Alle comunali è ancora il centrodestra il secondo polo

di Roberto D’Alimonte e Aldo Paparo

Il grande successo del Pd di Renzi alle europee ha fatto passare in secondo piano il risultato delle amministrative. Eppure il primo turno delle elezioni comunali ci ha restituito una fotografia dell’Italia diversa da quella della consultazione per il Parlamento europeo. Intendiamoci: il Pd ha vinto anche in questa arena. Quello che invece cambia è il tipo di competizione. A livello europeo lo scontro era Pd-M5s, a livello locale invece è tornato ad essere centrosinistra contro centrodestra. La differenza la fa – naturalmente – il sistema elettorale.

Le europee sono una corsa per partiti singoli perché il sistema proporzionale con cui si vota non richiede accordi preventivi. In questa arena si contano dunque i partiti e non le coalizioni. Fin dall’inizio della campagna elettorale la sfida per il primato è stata percepita come un affare che riguardava il partito di Renzi e quello di Grillo. Forza Italia è sempre stata vista come il terzo polo. A livello locale invece le cose stanno diversamente. La corsa per eleggere sindaco e consiglio nei comuni con più di 15.000 abitanti è un affare che riporta in primo piano le coalizioni. Il sistema non è un proporzionale quasi puro come alle europee, ma un proporzionale con premio di maggioranza e ballottaggio. Vince il candidato sindaco che ottiene al primo turno il 50% più uno dei voti. Se nessuno ci riesce i due candidati più votati si sfidano due settimane dopo al ballottaggio. Con questo sistema le coalizioni sono importanti. E quando si parla di coalizioni il M5s sparisce di scena perché è un partito irrimediabilmente solo. Per questo recede al terzo posto cedendo il secondo al centrodestra.

Dei 28 comuni capoluogo (comprendendo Cesena) dove si è votato Domenica scorsa in 10 casi la partita è già finita al primo turno. In 9 comuni ha vinto il centrosinistra. Solo a Ascoli Piceno l’ha spuntata il centrodestra che presentava il sindaco uscente. In nessun comune ha vinto il M5s e solo a Reggio Emilia e Campobasso è arrivato secondo.

In 18 comuni l’esito della competizione è dunque rinviato al secondo turno che si terrà Domenica 8 Giugno. Con quali duelli? In 14 casi la sfida sarà tra un candidato del centrosinistra e uno del centrodestra. Solo in due casi – Modena e Livorno – lo sfidante del candidato di centrosinistra sarà un esponente del M5s. Il terzo caso è anomalo. Infatti a Potenza il candidato del centrosinistra affronterà un candidato sostenuto da Fdi e due liste civiche. Infine a Caltanissetta il candidato sostenuto da Pd dovrà vedersela con uno sostenuto solo da liste civiche. Come andrà a finire in questi 18 comuni? A Bergamo, Biella, Cremona, Urbino e Foggia l’esito è troppo incerto per fare un pronostico. A Pavia e Teramo invece dovrebbero vincere i sindaci uscenti del centrodestra che in entrambi i casi hanno margini di vantaggio che sembrano incolmabili. Lo stesso si può dire a favore dei candidati di centrosinistra a Verbania, Modena, Perugia, Terni, Bari, Caltanissetta (dove il Pd è alleato dell’Udc) e Potenza. Anche a Vercelli e a Pescara Pd e alleati hanno un vantaggio importante ma non decisivo.

I due casi forse più interessanti sono Padova e Livorno. Nel capoluogo veneto il sindaco uscente del centrosinistra si presenta in testa dopo il primo turno, ma ha raccolto solo un voto su tre e può contare su un margine davvero ristretto sullo sfidante appoggiato da Fi, Lega e Fdi. Il fattore decisivo potrebbe essere il comportamento al secondo turno di quel 10% di elettori padovani che al primo turno hanno votato per Maurizio Saia, ex senatore Pdl, fuoriuscito al momento della scissione di Fli e sostenuto in queste comunali da Ncd-Udc. A Livorno è la prima volta che si va ballottaggio per eleggere il primo cittadino. Mai il centrosinistra aveva fallito l’obiettivo di vincere al primo turno. Invece stavolta il suo candidato si ferma appena sotto al 40%. Si presenta al secondo turno saldamente in vantaggio, avendo comunque raccolto oltre il doppio dei voti del secondo classificato, il candidato sostenuto dal M5s. Ma la partita non può considerarsi chiusa. Parma insegna anche se i tempi sono diversi.

Tab. 1 – Risultati nel primo turno dei candidati sindaco sostenuti dai diversi partiti considerati

Fatti tutti i conti, si può stimare che il secondo turno dovrebbe essere molto favorevole al Pd di Renzi. Cinque anni fa vinse in 16 capoluoghi. Questa volta potrebbero essere molti di più. In ogni caso, comunque vadano i ballottaggi, sappiamo già che il M5s è il grande sconfitto di questa consultazione, come lo è stato in quella per le europee. Certo, se vincesse a Modena o a Livorno dove è ancora in corsa potrebbe consolarsi. Ma non siamo più al tempo del ballottaggio vinto da Pizzarotti a Parma quando le aspettative erano modeste e quella vittoria segnò l’inizio di una crescita che sembrava inarrestabile. Adesso il giudizio è diverso. A distanza di anni il M5s, che è nato come movimento di base, continua a far fatica a sfidare con successo l’organizzazione e il personale dei partiti tradizionali. Come l’anno scorso ha dimostrato di nuovo di essere un partito più nazionale che locale. E’ la leadership di Grillo a fare la differenza. E nei comuni si vede. Nei 28 capoluoghi il divario di voti tra quelli ottenuti alle europee e quelli delle comunali è nettissimo anche se presenta interessanti variazioni territoriali. Nei comuni della zona rossa il risultato dei candidati sindaci è, in media, di circa 5 punti inferiore rispetto a quello della lista alle Europee. Al nord questa differenza cresce fino a sfiorare i 7 punti percentuali. Ma nei capoluoghi del sud arriva a superare i 15 punti percentuali.

In conclusione, è una Italia a due facce. Almeno per ora. Nonostante il centrodestra sia uno schieramento in crisi, il M5s non è riuscito neanche questa volta a prenderne il posto. A livello locale il bipolarismo italiano è ancora quello classico della Seconda Repubblica con Pd e alleati contrapposti a Fi e alleati. E con l’Italicum sarà molto probabilmente così anche a livello nazionale. Grillo può attendere.

Pubblicato su Il Sole 24 Ore dell’1 Giugno 2014

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.
Aldo Paparo è ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Firenze. È stato assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Politiche alla LUISS Guido Carli. Dopo il conseguimento del dottorato è stato W. Glenn Campbell and Rita Ricardo-Campbell National Fellow presso la Hoover Institution alla Stanford University, dove ha condotto una ricerca sulla identificazione di partito in chiave comparata. Ha conseguito con lode il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze, con una tesi sugli effetti del ciclo politico nazionale sui risultati delle elezioni locali in Europa occidentale. Ha conseguito con lode la laurea magistrale presso Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze, discutendo una tesi sulle elezioni comunali nell’Italia meridionale. Le sue principali aree di interesse sono i sistemi elettorali, i sistemi politici e il comportamento elettorale, con particolare riferimento al livello locale. Ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE; e ha pubblicato articoli scientifici su South European Society and Politics, Italian Political Science, Quaderni dell’Osservatorio Elettorale, Contemporary Italian Politics e su Monkey Cage. È stato inoltre co-autore di un capitolo in Terremoto elettorale (Il Mulino 2014). È membro dell’APSA, della MPSA, della ESPA, della ECPR, della SISP e della SISE. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.