La competizione nelle province: dietro al Pd c’è ovunque il M5s, con Fi terza

di Aldo Paparo e Matteo Cataldi

Il risultato delle elezioni europee è stato chiaro e inequivocabile: una straordinaria affermazione del Pd targato Renzi. In questo articolo analizziamo tale risultato a livello provinciale, per capire se e come si articoli geograficamente il successo del Pd.

Alle politiche di un anno fa il M5s si era classificato primo partito in 50 province italiane, avendo fatto meglio del Pd a guida Bersani, che era primo partito in 40 province. Tralasciando Bolzano e Aosta, vinte da partiti regionali (rispettivamente il Svp e la Valée D’Aoste), il Pdl aveva conquistato il primato in 17 province – tutte nel meridione tranne Varese -, mentre la Lega era il primo partito nella provincia di Sondrio.

In questa europee si segnalano alcuni elementi di continuità, in un quadro però profondamente mutato. Lega e Svp mantengono i propri primati a Sondrio e Bolzano. Per il resto è un trionfo del Pd, ovunque partito più votato tranne che ad Isernia dove è Fi al primo posto. Si tratta anche sotto questo profilo di un risultato storico. Oggi 107 province su 110 vedono il Pd come primo partito. Mai nella storia della Repubblica un partito si era dimostrato altrettanto capace di imporsi su tutto il territorio nazionale.

A questo punto ci pare interessante capire come si sia strutturata la competizione nelle diverse province: chi è arrivato secondo, alle spalle del partito di Renzi? Quale distacco si è registrato fra primo e secondo partito nelle diverse province? Sono queste domande particolarmente interessanti anche nell’ottica dell’eventuale approvazione dell’Italicum, sistema elettorale che prevede la possibilità di un ballottaggio fra i primi due competitor.

Per rispondere a questi interrogativi guardiamo la figura 1, che mostra il secondo partito in ciascuna provincia, indicandone anche il distacco rispetto a quello che lo precede. Il colore che riempie ciascuna provincia indica il partito che è arrivato secondo. L’intensità cromatica rappresenta il distacco dal primo: più intensa la tonalità del colore, minore è il distacco dal primo partito e viceversa.

Fig.1 – Secondo partito nelle 110 province italiane e suo distacco dal primo classificato

Come si può osservare, il colore giallo è largamente prevalente nella mappa della nostra penisola. Il M5s, infatti, è il secondo partito in ben 84 province su 110, mentre il partito di Berlusconi, Fi, è riuscito ad arrivare secondo in soli 19 casi. Completano il quadro le tre province in cui il Pd non è primo, tutte e tre con il Pd al secondo posto; e le 4 province in cui è stato il Carroccio il secondo partito più votato.

Guardando ai distacchi, possiamo osservare come quasi la metà delle province (46) si dimostrino scarsamente competitive, con un vantaggio del primo partito superiore ai 20 punti percentuali sul secondo. In particolare ci sono 45 province in cui il Pd ha un margine superiore ai 20 punti sul rivale più vicino: il 41% delle province totali. Più in dettaglio, nella zona rossa il M5s è secondo partito con oltre 20 punti di distacco in 24 delle 26 province complessive. Solo ad Ascoli-Piceno e Fermo il partito di Grillo ha subito distacchi inferiori, ma comunque oltre i 10 punti. In 19 province settentrionali su 38, cioè esattamente la metà, Il Pd mette oltre 20 punti di distanza tra sé e il primo inseguitore. Questo è il M5s in 13 istanze, Fi in 5 e la Lega a Lecco. In 16 delle rimanenti province del nord, il vantaggio del partito di Renzi è comunque superiore ai 10 punti: in questi casi 10 volte secondo è il M5s, 3 la Lega e altrettante Fi. Solo a Imperia il vantaggio sul secondo partito non è in doppia cifra: infatti M5s è staccato di 7,2 punti percentuali.

Nel meridione il quadro politico appare assai più competitivo. Qui, infatti solo in 2 province su 46 si registra un vantaggio superiore ai 20 punti percentuali: Enna e Potenza. In 20 province il vantaggio del Pd è fra  10 e 20 punti, 13 volte sul M5s e 7 su Fi. In esattamente la metà delle province meridionali si segnala invece un Pd al primo posto ma con un margine inferiore ai 10 punti sul più votato rivale: in 19 casi questo è il M5s, in 4 è Fi.

Nelle tre province non vinte dal Pd, il partito di Renzi è comunque secondo. Inoltre si registrano margini assai contenuti, con la sola eccezione dell’Alto Adige, in cui il Svp ha oltre 30 punti di margine. A Isernia Fi può contare su 5,3 punti di vantaggio; ancora meno la Lega a Sondrio (2).

Diamo adesso uno sguardo più sistematico alla mappa in figura, per verificare se i diversi quadri della competizione presentati fino qui si articolino lungo precise direttrici geografiche. In effetti si osserva una grande rilevanza della prossimità geografica e si individuano chiaramente alcune zone.

Innanzitutto, si vede il dominio del Pd sul M5s nella zona rossa: in ogni provincia oltre 20 punti di distacco, tranne che nell’estrema periferia sudorientale della questa area geopolitica (ovvero le province di Fermo e Ascoli Piceno, già segnalate in precedenza). Vittorie del Pd con un M5s al secondo posto staccato di oltre 20 punti si registrano anche in buona parte del triveneto. Solo a Padova, Vicenza e Treviso il distacco del partito di Grillo da quello di Renzi è compreso fra i 10 e i 20 punti. L’unica eccezione è la provincia di Verona in cui al secondo posto, e sempre con distacco intermedio, non c’è il M5s ma la Lega. Comincia lì la fascia pedemontana nella quale è appunto il Carroccio il secondo partito – anche se staccato dappertutto di almeno 15 punti-, che passa per Bergamo, Brescia e Lecco. Questa “cintura verde” si chiude a Sondrio, dove – come abbiamo visto – la Lega è risultato primo partito, anche se con un margine estremamente ridotto sul Pd.

Nel nord-ovest il trionfo del Pd è più contenuto. Infatti i colori dei secondi classificati sono più intensi e nella maggior parte dei casi nelle fasce che indicano distacchi fra i 10 e i 20 punti dal Pd. Qui compare l’azzurro di Fi, che è secondo partito in particolare nelle province attorno a Milano, tranne quella del capoluogo stesso e di Monza e Brianza in cui il M5s è secondo dietro al Pd.

Nella figura 1 si può poi visualizzare la maggiore competitività del Sud. Qui i colori chiari, indicanti margini di vantaggio del primo partito oltre i venti punti, sono l’eccezione; mentre nella maggioranza assoluta dei casi si segnalano distacchi in singola cifra.

Si evidenzia infine l’altra area di relativa competitività di Fi, oltre quella già osservata intorno al capoluogo lombardo: la fascia tirrenica meridionale. Si può infatti vedere come il partito di Berlusconi sia al secondo posto lungo la costa da Latina fino a Reggio Calabria, con le sole eccezioni delle province di Napoli, Cosenza e Catanzaro. Anche Messina vede Fi al secondo posto. In tale area si inserisce anche Isernia che, pur non avendo accesso al mare, confina con questa fascia costiera ed è l’unica provincia italiana in cui Fi è in testa. Il colore azzurro ricompare poi nell’estremità meridionale della Puglia (province di Brindisi e Lecce).

Nel resto del Sud è di nuovo il M5s ad inseguire Pd. Risulta particolarmente competitivo nei confronti del partito di Renzi in Sicilia, Sardegna e nelle provincie dell’Adriatico meridionale, con la sola eccezione di Foggia. Al contrario si registrano distacchi più elevati in Calabria, Basilicata e Lazio.

Riassumendo, il quadro che emerge dai risultati elettorali a livello provinciale replica, con poche eccezioni, quello nazionale. Il Pd è infatti primo in 107 province su 110, il M5s è il secondo partito in 84 unità, mentre invece il partito di Berlusconi deve accontentarsi del terzo posto un po’ in tutta Italia (di nuovo 84 province), salvo che nella fascia tirrenica meridionale e intorno a Milano. A Trento, Verona, Vicenza, Belluno e Treviso Fi è addirittura il quarto partito più votato.

Non è certo questa una situazione consueta per il centrodestra italiano e il suo storico leader. Certo, guardando bene i dati, si osserva che se Berlusconi fosse ancora capace di federare le varie anime dei moderati italiani e sommarne i voti (anche se non tutti per lo meno la maggior parte), ecco che tale campo potrebbe riconquistare se non il ruolo di front-runner, certamente quello di principale sfidante in vista delle future elezioni politiche. Ma probabilmente quei tempi sono definitivamente trascorsi e non si intravedono all’orizzonte nuove figure capaci di coagulare attorno a sé i voti degli elettori di Lega, Fi, Ncd e Fdi.

Aldo Paparo è ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Firenze. È stato assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Politiche alla LUISS Guido Carli. Dopo il conseguimento del dottorato è stato W. Glenn Campbell and Rita Ricardo-Campbell National Fellow presso la Hoover Institution alla Stanford University, dove ha condotto una ricerca sulla identificazione di partito in chiave comparata. Ha conseguito con lode il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze, con una tesi sugli effetti del ciclo politico nazionale sui risultati delle elezioni locali in Europa occidentale. Ha conseguito con lode la laurea magistrale presso Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze, discutendo una tesi sulle elezioni comunali nell’Italia meridionale. Le sue principali aree di interesse sono i sistemi elettorali, i sistemi politici e il comportamento elettorale, con particolare riferimento al livello locale. Ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE; e ha pubblicato articoli scientifici su South European Society and Politics, Italian Political Science, Quaderni dell’Osservatorio Elettorale, Contemporary Italian Politics e su Monkey Cage. È stato inoltre co-autore di un capitolo in Terremoto elettorale (Il Mulino 2014). È membro dell’APSA, della MPSA, della ESPA, della ECPR, della SISP e della SISE. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.
Matteo Cataldi si è laureato presso la Facoltà di Scienze politiche “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze con una tesi sulla competitività delle elezioni italiane. È stato ricercatore presso Tolomeo Studi e Ricerche e ha pubblicato articoli su Polena e Quaderni dell’Osservatorio Elettorale, è co-autore di un capitolo di Terremoto elettorale (Il Mulino, 2014) e co-curatore di vari Dossier CISE e di numerose note di ricerche apparse nella serie di Dossier. Ha inoltre curato l’appendice al volume Proporzionale se vi pare (Il Mulino, 2010). I suoi interessi di ricerca comprendono lo studio del comportamento elettorale e in particolare il cambiamento della geografia del voto, anche attraverso i più recenti sviluppi degli applicativi GIS in ambito politico-sociale. È membro SISP e dello Standing Group POPE – Partiti Opinione Pubblica Elezioni.