di Aldo Paparo
Queste elezioni regionali hanno coinvolto in tutto sette regioni, dunque circa un terzo delle venti totali. Due di queste si trovano nel nord del paese, ben 3 sono della Zona Rossa (sulla quattro che in tutto la costituiscono); infine due sono le regioni meridionali. Sono stati complessivamente coinvolti per le regionali – tralasciando quindi gli elettori chiamati alle urne solo per le comunali fuori da queste regioni – quasi 19 milioni di elettori.
Naturalmente è molto forte la tentazione di ricavare dai risultati delle sette regioni interessate risultati “nazionali” per i diversi partiti, sfruttando così queste regionali per scattare una fotografia dei rapporti di forza nazionali fra partiti e coalizioni. Per potere procedere in questa direzione è necessario verificare in che misura i recenti risultati elettorali fatti registrare nel complesso delle sette regioni siano in linea con il risultato nazionale. E’ esattamente quanto facciamo in qui.
Se ad esempio scoprissimo che alle europee dell’anno scorso il Pd di Renzi ha preso nelle 7 regioni il 25%, mentre sappiamo che nell’Italia intera era sopra il 40%, avremmo certamente delle difficoltà a ricavare dall’aggregato delle sette regioni un dato odierno minimamente attendibile. Lo stesso problema si avrebbe se verificassimo, sempre in ipotesi, che in queste sette regioni Bersani aveva raccolto il 40% dei voti. Da questi esempi si dovrebbe evincere l’opportunità della verifica che conduciamo qui.
Confrontiamo quindi il risultato delle politiche 2013 (tab. 1) e delle europee 2014 (tab. 2) nei due insiemi di riferimento: il primo costituito dalle sette regioni al voto nel 2015 – come se fossero un’unica circoscrizione elettorale, sommando i diversi risultati regionali e calcolando poi le relative percentuali, il secondo formato dall’Italia intera. Come possiamo osservare, l’aggregato delle sette regioni presenta risultati straordinariamente vicini a quelli nazionali per tutti i partiti.
Alle politiche il M5s era al 25,7 nelle 7 regioni, contro il 25,6 delle venti regioni. Seguiva il Pd con il 25,1% nelle regioni al voto nel 2015, contro il 25,4% nazionale. Il Pdl aveva il 22,6% nelle sette regioni, un punto in più del risultato nazionale. Alle europee il Pd è al 40,8% nel paese, mentre raccoglie il 41,5% nell’aggregato delle sette regioni. Secondo partito è il M5s, con il 21,5% nelle sette regioni contro il 21,2% nazionale. Completando il quadro dei partiti maggiori, Forza Italia è attorno al 17% in entrambi gli insiemi di riferimento.
Anche l’Udc, che nel 2013 sembra assai sovrarappresentata nelle sette regioni (113%), è in realtà sostanzialmente stabile nei due insiemi. La differenza fra i due risultati è infatti di appena un quinto di punto, che però pesa oltre il 10% del magro risultato di allora dell’Udc. Peraltro questa lieve sovrarappresentazione del partito di Casini è esattamente bilanciata dal risultato degli alleati, Sc e Fli. Così il totale della coalizione Monti è identico nelle sette e nelle venti regioni, a ulteriore conferma della comparabilità dei due insiemi. Inoltre la lista di Ncd e Udc alle europee ottiene sostanzialmente lo stesso risultato nei due aggregati.
Da questi dati emerge chiaramente come il “collegio” delle regioni chiamate al voto in queste europee sia stato un campione estremamente rappresentativo delle più recenti manifestazioni nazionali dell’elettorato, uno e due anni or sono). Abbiamo quindi una indicazione che è possibile guardare ai risultati complessivi delle regionali nelle sette regioni per stimare la forza nazionale dei partiti, a meno che non si ipotizzi che negli ultimi dodici mesi siano intervenuti dei fenomeni che hanno investito diversamente le sette regioni e le altre tredici.
Tab. 1 – Rappresentatività del risultato elettorale delle politiche 2013 nell’aggregato delle sette regioni rispetto al risultato nazionale
Tab. 2 – Rappresentatività del risultato elettorale delle europee 2014 nell’aggregato delle sette regioni rispetto al risultato nazionale
L’unica discrepanza di una certa rilevanza si ha nel centro-destra, dove Fi (o il Pdl nel 2013) è in entrambe le occasioni un po’ sovrarappresentata nelle 7 regioni, mentre per la Lega avviene il contrario. Naturalmente la ragione di questo va rinvenuta nella sbilanciata composizione delle sette regioni fra nord e resto del paese rispetto all’Italia. E’ comunque un elemento di cui tenere conto.
Ciò vuol dire infatti che il risultato puntuale che osserveremo nel complesso delle sette regioni per la Lega sarà con ogni probabilità leggermente inferiore al risultato che essa conseguirebbe se si votasse in tutte e venti le regioni. Al contrario, invece, Fi dovrebbe essere nell’Italia intera un po’ al di sotto del risultato che farà segnare nelle sette regioni. Ma per il resto si osserva una sovrapponibilità quasi incredibile fra le due zone (Italia e 7 regioni), che ci permette di commentare il risultato delle sette regioni in salsa nazionale con una certa confidenza.