamo una Commissione di 42 saggi, ma tra loro non c’è un solo politologo che si sia occupato di sistemi elettorali. Per il 90% sono giuristi, con scarse conoscenze empiriche sul funzionamento dei sistemi. Così, gli stessi che hanno provocato il pasticcio della lotteria dei 17 diversi premi regionali, ora lo denunciano».
– Alla Commissione avrebbe preferito un percorso di riforme con l’articolo 138 della Costituzione?
«Sì. Perché ora i tempi si allungano».
– È favorevole a una quota di genere?
«Sì. Circoscrizioni più piccole per evitare campagne elettorali costose e rischi di corruzione, e un voto di preferenza: un secondo solo se di genere diverso dal primo».
– Il tasso di democrazia di un Paese dipende da un sistema elettorale?
«Il sistema di voto è uno strumento, una regola. Nei Paesi normali è un “dato”, che tutti conoscono e che non viene calibrato sugli interessi di chi governa. La continua necessità di riformarlo è un’anomalia italiana, un indicatore della fragilità della democrazia e del nostro sistema politico».
Pubblicato su Il Corriere della Sera del 21 Agosto.
Intervista di Daria Gorodisky.