La destra populista ed euroscettica: l’evoluzione della sua affermazione elettorale

 

di Nicola Maggini

La campagna elettorale per le elezioni del Parlamento Europeo (PE) è ormai cominciata e a questo punto è senza dubbio necessario dedicarci all’analisi dei protagonisti della politica europea, gli europartiti e i gruppi politici[1] presenti nel PE.

     Nel presente articolo analizziamo la storia elettorale e la composizione del Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia-Europe of Freedom and Democracy (EFD), gruppo politico che raccoglie i partiti della destra populista ed euroscettica (se non esplicitamente anti-euro ed anti-UE) all’interno del PE. L’EFD è nato come gruppo politico il 1 luglio 2009 e nelle ultime elezioni europee ha conquistato 32 seggi, corrispondenti al 4,3% del PE. Attualmente può contare su 31 deputati al PE appartenenti a 13 partiti di 12 Stati membri dell’UE.  In particolare, i partiti più importanti sono la Lega Nord, lo United Kingdom Independence Party (UKIP), il LAOS (partito cristiano ortodosso greco), il Partito del Popolo Danese, il Movimento per la Francia, il Partito Politico Riformato d’Olanda (SGP), il Partito dei Finlandesi (in precedenza noto come Veri Finlandesi) e il Partito Nazionale Slovacco (Tabella 1). L’EFD ha due copresidenti, Nigel Farage (UKIP) e Francesco Speroni (Lega Nord) che corrispondono alle due delegazioni più importanti del gruppo (8 e 7 deputati europei, rispettivamente). Il nuovo gruppo nasce dalla dissoluzione dei gruppi Indipendenza e Democrazia (IND/DEM) e Unione per l’Europa delle Nazioni (UEN). Alcune delegazioni dell’EFD (quella Inglese, Danese, Francese e Finlandese) hanno partecipato attivamente alla campagna contro la ratifica del trattato di Lisbona durante il secondo referendum in Irlanda (ottobre 2009). Tra il 2009 e il 2011 il Partito della Libertà Austriaco (FPÖ) ha negoziato la propria entrata nell’EFD, incontrando però il veto da parte di diversi partiti del gruppo parlamentare, tra cui l’SGP, l’UKIP e il Partito Nazionale Slovacco. Nell’EFD sono comunque entrati nel corso della legislatura altri eurodeputati, come ad esempio l’italiano Magdi Allam (attualmente esponente di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale) nel dicembre 2011, dopo essere uscito dalla Unione dei Democratici Cristiani e di Centro del gruppo del PPE. I quattro eurodeputati di Polonia Solidale sono usciti dal gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ERC) il 26 dicembre 2011, e sono entrati nell’EFD. Infine nel settembre del 2013, il Fronte Nazionale per la Salvezza della Bulgaria (partito nato nel 2011) è entrato nel gruppo. Oltre ai nuovi ingressi, nel corso del tempo ci sono state anche alcune espulsioni e defezioni, soprattutto verso il gruppo dei Conservatori e Riformisti (ECR).

     La maggior parte dei partiti dell’EFD fanno parte dell’europartito Movimento per un’Europa della Libertà e della Democrazia – Movement for a Europe of Liberties and Democracy (MELD), eccetto l’UKIP. Nel novembre 2013 la Lega Nord (che faceva parte del MELD) è entrata nell’ europartito Alleanza Europea per la Libertà – The European Alliance for Freedom (EAF), composto da partiti della destra populista ed anti-euro come il francese Front National di Marine Le Pen, il belga Vlaams Belang, l’austriaco FPÖ (tutti partiti non iscritti ad alcun gruppo nel PE) e i Democratici Svedesi (che non ha eletti nel PE). L’EAF è stato fondato nel 2010 ed è stato riconosciuto dal PE nel 2011. Il ruolo e l’importanza del partito è destinata ad espandersi nelle prossime elezioni europee del maggio 2014, quando potrà contare sul supporto del Fronte Nazionale francese, del Partito per la Libertà (PVV) dell’olandese Geert Wilders, del fiammingo Vlaams Belang, del Partito della Libertà Austriaco (FPÖ), dei Democratici Svedesi, del Partito Nazionale Slovacco e della Lega Nord. Il Partito Danese del Popolo, l’UKIP e Alternativa per la Germania (AFD) hanno rifiutato di aderire alla nuova alleanza, mentre i partiti nazionalisti europei più radicali e antisemiti come il Partito Nazionale Democratico di Germania, il British National Party, la greca Alba Dorata e l’ungherese Jobbik non sono stati autorizzati a far parte dell’alleanza. D’altronde in questa sede non ci occupiamo dei partiti della destra radicale e neofascista. Il minimo comune denominatore dei partiti aderenti al MELD e all’EAF è costituito dall’orientamento politico conservatore, dall’avversione nei confronti dell’Europa e dal populismo, che punta a capitalizzare dal punto di vista elettorale la distanza che si è venuta a creare fra i governanti e i governati in molti paesi europei e il malcontento popolare che si è generato in seguito a fenomeni epocali come la globalizzazione dei mercati, l’immigrazione di massa e la crisi economica globale dopo il crollo di Wall Street nel 2008. La sfida populista portata avanti da questi partiti si basa di solito sulle capacità comunicative e carismatiche di un leader per coagulare attorno ad un unico progetto politico il senso di sfiducia che il cittadino medio avverte di fronte alle difficoltà tipiche delle democrazie moderne. La sfida cioè che un Leader, posto a capo di un Popolo ritenuto depositario di ogni virtù, rivolge ad un Palazzo ritenuto albergo di ogni vizio [Tarchi 2003].

 

Tab. 1 – Elenco dei partiti membri dell’EFD o aderenti all’EAF alla vigilia delle elezioni europee del 2014.

Come detto in precedenza, l’EFD nasce dalla dissoluzione dei gruppi Indipendenza e Democrazia (IND/DEM) e Unione per l’Europa delle Nazioni (UEN). Il gruppo Unione per l’Europa delle nazioni era un gruppo politico del Parlamento europeo nato nel 1999 che raccoglieva fino a giugno 2009 i parlamentari europei che facevano riferimento a valori d’ispirazione nazional-conservatrice e orientativamente di destra e che appartenevano al partito politico europeo Alleanza per l’Europa delle Nazioni (AEN). Dell’UEN faceva parte, tra gli altri, Alleanza Nazionale. L’UEN era a sua volta l’erede dell’Unione per l’Europa (UPE), gruppo parlamentare europeo costituitosi il 6 luglio 1995 a seguito della confluenza fra due distinti gruppi politici: l’Alleanza Democratica Europea (di orientamento nazional-conservatore, il cui principale partito politico era il francese Raggruppamento per la Repubblica) e Forza Europa (di matrice liberal-conservatore e cristiano democratico, costituito da Forza Italia). Sia l’RPR che Forza Italia poi abbandonarono tra il 1998 e il 1999 l’UPE per aderire al PPE. Il gruppo Indipendenza e Democrazia raccoglieva invece i deputati di matrice euroscettica democratica o nazionalista. Il gruppo nacque nel 2004, erede del gruppo Europa delle Democrazie e delle Diversità, raggruppando partiti euroscettici regionalisti o nazionalisti (tra cui la Lega Nord e l’UKIP) che facevano riferimento ai partiti europei EU Democrats e Alleanza dei Democratici Indipendenti in Europa. L’Europa delle Democrazie e delle Diversità era a sua volta l’erede dell’Europa delle Nazioni (EDN), gruppo parlamentare europeo che comprendeva partiti che si richiamavano all’euroscetticismo conservatore. Alla sua fondazione constava di 19 membri, di cui facevano parte il Movimento per la Francia, il Partito Costituzionale Riformato, il Movimento di Giugno, il Movimento Popolare contro l’UE. Il gruppo nacque nel 1994 per poi assumere nel 1996 la denominazione di Indipendenti per l’Europa delle Nazioni. Infine nel 1999 diede luogo, appunto, al gruppo dell’Europa delle Democrazie e delle Diversità. Da quanto detto sinora, quindi, i partiti della destra euroscettica si danno un vero e proprio coordinamento a livello di PE solo a partire dal 1994, quando nasce l’EDN. La Figura 1 mostra l’andamento elettorale, misurato come percentuale di seggi ottenuti al PE, dei gruppi parlamentari della destra euroscettica che si sono succeduti nel corso del tempo: Europa Delle Nazioni (EDN, poi gruppo degli Indipendenti per l’Europa delle Nazioni), Europa delle Democrazie e delle Diversità (EDD), Indipendenza e Democrazia (IND/DEM) e Unione per l’Europa delle Nazioni (UEN), e, infine, Europa della Libertà e della Democrazia-Europe of Freedom and Democracy (EFD).  

Fig. 1 – Andamento elettorale dell’EFD e dei suoi predecessori. Percentuale di seggi nel PE, 1994-2009.

Come si può vedere i gruppi della destra euroscettica (che inizialmente nel 1994 avevano ottenuto il 3,4% dei seggi nel PE), mostrano un netto incremento del proprio rendimento elettorale tra il 1999 e il 2004, più che raddoppiando i propri seggi nel PE (il 7,3% nel 1999 e l’8,7% nel 2004). Alle ultime elezioni europee del 2009, invece, la destra euroscettica dimezza i propri seggi rispetto a cinque anni prima, passando al 4,3%. Questo dato però può essere fuorviante, per due motivi: 1) nel 2009 non fanno parte dell’EFD alcuni importanti partiti della destra populista ed anti-euro, tra cui il Front National di Marine Le Pen, il fiammingo Vlaams Belang, l’austriaco FPÖ, l’olandese PVV, dal momento che sono tutti partiti non iscritti ad alcun gruppo nel PE; 2) nella Fig. 1 abbiamo conteggiato per le elezioni del 1999 e del 2004 anche i seggi dell’UEN, ma di questo gruppo parlamentare facevano parte anche partiti importanti come Alleanza Nazionale, il partito repubblicano irlandese Fianna Fáil, il portoghese Centro Democratico Sociale-Partito Popolare, il partito polacco Diritto e Giustizia (dal 2004), che successivamente entreranno a far parte di gruppi parlamentari afferenti a famiglie politiche tradizionalmente pro-Europa o in ogni caso solo moderatamente euroscettiche. Nel 2006 il CDS aderì al gruppo del PPE. Nel 2009 il Fianna Fáil aderì all’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa; Alleanza Nazionale confluì nel Popolo della Libertà aderente al Gruppo del Partito Popolare Europeo e Diritto e Giustizia formò insieme ai conservatori britannici e cechi il gruppo dei Conservatori e dei Riformisti europei.

Per la ragioni sopra enunciate, la Fig. 2 riporta gli stessi dati della Fig.1, escludendo però i seggi dell’UEN.

 

Fig. 2 – Andamento elettorale dell’EFD e dei suoi predecessori (escludendo l’UEN). Percentuale di seggi nel PE, 1994-2009.

Come si vede, con l’esclusione del gruppo dell’UEN il rendimento elettorale dei gruppi parlamentari della destra euroscettica risulta molto più costante nel corso del tempo. In questo caso, nel 1999 la percentuale di seggi è inferiore al 1994 (2,6% vs 3,4%) e la percentuale massima ottenuta (il 5,1% del 2004) non è troppo lontana dalla percentuale di seggi dell’EFD alle ultime elezioni (il 4,3% nel 2009).

A questo punto per avere un quadro più completo della forza elettorale della destra populista euroscettica ed anti-Euro (quando non anti-UE) in Europa, riportiamo in chiave diacronica i risultati elettorali alle elezioni europee, espressi in termini percentuali, dei partiti attualmente membri dell’EFD o aderenti all’EAF per ciascuno dei paesi membri dell’UE (Tab.2).

Tab. 2 – Risultati elettorali dei partiti dell’EFD e della destra populista ed anti-europeista (aderenti all’EAF) nei paesi membri dell’UE alle elezioni europee (1979-2009).


I dati mostrano che i partiti della destra populista ed anti-europeista raggiungono delle percentuali ragguardevoli in alcuni paesi a partire dagli anni ’90, quando si supera il 22% in Austria e in Francia (in questo caso solo nel 1994); nel 2004 le percentuali di voto maggiori oscillano tra il 14 e il 17% in Belgio (14,3%), Regno Unito (15,6%) e Francia (17,4%); infine alle ultime elezioni europee del 2009 percentuali tra il 12 e il 24% vengono raggiunte in Austria (12,9%), Danimarca (15,3%), Lituania (12,2%), Olanda (23,8%) e Regno Unito (15,9%). Tra i paesi facenti parti dell’Unione fin dal 1979, l’Olanda e il Belgio sono quelli che mostrano una presenza elettorale della destra euroscettica e populista di più lunga data (dal 1979 in Olanda e dal 1984 in Belgio). In Olanda alle ultime europee del 2009 c’è stato un vero e proprio exploit elettorale di questi partiti, soprattutto grazie al successo del PVV. Anche la Francia vanta una tradizione elettorale di questo tipo, con percentuali attorno all’11% già nel 1984, mentre nel Regno Unito il successo dell’UKIP alle elezioni europee è più recente (a partire dal 2004). Infine, in Italia la percentuale elettorale maggiore è stata raggiunta dalla Lega Nord alle ultime europee del 2009 con il 10,2%.  

     In conclusione, le prossime elezioni europee potrebbero essere un punto di svolta per i partiti della destra populista anti-euro, dal momento che ci sono alcuni presupposti importanti che ne possono favorire il successo elettorale. In primo luogo le elezioni europee costituiscono un contesto tradizionalmente favorevole per i partiti di opposizione in base alla teoria delle “second order elections” [Reif e Schmitt 1980], ossia sono elezioni in cui la posta in gioco è minore (o è percepita come tale) rispetto alle elezioni politiche (quando invece in palio c’è il governo del proprio paese) e gli elettori si sentono più liberi nelle loro scelte elettorali, nel caso punendo nelle urne i partiti di riferimento quando si ritiene che non stiano svolgendo un’azione politica efficace e consona alle proprie aspettative. Secondo questa prospettiva, quindi, le elezioni per il PE sono un’arena elettorale particolarmente favorevole per i partiti di protesta all’opposizione, mentre i partiti al governo di solito sono svantaggiati in base alla teoria del ciclo elettorale [Reif e Schmitt 1980; van der Eijk e Franklin 1996]. Inoltre, sulla scia della più dura crisi economica dalla seconda guerra mondiale, in diversi paesi europei vi è stato un aumento dei partiti anti-establishment che apertamente si oppongono alle politiche di austerità dell’UE e all’integrazione europea. E alle prossime elezioni europee del maggio 2014 questi partiti hanno l’obiettivo di portare le protesta anti-europea direttamente all’interno delle istituzioni dell’Unione Europea, in primis il PE. Paradossalmente, potrebbero essere le prime elezioni europee in cui le tematiche riguardanti l’Unione Europea vengono poste al centro della campagna elettorale grazie soprattutto ai partiti anti Europa. Da elezioni di secondo ordine, cioè, potrebbero diventare elezioni di primo ordine anche in virtù di un voto in Europa contro l’Europa.

 

 

 

 

 

[1] La sovrapposizione tra gruppo e partito non è totale, come sottolineato da Bardi [2002]. Alcuni partiti nazionali fanno parte di un gruppo parlamentare nel PE pur non essendo membri dell’europartito. In questa sede ci dedichiamo soprattutto all’analisi dei gruppi politici.

Nicola Maggini è ricercatore in scienza politica. È membro del laboratorio di ricerca spsTREND "Hans Schadee" presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano, del CISE (Centro Italiano Studi Elettorali) e di ITANES (Italian National Election Study). In precedenza è stato Jean Monnet Fellow presso lo Schuman Centre for Advanced Studies dell’Istituto Universitario Europeo e ha partecipato a due progetti di ricerca europei Horizon 2020: Sirius-Skills and Integration of Migrants, Refugees and Asylum Applicants in European Labour Markets e TransSol-Transnational solidarity at times of crisis. Si è addottorato, con lode, in Scienza della Politica all’Istituto Italiano di Scienze Umane nel marzo 2012. Ha pubblicato articoli in diverse riviste scientifiche italiane e internazionali, tra cui European Political Science Review, Journal of Common Market Studies, West European Politics, American Behavioral Scientist, South European Society and Politics, Italian Political Science Review, Journal of Contemporary European Research, Quality & Quantity, Italian Political Science, Italian Journal of Electoral Studies, International Sociology e Quaderni di Scienza Politica. Ha pubblicato, per Palgrave MacMillan, il libro Young People’s Voting Behaviour in Europe. A Comparative Perspective (Palgrave Macmillan, 2016). È inoltre coautore di diversi capitoli in volumi collettanei e ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE. Ha curato (con Andrea Pedrazzani) Come siamo cambiati? Opinioni, orientamenti politici, preferenze di voto alla prova della pandemia (Fondazione Feltrinelli, 2021). Infine, è autore di diverse note di ricerca pubblicate nella serie dei Dossier CISE. I suoi interessi di ricerca si concentrano sullo studio degli atteggiamenti e comportamenti socio-politici, dei sistemi elettorali, del comportamento di voto e della competizione partitica in prospettiva comparata.